Il decreto è volto anche alla individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati ed espressamente previsto dal comma 1 del DL n.133/2014 (conv con L. n.164/2014 cd Sblocca-Italia – vedi il nostro aggiornamento).
Campo di applicazione
Il DPCM 10/8/2016 è volto a
a) individuare la capacità attuale di trattamento nazionale degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati in esercizio al mese di novembre 2015: tale elenco è contenuto nella Tabella A del decreto;
b) individuare la capacità potenziale di trattamento nazionale, riferita agli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati autorizzati e non in esercizio al mese di novembre 2015: tale elenco di impianti è contenuto nella Tabella B del decreto;
c) l’individuazione, per macroaree e per regioni, degli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare o da potenziare per coprire il fabbisogno residuo nazionale di trattamento dei medesimi rifiuti: tale elenco è contenuto nella Tabella C del decreto e fa riferimento all’allegato II (che detta la procedura per individuare il fabbisogno residuo nazionale di trattamento).
Gli impianti e le capacità di trattamento
In base all’art. 6 del DPCM 10 agosto 2016, gli impianti individuati nelle Tabelle A, B e C costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale e realizzano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantendo la sicurezza nazionale nell’autosufficienza del ciclo di gestione integrato dei rifiuti, così come richiesto dall’art. 16 della direttiva 2008/98/CE. Pertanto, le minori capacità di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento vanno ridistribuite all’interno della stessa macroarea secondo i criteri generali e le procedure di individuazione esplicitati nell’allegato III.
L’aggiornamento del fabbisogno residuo regionale di incenerimento
Si stabilisce poi (art.6 comma 3 del DPCM 10/8/2016) che, il 30 giugno di ogni anno, le regioni e le province autonome potranno presentare al Ministero dell’ambiente una richiesta di aggiornamento del fabbisogno residuo regionale di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati individuato nell’allegato II, in presenza di una nuova approvazione di piano regionale di gestione dei rifiuti o dei relativi adeguamenti o di variazioni documentate del fabbisogno riconducibili:
a) all’attuazione di politiche di prevenzione della produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata;
b) all’esistenza di impianti di trattamento meccanico-biologico caratterizzati da una efficienza, in valori percentuali, di riciclaggio e recupero di materia, delle diverse frazioni merceologiche superiori rispetto ai valori indicati nell’allegato II;
c) all’utilizzo di quantitativi di combustibile solido secondario (CSS) superiori a quelli individuati nell’allegato II;
d) ad accordi interregionali volti a ottimizzare le infrastrutture di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati (vedi art. 6.3 del DPCM 10/8/2016).
La richiesta di aggiornamento del fabbisogno residuo
La richiesta da presentare (chiarisce il punto 4 dell’art. 6 del DPCM 10/8/2016) va adeguatamente motivata, indirizzata al Ministero dell’Ambiente con la seguente documentazione:
a) un documento contenente dati attestanti la prevista diminuzione, rispetto ai livelli dell’anno precedente, della produzione di rifiuti attesa in attuazione del piano regionale di prevenzione della produzione dei rifiuti
b) il MUD modello unico di dichiarazione ambientale presentato per l’anno precedente;
c) l’autorizzazione dell’impianto produttivo attestante il quantitativo potenziale utilizzabile nel medesimo impianto.
Genesi del decreto
L’art. 35, comma 1, del DL n.133/2014 DL Sblocca-Italia prevedeva che l’individuazione della capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento, nonché l’individuazione del relativo fabbisogno residuo avvenissero tenendo conto della pianificazione regionale sulla base degli impianti in esercizio o autorizzati a livello nazionale.
Le Regioni, nel 2015 hanno ritenuto necessario effettuare una puntuale ricognizione dei dati della capacità e dell’operatività delle infrastrutture dedicate all’incenerimento dei rifiuti e una più corretta individuazione del fabbisogno di incenerimento nazionale dei rifiuti urbani e assimilati, in vista del raggiungimento dell’obiettivo minimo di raccolta differenziata (stabilito dall’art. 205 del Codice Ambiente, e) pari al 65% in tutte le regioni.
Si rileva comunque che alcune regioni e province autonome hanno adottato, secondo i rispettivi piani di gestione rifiuti, obiettivi più ambiziosi rispetto all’obiettivo minimo di raccolta differenziata; in alcune regioni, caratterizzate da una sovracapacità di trattamento rispetto al relativo fabbisogno di incenerimento, sono state addirittura adottate politiche relative alla dismissione di impianti o alla riduzione di capacità di incenerimento.
Secondo il Governo (vedi i considerando), l’individuazione di un fabbisogno basato su percentuali di raccolta differenziata minori rispetto al 65% e senza tener conto degli obiettivi di ulteriore riduzione di rifiuti urbani e assimilati, determinerebbe una capacità impiantistica sovradimensionata rispetto alle esigenze nazionali.
Inoltre, il Governo nel decreto fa riferimento alla necessità di prevedere un meccanismo che consenta di definire e aggiornare il fabbisogno residuo di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati, individuato sulla base degli obiettivi di riduzione della produzione di rifiuti urbani e assimilati, di raccolta differenziata, di riciclaggio e di pianificazione regionale, anche in ragione di:
a) politiche di prevenzione sulla produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata attuate dalle regioni nel periodo intercorrente da novembre 2015 alla data di entrata in vigore del DPCM 10/8/2016;
b) di politiche di dismissione di impianti o di riduzione di capacità di incenerimento per le sole regioni caratterizzate da una sovracapacità di trattamento rispetto al relativo fabbisogno di incenerimento;
c) della efficienza di riciclaggio e recupero di materia degli impianti di trattamento meccanico-biologico, qualora superiore a quella indicata nell’allegato II;
d) delle autorizzazioni assentite a far data da novembre 2015 per gli impianti produttivi autorizzati allo svolgimento di operazioni di recupero del combustibile solido secondario (CSS) e delle frazioni secche decadenti dal trattamento dei rifiuti urbani;
e) di accordi interregionali volti ad ottimizzare le infrastrutture di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati.
Riferimenti normativi:
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 10 agosto 2016
Individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati.
(GU n.233 del 5-10-2016)
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