Abbandono di rifiuti e inerzia del proprietario del fondo: responsabilità colposa?

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È possibile configurare una responsabilità colposa nei confronti del proprietario di fondo occupato da rifiuti, che sia rimasto inerte innanzi al protrarsi della situazione di degrado ambientale?


Risponde l’Esperto della Banca Dati Sicuromnia, Andrea Quaranta (Environmental Risk and crisis manager) su Banca Dati Sicuromnia (dove si trovano tutti i riferimenti normativi collegati)

Secondo l’Esperto della rivista Ambiente&Sicurezza sul lavoro

Un oramai costante indirizzo giurisprudenziale – pur ribadendo in premessa il coefficiente soggettivo che, in materia di responsabilità da abbandono di rifiuti, deve connotare la condotta degli autori del fatto (ivi incluso il proprietario del fondo) – ha precisato che la responsabilità del proprietario dell’area, che non sia autore dell’abbandono, può essere affermata anche in altro modo, dimostrando – per esempio, sulla base delle circostanze concrete, connesse ad un contegno inerte di fronte ad un fenomeno di deposito di rifiuti prolungato nel tempo – che la condizione di degrado ambientale così determinatasi è dovuta a specifici suoi comportamenti disattenti od omissivi.
In queste specifica prospettiva, la colpa può ritenersi consistere nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area, atte ad impedire che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi (Cons. Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 84).

In una recente sentenza (Consiglio di Stato Sez. III n. 5632 del 1 dicembre 2017), la giurisprudenza amministrativa, nel ribadire tali concetto ha anche precisato che in tutti i casi in cui la bonifica o il ripristino del fondo rimangano a carico della pubblica amministrazione (che così abbia disposto sua sponte o per un obbligo giuridico preesistente, e comunque in un’ottica di salvaguardia dell’ambiente), i privati proprietari o i detentori dei fondi interessati ricavano un vantaggio, in termini di aumento di valore del fondo, che potrà costituire giusta causa di recupero delle corrispondenti somme, nei limiti ordinari delle azioni di arricchimento (potendosi presumere che l’importo così speso, nel determinare l’«impoverimento» della amministrazione, comporti quanto meno un corrispondente «arricchimento»).

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Redazione InSic

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