Coordinatori per la sicurezza: responsabilità infortuni per PSC generico

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La Cassazione con sentenza n. 17800 del 28 aprile 2014 ha ribadito la responsabilità per infortunio sul lavoro, in capo ad un datore di lavoro e ad un coordinatore della sicurezza, in quanto il datore aveva redatto un piano operativo di sicurezza assolutamente generico che non evidenziava i rischi specifici connessi alle modalità di costruzione dell’edificio (in particolare l’esecuzione delle gronde) mentre il coordinatore per la sicurezza aveva redatto un piano di sicurezza e di coordinamento non conforme ai requisiti indicati dal D. Lgs. 81/2008.

La Corte di Cassazione rammenta che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ex art. 5 d.lgs. 494/1996, oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente, ha il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle stesse e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell’incolumità dei lavoratori nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni.
Nel contesto di riferimento si è imputato al coordinatore per la sicurezza di aver redatto un piano di sicurezza e di coordinamento inadeguato, perché recante la sola successione cronologica delle attività da svolgersi in cantiere; di non aver verificato l’idoneità del piano operativo di sicurezza della ditta. In particolare, quanto alle previsioni concernenti il rischio specifico rappresentato dal disarmo delle gronde; non aveva assunto iniziative (quali, ad esempio, l’indire riunioni per individuare le misure atte ad impedire la rimozione dei puntelli di sostegno prima del completamento del tetto) idonee a verificare il grado di consapevolezza dei diversi attori in merito al rischio derivante dalla presenza della trave.

Secondo la Corte, infatti la sola previsione della successione cronologica delle diverse operazioni non può valere quale misura di sicurezza, perché tal ultimo concetto implica l’identificazione del rischio, la sua esplicitazione in termini convenzionali, l’individuazione di misure specificamente rivolte ad eliminare o ridurre al minimo possibile siffatto rischio, con l’indicazione dei ruoli e dei compiti chiamati a realizzare la misura in parola.
Il coordinatore avrebbe potuto e dovuto assicurarsi che quanto disposto nel Piano per la procedura di disarmo della trave fosse stato conosciuto ed attuato dalle imprese esecutrici.
Nel caso di specie, la Corte sottolinea che i giudici di merito non hanno ascritto al coordinatore per la sicurezza un mancato controllo quotidiano delle attività condotte nel cantiere, ma gli hanno rimproverato di aver posto le condizioni di fondo per il verificarsi dell’evento illecito, alla cui realizzazione hanno concorso anche altri soggetti, seppure con condotte che non possono qualificarsi come imprevedibili.
Inoltre, non può valere quale causa da sola sufficiente a produrre l’evento un comportamento che, per quanto colposo, non sia abnorme: per quanto grave possa esser stata la negligenza, l’imprudenza e/o l’imperizia degli altri soggetti, essa va comunque ricondotta alle attività lavorative condotte nel cantiere.

DAL MONDO EPC
Il commento a sentenza è tratto dalla nostra Banca dati Sicuromnia, aggiornata con le sentenze più significative in materia di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale.

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Redazione InSic

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