Il fatto
Una società operante nel settore edile, ha presentato un ricorso in primo grado, per chiedere l’annullamento di una nota del Dirigente del Servizio Polizia Provinciale di Bari concernente la comunicazione d’inizio attività di recupero rifiuti non pericolosi (ai sensi degli artt. 214 e 216 del D.Lgs. n. 152/2006), e l’accertamento dell’obbligo, in capo all’Amministrazione Provinciale, d’iscrizione della società ricorrente nel Registro delle Imprese che effettuano attività di recupero ex art. 206, comma 3, dello stesso decreto.
La società aveva presentato una domanda per l’ampliamento della cava depositando un piano di coltivazione, un piano di gestione rifiuti ex d.lgs. n. 117/2008 e, un progetto esecutivo per il recupero ambientale delle aree interessate dall’attività estrattiva in questione.
Nell’ultimo progetto era previsto lo scoprimento delle aree non ancora oggetto di coltivazione contemporaneamente alle operazioni di recupero ambientale delle aree già sfruttate.
L’ampliamento della cava veniva autorizzato, con la determinazione n. 75 del Dirigente del Servizio regionale Attività estrattive, con espresso condizionamento alla realizzazione delle opere di recupero delle aree di cava in oggetto, secondo le modalità previste dal progetto.
La controversia in questione, fonda le sue ragioni nella definizione del regime autorizzatorio cui l’attività di riempimento di cave dismesse doveva soggiacere.
Secondo il giudice di primo grado, l’attività di riempimento della cava esaurita doveva qualificarsi come un’attività di recupero ambientale, sottratta quindi alla disciplina di cui all’art. 208, d.lgs. n. 152/2006.
Tale decisione è stata impugnata dalla Provincia di Bari con l’appello; la Provincia ha presentato le proprie censure ritenendo che l’art. 10, comma 3 del d.lgs. n. 117/08 e l’art. 10 par. 2 della Direttiva 2006/21, imporrebbero il rispetto delle disposizioni del d.lgs. 36/2003 relativo alle discariche di rifiuti e non del d.lgs. 152/2006. La Corte d’Appello ha rifiutato la domanda della Provincia, la quale ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato.
Il parere del Consiglio di Stato
Il Consiglio parte dall’interpretazione dell’art. 10 del d.lgs. 30.5.2008 n. 117, che, al terzo comma, dispone che riempimento di vuoti e delle volumetrie prodotti dall’attività estrattiva, con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione, va sottoposto alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n.36, relativo alle discariche di rifiuti; e che, il richiamo al d.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, deve essere sostituito con il riferimento all’art.208 d.lgs. 152/2006.
Il collegio ha ritenuto opportuno, ai fini della decisione, sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, per il fatto che il ricorrente ha affermato che la disciplina di cui all’art. 208 d.lgs. 152/206 derivi dalla circostanza che l’art. 10 del d.lgs. 30 maggio 2008, n. 117, ha dato attuazione ad una corrispondente previsione della direttiva comunitaria 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive.
Nello specifico, all’art. 10, par. 2, è previsto che “La direttiva 1999/31/CE continua ad applicarsi ai rifiuti non derivanti da attività di estrazione utilizzati per riempire i vuoti di miniera”.
Pertanto, il riempimento della cava mediante rifiuti da estrazione sarebbe consentito mediante la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e 216 d.lgs. 152/2006, mentre, se si utilizzano rifiuti diversi da quelli di estrazione, si deve applicare la disciplina contenuta nell’art. 208, d.lgs. 152/2006, che ha sostituito quella contenuta nel d.lgs. n. 36/2003.
E’ la tipologia di materiale utilizzato a determinare l’utilizzo della procedura semplificata o meno.
Infine, il ricorrente, nel richiamare la direttiva n. 2008/98/CE, ha evidenziato la nozione di “recupero” la quale è estesa a “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’ impianto o dell’economia generale”.
Per queste ragioni il Consiglio di Stato ha deciso di rimettere la questione alla Corte di Giustizia Europea (ex art. 267 del TFUE), per una corretta interpretazione del diritto dell’Unione Europea concernente la possibilità che il riempimento di vuoti di cava con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione vada sempre sottoposta alla normativa in materia di discariche (direttiva 1999/31/CE).
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