Sopralluogo in cantiere: dalla checklist al verbale

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Le azioni messe in campo dal Coordinatore per l’esecuzione dei lavori al fine di attuare il PSC si articolano sinteticamente in una serie di step, una sorta di check list da seguire: dall’acquisizione dell’incarico, alla stesura del rapporto finale sull’andamento del cantiere.
Il testo che segue analizza il programma di lavoro del CSE, con un dettaglio per ciascuna specifica attività, e si chiude con un breve focus sulle altre figure della sicurezza che, in cantiere hanno un ruolo rilevante.

In questo articolo:
1. Il Programma di lavoro del CSE
1.1 Attività iniziali
1.2 Riunioni di coordinamento
1.3 Verifica dei POS
1.4 Sopralluoghi in cantiere
1.5 Azioni di competenza del CSE
1.6 Attività finali

2. Figure coinvolte nel programma di lavoro

Il Programma di lavoro del CSE

Come noto, il Coordinatore per l’esecuzione dei lavori (d’ora in poi CSE) deve verificare l’attuazione del Piano di Sicurezza e di Coordinamento (d’ora in poi PSC): come procede per realizzare questo compito? Innanzitutto diamo per scontato che il PSC sia ben fatto e completo.
Il CSE tiene riunioni di coordinamento, compie visite in cantiere, tiene altre riunioni informali, invia comunicazioni, dà disposizioni, risolve dubbi, insomma opera su vari fronti e in vari modi per assicurare che in cantiere sia la migliore possibile l’organizzazione della sicurezza e della salute sul lavoro, premessa essenziale per scongiurare infortuni e malattie professionali.
Per fare tutto ciò, il CSE agisce nel rispetto delle norme di cui al Titolo IV del D.Lgs. 81/08 e, laddove la norma sia generica o imprecisa, anziché brontolare e prendersela col legislatore, utilizza con intelligenza e buon senso la discrezionalità offertagli e decide di conseguenza.
In definitiva lo schema di comportamento del CSE per attuare il PSC si articola sinteticamente sui seguenti passi, alcuni lapalissiani, dai quali gli è possibile ricavare una sorta di programma di lavoro (o check list):

Come redigere la checklist

  1. acquisizione dell’incarico comprendente: informazioni generali sul tipo di lavoro (località, tempi e durata d’esecuzione, eventuali vincoli e prescrizioni, nominativo degli altri professionisti operanti in cantiere, nominativo degli eventuali soggetti esecutori già individuati, altri elementi), la definizione del compenso e delle modalità di pagamento, altri accordi;
  2. se richiesta dal committente, lettera di accettazione dell’incarico;
  3. se non redatti da lui, acquisizione del PSC (piano di sicurezza e coordinamento) e del fascicolo con le caratteristiche dell’opera;
  4. nell’ipotesi di cui al punto precedente, eventuali contatti col Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (d’ora in poi CSP) per chiarimenti ed acquisizione dei disegni, delle planimetrie e di ogni altra documentazione ritenuta necessaria;
  5. esecuzione di un sopralluogo nell’area del cantiere per accertare se tra la data di redazione del PSC e la data di prossimo inizio dei lavori siano o non siano intervenute variazioni significative relative a interferenze, strade di accesso, costruzioni confinanti, stato del terreno, eccetera). Nel caso siano intervenute variazioni significative tali da richiedere la modifica o l’integrazione del PSC e/o del fascicolo, egli deve provvedervi. Questa fase può sembrare superflua se il CSE è anche CSP ed ha quindi visitato l’area prima di redigere il PSC; si tenga però presente che, in particolare nei cantieri di opere pubbliche, possono passare diversi mesi (o addirittura uno o più anni) tra la redazione del PSC e l’inizio dei lavori. In definitiva, il CSE si regoli come meglio ritiene: in genere un sopralluogo in più non guasta;
  6. eventuale modifica o integrazione del PSC e/o del fascicolo; in particolare integrazione del PSC col nominativo di tutti i soggetti esecutori;
  7. esecuzione della prima riunione di coordinamento (o riunione d’avvio);
  8. acquisizione dei Piani Operativi di Sicurezza (POS) delle imprese esecutrici, sia affidatarie, sia subappaltatrici;
  9. verifica dell’idoneità (o inidoneità) dei POS; verifica che le imprese modifichino, integrino, adeguino i loro POS quando ciò si rendesse necessario;
  10. comunicazione alle imprese esecutrici, sia affidatarie che subappaltatrici, dell’esito della verifica di cui al punto precedente, preferibilmente mediante comunicazione scritta (va benissimo la PEC);
  11. annotazione, a futura memoria, della data d’inizio dei lavori;
  12. sopralluoghi in cantiere;
  13. riunioni di coordinamento, periodiche o eccezionali;
  14. eventuali azioni di competenza del CSE: sospensione dei lavori, contestazioni scritte ai soggetti esecutori, segnalazioni al committente o al responsabile dei lavori, proposte di provvedimenti;
  15. eventuali riunioni col committente o col responsabile dei lavori (o con altri soggetti interessati) per concordare le azioni da intraprendere nei confronti dei soggetti esecutori inadempienti o per trattare, risolvendoli, i problemi sorti in tema di sicurezza e salute sul lavoro;
  16. annotazione, a futura memoria, della data di fine lavori;
  17. se il committente lo richiede, redazione di un rapporto finale sull’andamento del cantiere con eventuali proposte per i futuri cantieri del committente;
  18. a cantiere ultimato, fatturazione conclusiva, archiviazione ed altre azioni di tipo amministrativo, logistico, personale e così via.

Eventuale redazione di PSC e fascicolo

Volendo, si può completare il programma appena esposto (un possibile punto 6 bis) nel caso che il CSE debba redigere il PSC ed il fascicolo: il caso si può presentare nei cantieri per lavori privati di importo < 100.000 € non soggetti a permesso di costruire nei quali è prevista la presenza di più imprese oppure il caso dei cantieri in cui inizialmente è prevista una sola impresa esecutrice ma nei quali, in corso d’opera e per motivi vari, le imprese esecutrici divengono due o più.
Nel programma di lavoro di cui sopra non ho indicato l’obbligo a carico del CSE esposto nell’art. 92, comma 1, lettera d), che così recita. “verifica l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere“.
Tale obbligo ha da sempre lasciato perplessi i CSE perché non si comprende in cosa consista; secondo alcuni funzionari degli organismi di controllo, il CSE potrebbe limitarsi a verificare che nel POS di ogni impresa esecutrice sia indicato che il datore di lavoro ha consegnato copia del PSC al suddetto rappresentante della sicurezza ed ha accettato le sue eventuali osservazioni e le eventuali proposte di redazione del POS.
Alcuni dei compiti esposti nel programma di lavoro possono presentarsi più volte durante il corso dei lavori (in particolare quelli indicati ai numeri 4, 6, 8, 9, 10, 12, 13, 14 e 15). Nei paragrafi successivi esaminiamo i vari punti del programma; alcuni di essi sono articolati e richiedono una più estesa trattazione. Chiuderemo la presente memoria indicando quali sono le figure coinvolte nell’intero programma e le loro responsabilità.

Attività iniziali

I punti da 1 a 6 (ed eventualmente il 6 bis) del programma di lavoro sono di ovvia comprensione e non necessitano di una speciale trattazione in questa memoria.

Riunioni di coordinamento

Le riunioni di coordinamento, unitamente ad altre azioni del CSE, consentono di organizzare al meglio la cooperazione ed il coordinamento tra i vari soggetti operanti in cantiere con l’evidente scopo di elevare quanto più possibile il livello di sicurezza e salute sul lavoro.

Ciò detto, la domanda che sempre sorge è: quando e quante riunioni di coordinamento deve eseguire il CSE? La prima riunione di coordinamento indicata nel punto 7 dell’elenco sopra riportato (o più di una se necessario) deve essere fatta prima dell’inizio dei lavori e dopo il completamento delle fasi 5 e 6; alla riunione, convocata dal CSE con congruo anticipo, devono partecipare senz’altro tutti i soggetti esecutori già noti alla data della riunione; è auspicabile che vi partecipino anche il committente e/o il responsabile dei lavori o loro incaricati, il direttore dei lavori o un suo incaricato, ogni altra persona che ha titolo o che chiede e ottiene di parteciparvi.

Durante il corso dei lavori si rendono poi necessarie ulteriori riunioni di coordinamento (punto 13 dell’elenco sopra riportato) con gli stessi partecipanti di cui sopra ed è opportuno, ma non necessario, che le riunioni si tengano presso il cantiere. Il contenuto di tali riunioni è variabile di volta in volta e non è definibile a priori: può riguardare anche un commento sugli eventuali infortuni accaduti, un commento sulle eventuali inosservanze rilevate, un commento sulle eventuali visite compiute dagli organismi di controllo, la discussione sull’avvio di nuove lavorazioni con le relative procedure, altri argomenti di volta in volta necessari.
Il numero e/o la frequenza di queste riunioni di coordinamento non sono normati e dipendono sia dalle caratteristiche dei lavori da eseguire e dei soggetti esecutori, sia da ogni altro parametro o evento. Nei cantieri più complessi, la frequenza delle riunioni può essere programmata nella prima riunione di coordinamento: per esempio, due riunioni/settimana.

Ognuna delle riunioni di coordinamento deve avere un proprio verbale che può essere steso nel corso (o al termine) della riunione oppure redatto a posteriori.
Nel primo caso, il CSE firma il verbale e lo fa sottoscrivere da tutti i partecipanti, nel secondo caso il CSE lo redige dopo la riunione e lo invia ai partecipanti con una propria nota del tipo “in assenza di osservazioni che prego farmi pervenire con cortese sollecitudine entro il [data], il verbale s’intende approvato“. Una copia dei verbali deve essere depositata nell’ufficio di cantiere.

Verifica dei POS

Una volta acquisiti i POS come indicato nel punto 8 del programma di lavoro, il CSE li deve verificare e dire se sono idonei oppure no (punti 9 e 10 del medesimo programma).
Per quei pochi lettori che ancora non lo sapessero o non vi si fossero già imbattuti, il POS è quel piano operativo di sicurezza che le imprese operanti in un cantiere devono redigere prima dell’inizio dei loro lavori; su di esso le memorie e le pubblicazioni disponibili sono numerose. In questa memoria, pertanto, ci limitiamo a rammentare quei pochi cenni che possono incidere sulla loro verifica da parte del CSE:

  • i contenuti minimi del POS sono elencati nel punto 3.2.1 dell’allegato XV al D.Lgs. 81/08; l’elenco ivi presente costituisce già di per sé una check list di controllo;
  • il POS deve essere redatto dal datore di lavoro dell’impresa esecutrice ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 81/08 in cui si dice che la valutazione dei rischi non è delegabile dal datore di lavoro ad altri. Ciò vuol significare che il datore di lavoro deve personalmente redigere il POS? No, vuole significare che il datore di lavoro, per mancanza di tempo o per insufficienza di conoscenze o per altri motivi, può incaricare un’altra persona, interna o esterna alla sua impresa, di redigere il POS essendo però evidente che il datore di lavoro lo deve condividere e fare proprio, di fatto apponendovi data, timbro e firma. La sua firma non è una semplice “presa visione” del contenuto, ma una vera e propria assunzione di responsabilità di tutto ciò che vi è scritto;
  • il POS, sempre ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 81/08, è collegato al documento di valutazione dei rischi dell’impresa, noto con l’acronimo DVR. Infatti si può dire che il POS è “figlio” del DVR col quale, per evidenti motivi, non può essere in contraddizione. Essere “figlio” significa che c’è consanguineità ma non uguaglianza perché il POS tratta unicamente i rischi presenti nel cantiere in cui opera l’impresa, mentre il DVR tratta tutti i rischi dell’impresa, compresi quindi, ad esempio, i rischi presenti nella sede dell’impresa (uffici, portineria, magazzino, autorimessa, eccetera) e i rischi legati alla circolazione su strada per gli spostamenti di lavoro. Il POS è pertanto una rivisitazione ed un’integrazione delle misure di sicurezza e di salute che le imprese hanno già individuato nel DVR di cui all’articolo 29 del D.Lgs. 81/08;
  • il POS è riferito al singolo cantiere interessato, ossia deve trattare i rischi e le relative misure di sicurezza e di salute dello specifico cantiere per cui viene redatto e non per la generalità dei cantieri in cui ha operato o potrebbe operare l’impresa; in altri termini, il POS deve essere mirato unicamente su quel particolare cantiere cui è rivolto. È quindi evidente che colui che redige il POS deve aver preso visione dell’area del cantiere e del suo contesto (accessi, presenza di servizi interferenti, strutture confinanti, condizioni del terreno, presenza di linee elettriche interferenti, eccetera);
  • poiché, in tema di POS, il D. Lgs. 81/08 non fa differenze tra lavori pubblici e privati, il POS deve essere redatto sia per gli uni che per gli altri lavori;
  • poiché, in tema di POS, il D. Lgs. 81/08 non fa differenze tra appalti e subappalti, il POS deve essere redatto da ogni impresa esecutrice, appaltatrice o subappaltatrice o comunque subaffidataria, anche in cascata;
  • il POS deve essere redatto anche dalle imprese familiari, dalle imprese consorziate o facenti parte di un raggruppamento d’imprese, dalle imprese di piccole dimensioni, dalle imprese o organizzazioni di lavoratori volontari; insomma, il POS deve essere redatto da ogni impresa operante in cantiere indipendentemente dalle sue dimensioni, dalla sua struttura societaria, dal tipo d’attività che svolge, dal tipo di contratto con cui opera;
  • il POS deve essere redatto e consegnato prima dell’inizio dei lavori cui si riferisce; l’impresa può iniziare i lavori affidateli soltanto dopo il parere favorevole del CSE;
  • il POS è un piano di sicurezza complementare di dettaglio del PSC, ossia può essere redatto soltanto dopo che l’impresa ha ricevuto ed esaminato il PSC, quando previsto, e deve recepire le eventuali misure e procedure di sicurezza e di salute in esso contenute;
  • ogni impresa può redigere il proprio POS secondo un proprio modello standard o utilizzando il modello semplificato contenuto nell’allegato I del Decreto interministeriale del 9/9/2014;
  • è evidente che i POS hanno contenuti diversi, a seconda che si tratti dell’impresa capocommessa, di un’impresa affidataria, di un’impresa subappaltatrice e così via;
  • poiché i POS devono contenere le procedure di lavoro e le relative misure di sicurezza, essi, di fatto, costituiscono anche il documento di riferimento cui si devono attenere i lavoratori delle imprese esecutrici;
  • ogni impresa esecutrice è tenuta a depositare copia del proprio POS (e gli eventuali aggiornamenti) presso l’ufficio di cantiere, a disposizione, oltre che dei funzionari degli organismi di controllo e del CSE, anche dei propri lavoratori;
  • il POS delle imprese affidatarie, compresa l’eventuale capocommessa, deve essere inviato al CSE;
  • il POS delle imprese subappaltatrici o subaffidatarie deve essere inviato alla loro impresa affidataria; questa lo esamina e, se lo giudica congruente col proprio POS, lo trasmette al CSE con una nota di accompagnamento nella quale l’impresa affidataria comunica al CSE di aver giudicato congruente col proprio il POS dell’impresa subappaltatrice o subaffidataria;
  • sono esentati dall’obbligo di redazione del POS i lavoratori autonomi, le imprese cui è affidato un intervento immediato ed urgente (ad esempio la demolizione di una muratura pericolante, la riparazione di una condotta stradale danneggiata o guasta, eccetera) e le imprese che, se loro concesso, subappaltano tutti i lavori loro affidati.

Tutto ciò detto, il POS arriva, direttamente o per il tramite dell’impresa affidataria, nelle mani del CSE, unico soggetto titolato a fornire il giudizio di idoneità o inidoneità del POS. Il CSE ha a disposizione al più 15 giorni per esaminarlo e valutarlo; è evidente che il CSE diligente si sforza di ridurre il tempo a sua disposizione ed è pure evidente che il POS deve essere redatto con congruo anticipo sulla data d’inizio dei lavori.

Come opera il CSE? Avendo presente le prescrizioni contenute nel PSC e l’allegato XV più sopra citato, egli verifica se le prescrizioni sono state recepite e se gli elementi dell’allegato sono tutti presenti. A questo punto, il CSE esprime un giudizio di idoneità o inidoneità e, in genere, lo fa con una comunicazione scritta. È corretto pretendere che il CSE esprima il proprio giudizio per iscritto, e non verbalmente, per rispetto nei confronti dell’impresa redattrice del POS, a volte ponderoso e steso con impegno, ma anche per etica professionale e per assunzione della dovuta responsabilità. Ovviamente nel caso di giudizio d’inidoneità, il CSE deve anche spiegare il perché dell’inidoneità e non può limitarsi a dire che il POS non è idoneo. La comunicazione, anche se non obbligatorio, è opportuno che venga inviata all’impresa affidataria anche nel caso di POS redatto da un’impresa subappaltatrice o subaffidataria con l’intento di renderla partecipe del proprio giudizio e di invitarla a pretendere dall’impresa subappaltatrice o subaffidataria le modifiche necessarie nel caso di giudizio d’inidoneità. Nel caso d’inidoneità, il POS deve essere ripresentato al CSE per il suo successivo giudizio.

Si possono presentare tre casi:

  • il POS è idoneo,
  • il POS non è idoneo,
  • il POS è quasi idoneo, ossia gli manca poco per essere idoneo; questo caso si verifica quando nel POS mancano parti non rilevanti o di modesto impegno (ad esempio, mancano alcuni nominativi).

Soltanto dopo che il POS è stato giudicato idoneo dal CSE, i relativi lavori possono avere inizio.
Un caso a sé è quello dei cantieri in cui opera una sola impresa; non essendoci il CSE, chi giudica il POS di quell’unica impresa? Secondo i più, il POS deve essere inviato al committente (o al responsabile dei lavori) cui spetta unicamente il compito di verificarne la congruità con i lavori da realizzare senza entrare nel suo merito. Di fatto, in tali casi, la redazione del POS ottempera ad un dettato legislativo senza richiedere un giudizio di idoneità o inidoneità. Si ricorda che, in presenza di una sola impresa, mentre per i lavori privati è sufficiente che l’impresa rediga il POS, per i lavori pubblici, oltre al POS, è necessario che rediga anche il PSS (piano sostitutivo del PSC).
Non va dimenticato che, in ottemperanza con l’art. 100, comma 4, del D. Lgs. 81/08, il datore di lavoro deve mettere a disposizione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (acronimo RLS) una copia del POS almeno 10 giorni prima dell’inizio dei lavori, evidentemente per consentirgli sia di prenderne visione, sia di formulare, se lo ritiene, proposte di miglioramento o di integrazione. Sorge spontanea una domanda: la messa a disposizione dell’RLS deve avvenire prima o dopo il giudizio del CSE? Se si vuole che l’RLS possa formulare le suddette proposte, ne consegue che il POS deve essergli inviato prima dell’inoltro del POS al CSE o all’impresa affidataria. È evidente che il citato comma 4 è mal formulato perché ai 10 giorni ivi citati occorre aggiungere i tempi a disposizione dell’impresa affidataria e del CSE (15 giorni cadauno).
Il POS deve essere aggiornato, modificato o integrato, su iniziativa dell’impresa interessata o su richiesta del CSE

  • per modifiche o varianti significative intervenute nel corso dei lavori tali da non rendere più attuali o applicabili alcune parti del POS;
  • per variazioni significative intervenute nella programmazione dei lavori.

Le modifiche e/o le integrazioni possono effettuarsi con:

  • ripresentazione dell’intero POS;
  • inserimento nel POS esistente di fogli aggiuntivi;
  • correzione a penna del POS esistente per variazioni di scarso volume (ad esempio, la correzione di uno o più nominativi).

In ogni caso le modifiche e/o le integrazioni devono essere sottoposte preventivamente al CSE il quale deve esprimere anche su di esse il proprio giudizio di idoneità o inidoneità.
Quando le variazioni sono significative? Premesso che la decisione ultima sulla significatività o meno spetta al CSE, il confine tra l’una e l’altra non è netto e dipende da vari fattori; possiamo indicare come significative quelle varianti che non rendono più attuali o applicabili alcune parti del POS. È certamente significativa la realizzazione di lavori inizialmente non previsti (ad esempio, all’impresa inizialmente incaricata di eseguire soltanto gli scavi, in corso d’opera sono state assegnate anche le fondazioni) o di lavori inizialmente previsti con altre modalità (ad esempio, l’impresa incaricata di eseguire la tinteggiatura esterna di una palazzina ha inizialmente previsto di utilizzare un ponteggio, ma successivamente decide di ricorrere ad una piattaforma elevabile, sempreché il CSE lo consenta). È certamente significativa una variazione nel cronoprogramma dei lavori tale da far sì che una lavorazione inizialmente prevista senza interferenze di luogo e di tempo con altre lavorazioni, finisca poi con l’interferire. È certamente non significativa la realizzazione di un lavoro con quantità poco diverse da quelle inizialmente previste e che quindi non comportano una diversa organizzazione lavorativa dell’impresa (ad esempio, all’impresa inizialmente incaricata di eseguire 250 m di scavo a sezione ristretta per canalizzazioni, ne sono poi stati chiesti altri 50) o con spostamenti temporali che non modificano il quadro delle interferenze: in questi casi non è necessario modificare il POS. Significative ma di scarso onere di modifica sono, in genere, le modifiche di tipo anagrafico o similari.
Il CSE, nel corso dei suoi sopralluoghi in cantiere, deve verificare la corretta attuazione dei POS ed intervenire allorché constati che i lavori vengano eseguiti, oltre che in difformità al PSC, anche in difformità ai POS delle varie imprese operanti in cantiere. In un cantiere in cui operano poche imprese, poniamo 2 o 3, gli è facile ricordare quali sono queste imprese, quando gli hanno presentato il POS, se li ha giudicati idonei o no; se in cantiere operano numerose imprese, gli è difficile ricordare tutto ciò. È allora fondamentale che egli ottemperi a quanto indicato nel punto 2.3.5 dell’allegato XV del D. Lgs. 81/08 che così recita: “Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori integra il PSC con i nominativi delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi (omissis)“; al riguardo può predisporre, come indicato al punto 6 del programma di lavoro, il prospetto, da aggiornare più volte nel corso dei lavori.
Nel caso che, come sopra detto, constati inosservanze o irregolarità e decida di procedere ad una contestazione formale, si rimanda ai successivi capitoli.
Chiudiamo questo capitolo indicando i difetti e/o errori più comuni di un POS; essi riguardano non soltanto la sua redazione, ma, in alcuni casi, anche la sua attuazione. Ne elenchiamo qui di seguito alcuni indipendentemente dalla loro rilevanza o priorità:

  • relativi alla redazione del POS:
  • non sono presenti i contenuti minimi di cui all’allegato XV del D. Lgs. 81/08;
  • presenza di copia degli articoli di legge, non necessari (chi vuole riguardarli li va a cercare direttamente sul testo della norma);
  • citazione di norme di legge abrogate (ancora oggi è possibile vedere citati i D. Lgs. 626/94 o 494/96 abrogati dal D. Lgs. 81/08);
  • incompletezza dei dati anagrafici;
  • confusione nei ruoli delle varie figure presenti in cantiere (direttore di cantiere, capocantiere, preposti, lavoratori);
  • attribuzione al committente e/o al CSE di poteri che non hanno;
  • assenza di una chiara esposizione dei lavori da realizzare;
  • presenza di procedure di lavoro e di misure di sicurezza e di salute per lavorazioni non previste (in altri termini, il POS non è mirato sullo specifico cantiere di cui è oggetto);
  • assenza di indicazioni sulle misure di sicurezza e di salute appositamente previste nel PSC, comprese le misure per gestire le interferenze;
  • incongruenza fra parti diverse del POS che trattano, da punti di vista diversi, il medesimo argomento;
  • indicazione, in genere accompagnata dalle figure, di segnaletica non necessaria (ad esempio, il POS di un’impresa che non occupa la sede stradale o le sue pertinenze non deve contenere l’elenco dei cartelli stradali);
  • assenza degli esiti della rilevazione dell’esposizione alle vibrazioni;
  • assenza della documentazione relativa all’informazione e formazione dei lavoratori (in pratica gli attestati dei corsi seguiti e/o i verbali delle riunioni di formazione ed informazione);
  • assenza delle schede di sicurezza dei prodotti chimici utilizzati;
  • banali lapsus o ripetizioni certamente dovuti alle operazioni di copia-incolla;
  • assenza della data, del timbro e della firma del datore di lavoro;
  • relativi all’attuazione del POS:
  • ignoranza da parte del datore di lavoro dei contenuti del POS (che, con tutta evidenza, lo ha firmato senza leggerlo);
  • ignoranza da parte del capocantiere, dei preposti e dei lavoratori dei contenuti del POS;
  • attuazione, in cantiere, di procedure di lavoro diverse da quelle esposte nel POS;
  • attuazione, in cantiere, di misure di sicurezza e di salute diverse da quelle esposte nel POS;
  • presenza, in cantiere, di macchine, attrezzature, opere provvisionali, segnaletica, eccetera diverse da quelle esposte nel POS;
  • recinzione del cantiere realizzata in modo difforme rispetto a quanto indicato nel POS;
  • assenza in cantiere della documentazione che, nel POS, si asserisce di conservare in cantiere.

Sopralluoghi in cantiere

Trattiamo ora la voce 12 del programma di lavoro del CSE.
La domanda che tormenta i CSE dall’uscita della prima direttiva cantieri ad oggi è: cosa si deve guardare in cantiere? Una risposta certa, spiace ammetterlo, non c’è. Magistrati, funzionari degli organismi di controllo, CSE e cultori di sicurezza si sono alternati, nei convegni e nelle pubblicazioni, a dare le loro opinioni, talvolta contrastanti. L’autore, senza aver la pretesa di essere condiviso, espone qui la propria opinione, frutto di più d’una ventina di anni nel settore, in pratica a partire dalla nascita della prima norma sull’argomento, ossia il D. Lgs. 494/96.
Le uniche cose certe sono indicate nel titolo IV del D. Lgs. 81/08, art. 92, comma 1. Soffermiamoci, in particolare, sulle lettere a), c), e) ed f) che possiamo così riassumere supponendo soddisfatte le restanti lettere b) e d):

  • lettera a) = il CSE deve verificare con azioni di coordinamento e controllo la corretta applicazione da parte dei soggetti esecutori delle disposizioni di loro pertinenza contenute nel PSC, comprese le procedure di lavoro sicuro ivi contenute;
  • lettera c) = il CSE deve curare che i vari soggetti esecutori cooperino e si coordinino fra loro e che si informino reciprocamente;
  • lettera e) = il CSE deve contestare per iscritto ai soggetti esecutori le inosservanze rilevate (si tratta, come dice la norma, delle inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95, 96 e 97 del D. Lgs. 81/08 ed alle prescrizioni del PSC) e segnalare al committente (d‘ora innanzi è inteso che con la dizione “committente” si deve intendere “committente o responsabile dei lavori”. Nel caso di opere pubbliche il committente coincide, di fatto, col responsabile unico del procedimento, comunemente indicato con l’acronimo RUP) le suddette contestazioni proponendogli la sospensione dei lavori oppure l’allontanamento dal cantiere di tali soggetti oppure la risoluzione del contratto con gli stessi, dando comunicazione scritta all’ASL ed all’Ispettorato nazionale del lavoro territorialmente competenti delle inadempienze del committente quando quest’ultimo, ricevuta la predetta segnalazione dal CSE, non adotti alcun provvedimento senza una specifica motivazione;
  • lettera f) = il CSE deve sospendere in caso di pericolo grave ed imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte dei soggetti incorsi nella sospensione.

Nella lettera a) di cui sopra la norma parla di coordinamento e controllo, tesi entrambi ad ottenere l’osservanza delle regole di sicurezza da parte dei soggetti esecutori. Di fatto ciò vuol significa riunioni di coordinamento e sopralluoghi (o visite) in cantiere. Quante visite? Il D. Lgs. 81/08 non lo precisa; la normativa non tende a quantificare il livello minimo di presenza del CSE, ma piuttosto chiede che egli attui un efficace sistema di gestione delle aree e delle lavorazioni rischiose. In altri termini, l’importante è che il CSE svolga con competenza e rigore (ma anche con buon senso, mi permetto di aggiungere) il compito di verificare periodicamente la congruenza tra il contenuto del PSC e l’andamento dei lavori, in particolare garantendo la propria presenza nei momenti di maggior rischio, Insomma, il CSE è un professionista responsabile ed è in grado di decidere quante e quando fare le visite in cantiere.
Le visite che il CSE compie in cantiere rispondono alla disposizione normativa di controllare l’applicazione delle regole di sicurezza da parte dei soggetti esecutori. Riprendendo la domanda fatta più sopra, cosa deve verificare il CSE quando si reca in cantiere? La dottrina prevalente e il buon senso si possono riassumere così:

  • deve prestare attenzione ai “rischi interferenziali“, ossia ai rischi dovuti alla contemporanea presenza di più lavorazioni e/o di più soggetti esecutori, verificando che al riguardo sia attuato quanto indicato nel PSC;
  • deve prestare attenzione ai “rischi aggiuntivi“, ossia ai rischi previsti nel PSC per situazioni o lavorazioni particolari (ambienti confinanti col cantiere, situazione orografica del cantiere, uso di attrezzature particolari imposte nel PSC, procedure di lavoro particolari imposte nel PSC, misure di sicurezza più severe di quelle imposte dalla norma, eccetera);
  • deve prestare attenzione ai rischi più gravi (caduta dall’alto, seppellimento, folgorazione da contatto con linee elettriche, caduta di gravi, movimentazione dei materiali con mezzi meccanici, ingresso indesiderato di terze persone, eventuali altri rischi gravi);
  • deve verificare che l’organizzazione del cantiere sia quella indicata nel PSC e/o nelle riunioni di coordinamento (accessi, area di cantiere, aree di deposito, vincoli e impedimenti, presenza di ostacoli, controllo periodico delle attrezzature, segnalamento temporaneo del cantiere nel caso di lavori stradali, verifiche da parte delle imprese affidatarie verso i subappaltatori, eventuali situazioni specifiche, eccetera);
  • salvo che constati “pratiche scorrette tollerate”, non è tenuto a prestare attenzione ai “rischi specifici propri” di ogni singolo soggetto esecutore, ossia le misure di sicurezza di specifica competenza dei soggetti esecutori (misure di sicurezza di dettaglio di ogni singola lavorazione, misure di sicurezza per l’impiego delle attrezzature, impiego dei dispositivi di protezione collettiva o individuale, eccetera).

Pur non essendovi tenuto, nulla vieta al CSE di segnalare e rapportare le inosservanze di competenza dei datori di lavoro o dei lavoratori autonomi, in particolare quando teme che esse siano foriere di gravi incidenti. Il CSE deve responsabilmente crearsi una sorta di check list personale in funzione delle caratteristiche dello specifico cantiere.
Quanto qui esposto è in linea con gli orientamenti assunti dalla Corte di Cassazione in questi ultimi anni. Sta infatti facendo scuola la sentenza n. 1490 del 14/1/2010 della Corte di Cassazione, sezione IV Penale. Essa si riferisce ad un infortunio con gravi lesioni personali occorso ad un lavoratore in un cantiere edile durante la demolizione della copertura di un fabbricato; detto lavoratore, dipendente di un’impresa subappaltatrice, durante la rimozione di alcune lastre di cemento-amianto, cadeva al suolo per il cedimento di una di queste lastre su cui stava muovendosi (era privo di imbracatura di sicurezza). Emerse, nel dibattimento, che le operazioni di rimozione delle suddette lastre erano iniziate prima che fosse stato approntato un sistema di aggancio dell’imbracatura. Furono imputati il committente, il responsabile dei lavori, il CSE, il datore di lavoro dell’impresa affidataria ed il datore di lavoro dell’impresa subappaltatrice. Mentre il tribunale di primo grado e la Corte d’appello hanno condannato tutti i soggetti di cui sopra, la Cassazione, con diverse motivazioni, ha condannato unicamente i due datori di lavoro assolvendo, in particolare, il CSE. Ecco un passo interessante della sentenza: “Tale disciplina conferma che la funzione di vigilanza [del CSE] è alta e non si confonde con quella operativa demandata al datore di lavoro ed alle figure che da esso ricevono poteri e doveri: il dirigente ed il preposto. Tanto è vero che il coordinatore articola le sue funzioni in modo formalizzato: contestazione scritta alle imprese delle irregolarità riscontrate per ciò che riguarda la violazione dei loro doveri tipici e di quelle afferenti all’inosservanza del piano di sicurezza e di coordinamento; indi segnalazione al committente delle irregolarità riscontrate. Solo in caso di imminente e grave pericolo direttamente riscontrato è consentita la immediata sospensione dei lavori. Appare dunque chiara la rimarcata diversità di ruolo rispetto al datore di lavoro delle imprese esecutrici: un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto)“. Insomma, il CSE non deve sostituirsi al datore di lavoro; se lo facesse commetterebbe un’invasione di campo (ossia di competenze) che potrebbe costargli cara nel malaugurato caso di infortunio di un lavoratore.
Un importante aspetto delle visite in cantiere del CSE è che egli, in ogni caso, lasci una traccia scritta, ossia una registrazione, della propria visita. Essa può consistere in un “rapporto di visita” (da inviare, possibilmente con posta elettronica PEC, ai soggetti esecutori interessati, al committente, al direttore dei lavori, al direttore di cantiere, ad altri soggetti interessati) o in annotazioni sul giornale dei lavori se esistente o in annotazioni su un apposito “registro delle visite” non standardizzato (e che ogni CSE può istituire come meglio crede) o in qualunque altro modo ritenuto opportuno. Tale traccia è sia a tutela della posizione di garanzia del CSE, sia per dimostrare al committente il proprio fattivo operato. Le registrazioni delle visite, comunque siano fatte, possono costituire adeguamento del PSC qualora contengano disposizioni che modificano o integrano quanto indicato nel PSC. È evidente che nella registrazione, comunque fatta, non è sufficiente annotare i rilievi compiuti (ad esempio le testate di un ponteggio sono prive di protezione regolare), ma è necessario indicare:

  • cosa si deve fare per rimediare all’inosservanza rilevata,
  • quale soggetto lo deve fare,
  • entro quale data tale soggetto lo deve fare,
  • a cosa va incontro tale soggetto se non lo fa.

Proseguendo l’esempio testé fatto, si deve dire che la protezione delle testate del ponteggio deve essere regolarizzata posando gli elementi mancanti (precisando quali), che deve farlo l’impresa Xxxx, che essa deve farlo entro il giorno stesso del rilievo, che la mancata regolarizzazione darà luogo alla contestazione scritta di cui al D. Lgs. 81/08, art. 92.
Qualunque sia la forma di registrazione, la relativa documentazione è necessario che sia conservata in cantiere a disposizione, in particolare, degli organismi di controllo.

Azioni di competenza del CSE

Trattiamo ora il punto 14 del programma di lavoro.
Se il CSE, durante la sua visita in cantiere, rileva una o più inosservanze, come si regola? Secondo una ragionevole interpretazione delle disposizioni legislative (art. 92, comma 1, lettere e ed f), le inosservanze riscontrate si possono raggruppare in tre livelli:

  • inosservanze costituenti un pericolo grave ed imminente,
  • inosservanze da contestare per iscritto,
  • altre inosservanze (nessun riferimento legislativo, ma prassi).

Pericolo grave ed immediato

Cominciamo con le situazioni di pericolo grave ed imminente (si noti: grave ed imminente, non grave o imminente); esse comportano la sospensione dei lavori. In assenza di specifiche indicazioni di legge, la valutazione della gravità e dell’imminenza è lasciata alla competenza, all’esperienza ed al buon senso del CSE.

In altri termini, il pericolo deve essere grave (ossia, può provocare gravi lesioni o addirittura la morte) ed imminente (ossia, può concretizzarsi subito e non fra ore o giorni o settimane).
La norma dice che il pericolo deve essere “direttamente riscontrato”; vuol significare che il CSE deve riscontralo di persona?
Secondo l’autore, non necessariamente; il CSE può anche ricevere la segnalazione da un collaboratore di fiducia, coscienzioso e scrupoloso, e, fidandosi, può procedere con la sospensione di cui è comunque responsabile. Concretamente, come ordina la sospensione?
È evidente che, nell’immediatezza dell’evento, l’ordine è verbale (possibilmente in presenza di altre persone che, in caso di contestazione, possono fornire la loro testimonianza); ad esso però deve far seguire, il più urgentemente che può, un ordine scritto (va benissimo la PEC) indirizzato al soggetto esecutore interessato e, in copia, al committente e al direttore dei lavori. Il soggetto interessato deve immediatamente sospendere i lavori oggetto della situazione di pericolo e deve inviare al CSE (ma anche al committente ed al direttore dei lavori) una nota scritta nella quale indica quali provvedimenti intende adottare per evitare il ripetersi di simili situazioni; se la nota viene ritenuta adeguata dal CSE, egli può ordinare la ripresa dei lavori. La sospensione riguarda l’intero cantiere? No, riguarda soltanto la lavorazione che ha dato origine al pericolo grave ed immediato e, pertanto, possono proseguire le altre eventuali lavorazioni in corso.

Pericolo non grave e non imminente

E negli altri casi, ossia nei casi di pericolo non grave e non imminente?
Occorre distinguere fra le inosservanze per le quali il CSE ritiene di procedere ad una contestazione scritta e le inosservanze per le quali ritiene di non procedere ad una contestazione scritta. Nel caso di inosservanze gravi ma non imminenti o di inosservanze non gravi ma ripetute, il CSE le deve contestare per iscritto (va benissimo la PEC) inviandone copia al committente cui propone una fra le seguenti tre soluzioni: sospensione dei lavori, allontanamento dal cantiere, risoluzione del contratto.
È evidente che le prime due soluzioni consentono al soggetto interessato di riprendere i lavori dopo che avrà rimediato alle inosservanze riscontrate magari pagando uno scotto (ad esempio, una penale se prevista nel contratto d’appalto o di subappalto), mentre la terza soluzione, ossia la risoluzione del contratto, è la più pesante perché comporta l’uscita definitiva dal cantiere del soggetto che vi è incorso.
Nella comunicazione viene dato al committente un certo lasso di tempo, di fatto alcuni giorni, per decidere cosa fare segnalandogli che, in assenza di sue decisioni non motivate, il CSE si vedrà costretto, suo malgrado, ad interessare gli organismi di controllo territorialmente competenti.
È una cosa giudicata da sempre assai antipatica dai CSE obbligati a “denunciare” il committente, ossia colui che paga la loro prestazione; non per nulla gli organismi di controllo lamentano di ricevere ben poche comunicazioni di questo genere. In realtà, il bravo CSE in questi casi, prima di arrivare alla denuncia, sottopone il problema al committente e concorda con lui quale soluzione adottare (punto 15 del programma di lavoro).

Naturalmente, oltre alle inosservanze viste sopra, ce ne sono altre per le quali il CSE né sospende i lavori, né le contesta per iscritto. Sono le inosservanze di minor gravità che è comunque opportuno registrare nel rapporto di visita o comunque nella forma di registrazione preferita.
Tali inosservanze, come sanno bene i CSE, sono numerose. È però evidente che, pur nell’ambito delle inosservanze meno gravi, rilievi ripetuti dello stesso genere possono far decidere il CSE a cambiare strategia; il CSE che ha rilevato due o tre volte nei propri rapporti di visita (o in altra forma di registrazione) una data inosservanza, se la constata ancora una volta può procedere alla contestazione scritta.
Chiudiamo il capitolo ricordando che il CSE qualora nelle proprie visite, comunque condotte, realizzi che talune inosservanze possono nascere da imprecisioni o errori o manchevolezze del PSC, deve necessariamente modificarlo ed inviarlo a tutti i soggetti interessati in sostituzione del precedente.

Attività finali

I punti 16, 17 e 18 del programma di lavoro sono ovvi e non necessitano di una speciale trattazione in questa memoria.

Figure coinvolte nel programma di lavoro

Nei capitoli precedenti emerge la complessità della figura del CSE: i suoi compiti e le sue responsabilità sono, tutto sommato, sufficientemente noti, nonostante alcuni dubbi interpretativi cui concorrono anche le sentenze della Corte di Cassazione, non sempre allineate fra loro.
Si è però ben compreso che il CSE non è l’unico personaggio tenuto ad occuparsi di sicurezza e salute nell’attività di cantiere. Ve ne sono altri, qui elencati:

Per il buon andamento del cantiere sotto ogni punto di vista è fondamentale che i vari soggetti di cui sopra comunichino fra loro.

Una squadra di professionisti editoriali ed esperti nelle tematiche della salute e sicurezza sul lavoro, prevenzione incendi, tutela dell’ambiente, edilizia, security e privacy. Da oltre 20 anni alla guida del canale di informazione online di EPC Editore

Redazione InSic

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