Credo l’appuntamento di oggi sia importante perché riunisce tutti gli attori del sistema per affrontare un tema vitale per il paese come la gestione e la salubrità delle risorse idriche. Un tema sul quale l’Italia, per diverse ragioni, presenta della criticità, sanzionate anche dall’Unione Europea.
Criticità che soprattutto incidono sui servizi erogati ai cittadini e al sistema produttivo.
Disinquinamento e infrastrutturazione idrica sono infatti misure essenziali per la tutela della qualità e per l’uso efficiente delle acque.
In particolare, raggiungere adeguati livelli di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane rappresenta un elemento di civiltà e di tutela dell’ambiente ma anche requisito indispensabile per conseguire gli obiettivi fissati dalla Diretta Quadro dell’Unione Europea in materia.
La Direttiva 2000/60 impone a tutti gli stati membri di organizzare un adeguato sistema di depurazione e di adottare piani di gestione con le misure più idonee per conseguire gli obiettivi di tutela qualitativa e quantitativa e di efficiente gestione delle risorse a livello di distretto idrografico.
Il 2015 è un anno importantissimo in vista di tali obiettivi.
Entro l’anno dovrebbero essere conseguiti gli obiettivi di qualità di “buono stato” per tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei previsti dall’Unione Europea.
Inoltre, sempre entro quest’anno, è previsto il primo aggiornamento dei piani di gestione che devono essere in grado di:
– conciliare gli obiettivi ambientali e quelli economici introducendo misure che offrano acqua potabile in quantità sufficienti per la natura, le persone e l’industria;
– garantire la sostenibilità e la vitalità economica a lungo termine del settore agricolo e dell’acquacoltura;
– sostenere la produzione di energia, il trasporto sostenibile e lo sviluppo del turismo, contribuendo in tal modo a una crescita realmente verde dell’economia europea.
Tuttavia, secondo le stime della Commissione Europea e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’obiettivo del buono stato al 2015 sarà probabilmente raggiunto solo per poco più della metà (53%) delle acque dell’Unione.
Per quanto riguarda in modo specifico il territorio italiano, l’applicazione della direttiva sta presentando aspetti di particolare complessità che derivano da vari fattori.
In proposito si possono ricordare:
– la densità abitativa, che è quasi il doppio della media europea;
– l’eterogeneità dei bacini idrografici, che vanno dal grande bacino del po’ a bacini medi, piccoli e piccolissimi, molti dei quali caratterizzati da regimi idrici effimeri;
– la più scarsa disponibilità media annuale di acqua dolce tra i paesi OCSE, principalmente a causa della non omogenea e non sempre efficiente distribuzione della risorsa sul territorio;
– un tasso di prelievo pro capite superiore alla media OCSE, che corrisponde a circa il 30% delle risorse idriche rinnovabili e secondo la definizione dell’OCSE classifica l’Italia come paese soggetto a stress idrico medio-alto.
Inoltre, la fornitura idrica potabile e civile avviene per la maggior parte attraverso l’approvvigionamento da acque sotterranee che costituiscono una riserva strategica per il Paese, e sono perciò soggette a una forte pressione.
In alcuni bacini idrografici, peraltro, il tasso di sfruttamento delle acque sotterranee supera la capacità di rigenerazione della falda stessa con ripercussioni negative sull’ambiente e sulle attività produttive.
Si prevede perciò che il 36% dei corpi idrici superficiali e l’11% di quelli sotterranei non raggiungeranno l’obiettivo del “buono stato” fissato per il 2015 dalla direttiva, ma piuttosto alla scadenza dei prossimi cicli di pianificazione, e cioè nel 2021 o nel 2027.
E’ quindi necessario incrementare l’efficienza delle misure di controllo dell’inquinamento. Al tempo stesso è indispensabile rendere efficiente la gestione delle risorse attuando finalmente le autorità di distretto e assicurando l’istituzione e la piena funzionalità degli enti di governo d’ambito.
Depurazione e Contenzioso Comunitario su acque reflue
Come accennavo in apertura l’insufficiente livello di raccolta e trattamento delle acque reflue costituisce uno il principale fattore di inquinamento con numerosi agglomerati ancora non conformi alle disposizioni europee e, quindi, molte procedure di infrazione avviate dagli organismi comunitari.
La Corte di Giustizia europea ha già emesso una prima Sentenza di condanna per 127 agglomerati, e per 870 agglomerati ha avviato la prima fase di procedura d’infrazione con una lettera di costituzione in mora.
Oltre il 60% degli agglomerati in contenzioso sono localizzati nelle regioni Lombardia, Campania, Calabria e Sicilia.
Per chiudere il contenzioso comunitario, la delibera CIPE n. 60 del 30 aprile 2012 ha assegnato oltre un miliardo e 700 milioni di euro per finanziare 182 interventi prioritari inseriti in specifici Accordi di Programma Quadro (APQ) sottoscritti nel 2013 tra il Ministero dell’ambiente, il Ministero dello sviluppo economico e le Regioni meridionali.
Dei 182 interventi il 79% riguarda adeguamenti di depuratori o fognature esistenti, il 15% sono nuovi depuratori o nuove fognature, il restante 6% è costituito da una combinazione di adeguamenti e nuovi depuratori e/o fognature.
Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi di un’Unità Tecnica Specialistica organizzata con il supporto di INVITALIA, ad oggi ha esaminato e verificato, anche in contraddittorio con i soggetti attuatori, i progetti di 139 interventi, pari all’ 80% del totale degli interventi e per un valore complessivo di oltre un miliardo e mezzo di euro.
Inoltre, in considerazione dell’estrema complessità e dell’estensione del contesto territoriale, da novembre 2013 sono stati attivati, su richiesta della Regione Sicilia, quattro Tavoli Tecnici per la ridefinizione degli interventi progettuali e per il rafforzamento delle attività di coordinamento a livello locale relativi agli agglomerati di Palermo, Catania, Acireale e Misterbianco.
Dalla complessa e articolata istruttoria condotta dal Ministero risulta che su 182 interventi solo 37 interventi sono stati valutati positivamente.
Ben 102 interventi, che corrispondono al 73% degli interventi, presentano, infatti, un livello qualitativo non soddisfacente e richiedono specifiche correzioni e integrazioni funzionali. In particolare, il Ministero ha dovuto rilevare carenze e indicare prescrizioni di carattere generale che riguardano la completezza, la congruità e la conformità agli obiettivi attesi degli elaborati progettuali presentati dai soggetti attuatori.
Se consideriamo lo stato di avanzamento fisico e finanziario, dalle verifiche e dal monitoraggio costanti che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare effettua sulla qualità e sulla completezza delle elaborazioni progettuali risulta che 61 interventi (33% ) sono in fase di studio di fattibilità/progettazione preliminare per un importo di 1 miliardo e 240 milioni, e 121 interventi (67%) sono in fase di progettazione definitiva esecutiva per un importo di oltre 500 milioni.
I progetti attualmente in corso di realizzazione sono 32 per un importo complessivo di 148 milioni pari all’8% del totale previsto in Delibera CIPE 60/2012, che scende al 3% in Sicilia.
L’analisi e il confronto del valore economico con il numero dei progetti evidenziano che gli interventi di taglia più piccola sono in uno stato di attuazione più avanzato, e che i soggetti attuatori, nella maggior parte dei casi i Comuni, sono in forte difficoltà per lo sviluppo e l’attuazione degli interventi più grandi e complessi.
In particolare, all’esito delle riunioni con i rappresentanti delle regioni Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania convocate dal Ministero, l’ultima il 10 febbraio scorso, le maggiori criticità si sono riscontrate nella regione Sicilia.
Infatti, per 14 interventi relativi agli agglomerati di Acireale, Misterbianco e Augusta, e per altri 17 interventi in Sicilia, sono state avviate le procedure di intervento sostitutivo e commissariamento ai sensi dell’articolo 7, comma 7, della legge “sblocca italia“.
Tale procedura è stata avviata anche per 2 interventi in Campania e per un intervento in Puglia.
Istituzione e funzionalità degli Enti d’ambito
Altra linea d’intervento sulla quale mi sto impegnando è la piena operatività degli Enti d’ambito, passaggio indispensabile per attrarre investimenti nelle infrastrutture idriche, con particolare riferimento al servizio idrico integrato.
Il sistema presenta ancora oggi molte carenze di tipo gestionale e infrastrutturale. Fondamentalmente sono mancati, o quantomeno sono stati insufficienti, la vigilanza, i controlli e un’adeguata attività di pianificazione e regolazione coerente.
Soprattutto per il settore depurativo e fognario è importante che i piani d’ambito si basino su un’adeguata ricognizione dell’esistente, una corretta e puntuale pianificazione e programmazione degli interventi necessari a fornire un servizio adeguato agli utenti e capace di conseguire gli obiettivi di qualità fissati dalla direttiva acque.
Purtroppo, oggi vi sono ritardi negli affidamenti del servizio idrico integrato e c’è resistenza delle amministrazioni locali ad aggregarsi in ambiti territoriali ottimali.
Questa situazione è la causa principale del gap infrastrutturale che caratterizza il settore fognario e depurativo, e può essere colmato solo se si favoriscono investimenti in grado di assicurare livelli di servizio adeguati. E la certezza delle tariffe è una componente indispensabile.
A tal fine la Legge “Sblocca Italia” disciplina la riorganizzazione del servizio idrico integrato mediante l’istituzione degli Enti di Governo d’ambito.
La norma impone alle Regioni che non hanno ancora individuato gli enti di governo dell’ambito di provvedere con delibera entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014, e prevede che in caso di inutile decorso del termine il Governo possa avviare la procedura d’intervento sostitutivo.
A tal fine il 23 dicembre 2014 ho chiesto ai Presidenti delle Regioni di comunicare, entro il termine dell’8 gennaio 2015, il provvedimento di individuazione degli enti di governo d’ambito.
Hanno risposto 14 regioni: 5 Regioni (Calabria, Marche, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia) non hanno fornito alcun riscontro.
La situazione che emerge dalle informazioni acquisite é alquanto eterogenea e complessa:
– 7 regioni (Toscana, Puglia, Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Abruzzo, Liguria, Umbria) hanno adempiuto all’obbligo di identificazione degli enti d’ambito in maniera coerente con la normativa in vigore;
– 2 regioni (Piemonte e Lazio) hanno salvaguardato le preesistenti Autorità d’ambito costituitesi in convenzione;
– la Basilicata, già nel 2010, ha provveduto ad individuare nella Conferenza Inter – Istituzionale tra Regione, Province e Comuni ricadenti nell’Ambito Territoriale unico regionale il nuovo ente di governo e, al momento ha avviato un iter legislativo per l’identificazione di un nuovo ente di governo d’ambito dei servizi appartenenti al settore dei rifiuti urbani e del servizio idrico integrato;
– 3 regioni (Campania, Sicilia e Molise) presentano una situazione non coerente con la normativa di settore.
Attualmente è in corso l’istruttoria per proporre alla Presidenza del Consiglio dei Ministri le iniziative necessarie per conseguire l’uniforme attuazione degli Enti di Governo d’ambito sul territorio nazionale.
In conclusione, il quadro che emerge è complesso e coinvolge tutta la catena della governance. Siamo ancora una volta dinanzi ad una situazione in cui, sia pure in presenza di finanziamenti, ci sono difficoltà e lentezze nell’avviare le opere, soprattutto per le carenze in fase di progettazione.
Il nostro obiettivo, non solo come Governo ma come paese, dev’essere quello di superare queste criticità e realizzare al più presto quegli interventi che sono necessari e che l’Europa ci chiede.
Confido che dall’incontro di oggi e dal confronto che ne scaturirà possano giungere suggerimenti utili per conseguire il nostro obiettivo condiviso.
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