Infortunio con macchinario marcato CE e responsabilità del datore di lavoro

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Nella sentenza n.11445 dell’11 marzo 2013, la Cassazione giudica sulla responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio di un dipendente durante le l’utilizzo di una macchina da lavoro marchiata CE, che nascondeva, secondo il datore di lavoro, un vizio occulto. La Cassazione conferma la responsabilità del lavoro ed esclude la ricostruzione “statistica” del vizio occulto.

L’infortunio del lavoratore

Nel caso prospettato, un lavoratore era intento ad operare su una macchina “pressa suole T72AB” e durante l’operazione preliminare di configurazione dell’appoggiatacco si era però accorto che il pollice dell’altra mano, che teneva fermo il tacco, si trovava nella guida dell’appoggiatacco, che, messosi in moto, aveva portato allo schiacciamento del dito contro il fine corsa. Il lavoratore aveva riportato l’amputazione parziale della falange del pollice, dalla quale derivava una malattia giudicata guaribile in circa sessanta giorni.
Dell’infortunio era stato ritenuto responsabile l’amministratore della società e datore di lavoro su cui gravava su l’obbligo di verificare la non pericolosità dei macchinari nella concreta situazione di utilizzo. Pericolosità che nel caso di specie veniva ravvisata nella mancanza delle necessarie protezioni delle mani dell’operatore nella fase di configurazione dell’appoggiatacco.
Il Datore di lavoro si era difeso sostenendo in base all’art. 35 comma 1, del D.Lgs. n. 626/1994, il datore di lavoro-utilizzatore di macchinari é tenuto a mettere a disposizione del dipendente macchine idonee ai fini della sicurezza e della salute presuppone l’evidenza e la facile accettabilità del difetto. Nella sentenza impugnata sarebbe invece omesso ogni riferimento sia alla natura della carenza riscontrata sulla pressa suole, sia agli specifici accorgimenti previsti in quel momento storico dalla legge o dalle conoscenze indotte dallo sviluppo tecnologico per il settore calzaturiero, per verificare se esse avessero suggerito ulteriori e più sofisticati presidi per rendere l’apparecchiatura in questione sempre più sicura. Inoltre, secondo il datore di lavoro, l’apparecchiatura era stata sempre regolarmente controllata dal datore di lavoro e se n’era fatto un utilizzo ultradecennale senza che si fossero verificati incidentali simili a quello verificatosi. Ciò dimostrerebbe, per il datore di lavoro, la natura occulta del difetto rinvenuto sull’apparecchiatura.

Il giudizio della Corte

Il Collegio ha respinto le doglianze del datore di lavoro relative all’assenza di responsabilità nell’ipotesi di vizio occulto, per le lesioni patite nell’utilizzo di un macchinario conforme alla normativa CE.
Infatti, secondo il Collegio l’esistenza di un vizio occulto non può certamente desumersi dalla circostanza per la quale il pregresso utilizzo del macchinario in questione non ha visto il verificarsi di analoghi infortuni.
Infatti, il dato dovrebbe essere comprovato dall’acquisizione di adeguate informazioni in ordine agli infortuni verificatisi sul macchinario sin dal suo primo utilizzo, alle modifiche apportate allo stesso, all’identità del fatto eventuale verificatosi in precedenza rispetto a quello oggetto dell’attuale giudizio.
In ogni caso, secondo la Corte di Cassazione, il fattore statistico non varrebbe a superare il risultato cui conduce il canone della conoscibilità del vizio secondo la diligenza esigibile dal datore di lavoro, la quale non trova motivo di attenuazione per il fatto di essere il macchinario attestato dal costruttore come conforme alla normativa CE.
Inoltre, il Collegio sottolinea il fatto che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell’ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell’infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità “CE” o l’affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità.

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Redazione InSic

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