In Gazzetta UE la direttiva sulla riduzione dei bioshopper

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La Direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento e del Consiglio UE modifica la direttiva 94/62/CE imponendo misure per diminuire in modo significativo l’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero

È stata pubblicata in Gazzetta europea, l’attesa direttiva UE in materia di riduzione delle buste in plastica, la Direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento e del Consiglio UE, che modifica la direttiva 94/62/CE. Quest’ultima era stata adottata al fine di prevenire o ridurre l’impatto degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sull’ambiente: le buste in plastica costituiscono un “imballaggio” ai sensi della direttiva, ma non si prevedevano misure specifiche sull’utilizzo di tali borse.

In base alla direttiva 2015/720 gli Stati membri dovranno adottare misure per diminuire in modo significativo l’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, in linea con gli obiettivi generali della politica sui rifiuti e con la gerarchia dei rifiuti dell’Unione di cui alla direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Tali misure di riduzione dovranno tenere conto degli attuali livelli di utilizzo di borse di plastica nei singoli Stati membri, cosicché l’impegno sarà tanto più ambizioso quanto più alti sono i livelli di utilizzo, e anche delle riduzioni già realizzate. A tal fine, le autorità nazionali dovranno fornire dati circa il loro utilizzo in conformità dell’articolo 12 della direttiva 94/62/CE.
Parlamento e Consiglio sottolineano che i livelli di utilizzo di borse di plastica variano notevolmente nell’Unione a causa delle differenze nelle abitudini di utilizzo, nella coscienza ambientale e nell’efficacia delle misure adottate dagli Stati membri. Alcuni Stati membri sono riusciti a ridurre notevolmente i livelli di utilizzo di borse di plastica: l’utilizzo medio nei sette Stati membri più virtuosi è pari a solo il 20 % dell’utilizzo medio nell’Unione. Inoltre, si ritiene necessario impegnarsi a livello istituzionale per aumentare la consapevolezza del pubblico in merito agli impatti sull’ambiente delle borse di plastica e liberarsi dall’idea ancora diffusa che la plastica sia un materiale innocuo e poco costoso.

La lunga battaglia dei bioshopper
Nell’aprile dello scorso anno, avevamo riportato dell’approvazione di un testo da parte dell’Europarlamento, che fissava un giro di vite sullo spreco di sacchetti di plastica e imponeva obiettivi di riduzione del 50% entro il 2017 e 80 % entro il 2019. Avevamo anche riportato il commento positivo del Ministro Galletti che aveva sottolineato come finalmente “Sugli shopper e a difesa dell’ambiente l’Europa si allinea all’Italia, che è stata battistrada nel mettere al bando i sacchetti di plastica non biodegradabili”. In Italia, lo ricordiamo, il Decreto del ministero dell’Ambiente del 18 marzo 2013 “Individuazione delle caratteristiche tecniche dei sacchi per l’asporto delle merci” ha permesso la commercializzazione dei sacchi per l’asporto delle merci conformi alla norma UNI EN 13432:2002 o che abbiano maniglia esterna (punto b) o interna (punto c))alla dimensione utile del sacco, dotata di particolari spessori.

Le misure restrittive proposte
Parlamento e Consiglio nella direttiva 2015/720 individuano le misure restrittive più efficaci, fra le quali la fissazione del prezzo, imposte e prelievi, oltre alle restrizioni alla commercializzazione, come i divieti in deroga all’articolo 18 della direttiva 94/62/CE, purché tali restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie. Tali misure possono variare in funzione dell’impatto ambientale che le borse di plastica in materiale leggero hanno quando sono recuperate o smaltite, delle loro proprietà di riciclaggio e compostaggio, della loro durata o dell’uso specifico previsto, nonché in considerazione di eventuali effetti nocivi di sostituzione.
Gli Stati membri potranno scegliere di esonerare le borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron («borse di plastica in materiale ultraleggero») fornite come imballaggio primario per prodotti alimentari sfusi ove necessario per scopi igienici oppure se il loro uso previene la produzione di rifiuti alimentari.
Secondo Bruxelles è importante che a livello di Unione vi sia poi un riconoscimento delle etichette o dei marchi per le borse di plastica biodegradabili e compostabili. Infatti, alcune borse di plastica sono indicate dai produttori come «oxo-biodegradabili» o «oxo-degradabili». In tali borse, nella plastica convenzionale sono incorporati degli additivi. Per effetto della presenza di detti additivi, col tempo la plastica si scompone in particelle minute che permangono nell’ambiente. È quindi fuorviante definire «biodegradabili» borse di questo tipo dal momento che potrebbero non essere una soluzione alla dispersione dei rifiuti ma potrebbero al contrario aumentare l’inquinamento. La Commissione dovrebbe esaminare l’impatto sull’ambiente dell’utilizzo di borse di plastica oxo-degradabili e presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio comprendente, se opportuno, una serie di misure volte a limitarne l’utilizzo o a ridurne l’impatto nocivo.
È dunque opportuno che le misure che gli Stati membri devono adottare per ridurre l’utilizzo di borse di plastica portino a una riduzione sostenuta dell’utilizzo di quelle in materiale leggero e non comportino un incremento globale della produzione di imballaggi.
Infine, Parlamento e Consiglio hanno invitato la Commissione a chiedere al Comitato europeo di normazione di definire una norma distinta per gli imballaggi da compostaggio domestico.

Riferimenti normativi:
Direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio,del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (Testo rilevante ai fini del SEE)
GU L 115 del 6.5.2015

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Redazione InSic

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