La cessazione della qualifica di rifiuto: tra incertezza giuridica e prospettive di riforma

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In assenza di criteri end of waste stabiliti a livello generale, possono gli stessi essere definiti dell’Autorità competente con decisione individuale caso per caso? La risposta in base alla recente giurisprudenza nazionale ed europea e alla direttiva rifiuti 2018/851.
Le analizza su Ambiente&Sicurezza sul lavoro n.9/2019, Salvatore Casarrubia (Avvocato, Studio legale Casarrubia): di seguito un estratto dall’articolo, disponibile per abbonati alla rivista!

Questa storia inizia con dei pannolini, con un imprenditore che da essi voleva ricavare – quelle che un tempo si chiamavano – materie prime secondarie.
Il gestore di un impianto era autorizzato per l’attività di stoccaggio e di R12 di rifiuti costituiti da pannolini, pannoloni ed assorbenti igienici, per cui le frazioni recuperate dal processo di sanificazione (una composta di cellulosa in fiocchi, l’altra di plastica in foglia) continuavano ad essere classificate come rifiuti. Sia l’attività di stoccaggio (Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12), sia l’attività di R12 (Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11), infatti, costituiscono operazioni di recupero intermedie , dal cui processo derivano ancora rifiuti, magari con codici diversi, come accade per l’operazione R12.
Il gestore dell’impianto presenta domanda di modifica dell’autorizzazione al fine di ottenere la classificazione delle frazioni riciclabili, recuperate attraverso il processo di trattamento, come materie prime secondarie.
L’art. 184 ter del d.lgs. n. 152/2006, rubricato «Cessazione della qualifica di rifiuto», nel testo all’epoca vigente, prima della modifica apportata dal D.L. n. 32/2019, chiariva che “un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo” e “soddisfi i criteri specifici”, che mirano a garantire, essenzialmente, che quanto si ricavi dal rifiuto sia tecnicamente idoneo per lo scopo e non produca rischi per la salute e l’ambiente.
Tali criteri sono decisivi per accertare la trasformazione di un rifiuto in materia prima secondaria, tant’è che l’ult. comma della norma dispone che “la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto”.
Si pensi ai rifiuti da demolizione e costruzione, per fare un esempio. Da essi si può ricavare una materia prima secondaria per l’edilizia, che può essere definita tale, dunque, con la cessazione della qualifica di rifiuto, se conforme ai parametri di cui all’allegato C della Circolare del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio 15 luglio 2005, n. UL/2005/5205 (cfr. Suballegato 1 al D.M. 05.02.1998).
Questi criteri end of waste (EoW), recita ancora il testo previgente, possono essere adottati in sede comunitaria o in sede nazionale , con regolamento.
Nelle more dell’adozione dei sopra citati atti normativi, “continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269”, ossia continuano ad applicarsi i decreti che individuano i rifiuti non pericolosi, pericolosi e pericolosi provenienti da navi che possono ammettersi alle procedure semplificate. Nonché, nelle more, continua ad applicarsi “l’art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172”.
Quest’ultima disposizione prevede che, “fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 181-bis, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 [dopo il d.lgs n. 205/2010, confluito nell’art. 184 ter, co. 2, N.D.A], le caratteristiche dei materiali di cui al citato comma 2 si considerano altresì conformi alle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 210 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59”.
Il Ministero dell’Ambiente, con la circolare n. 10045 del 1° luglio 2016, provò a chiarire l’interpretazione della norma del TUA sulla cessazione della qualifica di rifiuto.
Un rifiuto cessa di essere tale, così da potere circolare nel mercato come prodotto, se, sottoposto ad un’operazione di recupero, soddisfa quei criteri EoW stabiliti con provvedimento generale di provenienza europea per quella specifica tipologia di rifiuti. In mancanza, questi criteri possono essere previsti dallo Stato italiano con decreto ministeriale e valere, ovviamente, soltanto nel territorio italiano. Se, in ultimo, nel caso di specie non fossero previsti criteri EoW in nessun atto generale, l’autorità competente può prevederli “caso per caso”, in sede di rilascio dell’autorizzazione ordinaria o integrata ambientale. “In via residuale, le Regioni – o gli enti da queste individuati- possono in sede di rilascio dell’autorizzazione prevista agli artt. 208, 209 e 211, e quindi anche in regime di autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), definire criteri EoW previo riscontro della sussistenza delle condizioni indicate al comma 1 dell’art. 184 ter, rispetto ai rifiuti che non sono stati oggetto di regolamentazione dei succitati regolamenti comunitari o decreti ministeriali” (cfr. circolare cit.).

Riferimenti bibliografici:
La cessazione della qualifica di rifiuto. L’economia circolare al bivio tra incertezza giuridica e prospettive di riforma
S.Casarrubia
Ambiente&Sicurezza sul lavoro n.9/2019

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Redazione InSic

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