Una piattaforma comune tra i paesi dell’Ue per contrastare e scoraggiare la pratica del sommerso. A proporla è la Commissione europea, che punta a riunire diversi organismi nazionali con l’obiettivo di contrastare un fenomeno che – oltre a tradursi in elusione contributiva a danno delle aziende – mette in grave pericolo la salute e la sicurezza dei lavoratori. Ora la proposta della Commissione sarà inviata a Parlamento europeo e Consiglio per essere adottata.
Secondo un’indagine Eurobarometro, nel 2012 circa un cittadino europeo su dieci ha acquistato beni o servizi legati al lavoro sommerso mentre il 4% ha svolto un lavoro in nero – quindi lecito – ma non dichiarato alle autorità. Infatti, in base alla definizione utilizzata dalla Commissione europea dal 1998, si ritiene lavoro sommerso “qualunque attività lecita, retribuita, ma non dichiarata alle autorità pubbliche, tenendo conto delle diversità all’interno dei singoli Stati membri”. Ovviamente questa accezione esclude le attività criminali individuate come tali all’interno di ciascuna normativa nazionale.
Si tratta di un ambito – quello del contrasto al lavoro sommerso – in cui l’Inail ha rafforzato e consolidato negli anni le proprie competenze attraverso una strategia basata sul potenziamento dell’attività di business intelligence e l’informatizzazione del sistema di vigilanza. Competenze che hanno portato a un miglioramento costante dei risultati delle ispezioni finalizzate all’emersione del sommerso e al recupero degli oneri contributivi elusi dalle imprese. Inoltre l’Istituto, al fine di approfondire la conoscenza del fenomeno, ha realizzato la banca dati “Osservatorio dei lavoratori regolarizzati”, che evidenzia il numero delle aziende ispezionate e lo pone in relazione con alcune variabili, tra cui la dimensione aziendale e il settore di attività.
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