Processi d’amianto: le condanne a Gorizia e Gela

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Tredici condanne, per un totale di 56 anni e sei mesi di reclusione. Questa la sentenza di primo grado emessa ieri dal Tribunale di Gorizia in relazione al processo per la morte di 85 operai della Italcantieri (oggi Fincantieri) di Monfalcone a causa di malattie correlate all’esposizione all’amianto. Il giudice monocratico, Matteo Giovanni Trotta, ha ritenuto 13 dei 35 imputati responsabili di omicidio colposo.

Il verdetto e le condanne

Le pene più pesanti riguardano gli ex direttori del cantiere navale, Vittorio Fanfani (sette anni e sette mesi) e Manlio Lippi (sette anni e sei mesi), mentre sono stati assolti i responsabili della sicurezza interna e i titolari delle ditte che lavoravano in appalto. Trotta ha anche condannato gli imputati al risarcimento dei danni nei confronti di quattro vedove (le altre avevano già ottenuto in separata sede un indennizzo da parte di Fincantieri). Disposto anche il pagamento di quanto richiesto dalle parte civili (Inail, Regione, Provincia di Gorizia, Comune di Monfalcone, Associazione esposti amianto, Fiom e Codacons).
Il verdetto di primo grado è arrivato al termine di tre anni di processo, scanditi da 94 udienze. Ieri pomeriggio, al momento della sentenza – per la cui lettura sono stati impiegati oltre trenta minuti – erano presenti in aula molte vedove, gli aderenti all’Aea e diversi amministratori pubblici del monfalconese. “Dopo le pronunce emesse in altre sedi sui casi Fincantieri, era possibile che il Tribunale scegliesse una linea intransigente verso gli imputati – ha commentato l’avvocato difensore di Fanfani, Giovanni Borgna – Attendiamo, comunque, di poter leggere le motivazioni e ci riserviamo di ricorrere in appello, restando convinti dell’estraneità dell’imputato agli addebiti mossi”.
Alcune condanne sono state inferiori alle richieste del pubblico ministero, così come alcune provvisionali – le cui cifre oscillano da 12 mila a 250 mila euro – nei confronti di enti e istituzioni e dei parenti delle vittime. Alcuni di questi, tuttavia, avevano già trovato un accordo in separata sede prima del giudizio. Questo di Gorizia è il primo maxiprocesso per malattie professionali legate all’esposizione a fibre di amianto che interessa l’area dell’Isontino e fa riferimento a vicende relative agli anni Settanta/Ottanta.
Tre anni fa riconosciuti colpevoli i vertici Fincantieri di Palermo. La sentenza ha, di fatto, confermato la linea della colpevolezza espressa già in occasione del processo Fincantieri di Palermo che, il 26 aprile 2010, ha visto tre vertici dello stabilimento siciliano condannati per omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime in relazione alle morte di 37 operai per tumore ai polmoni provocato dall’inalazione delle fibre di asbesto. All’Inail – costituito parte civile nel processo – è stato riconosciuto un risarcimento di 4,2 milioni di euro.

Asbesto al Petrolchimico di Gela: notificata la chiusura delle indagini

La Sicilia torna a essere uno degli scenari più “caldi” sul fronte processuale legato alla fibra killer. Sempre ieri, infatti, un avviso di conclusione delle indagini è stato notificato nell’ambito dell’inchiesta della Procura sull’esposizione all’amianto nel petrolchimico di Gela (Caltanissetta) a 38 tra amministratori delegati, direttori, responsabili del servizio prevenzione e protezione di diverse società facenti capo al gruppo Eni – nonché di ditte dell’indotto – che, nel corso degli anni, hanno operato all’interno del sito industriale della raffineria di Gela.
Secondo i pm Serafina Cannatà ed Elisa Calanducci diversi lavoratori hanno accusato gravi lesioni personali gravi – che, in due casi, hanno portato al decesso – a seguito dell’esposizione a materiali contenenti asbesto. A far scattare le indagini sono state le numerose denunce presentate da operai che avevano prestato la loro attività all’interno dello stabilimenti e i referti inviati dall’Inail nei casi di riscontro di malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto.

Il commento dei magistrati

“Gli accertamenti hanno richiesto un particolare impegno – spiegano i magistratiSi doveva accertare, prima di tutto, la presenza di amianto negli ultimi 20-25 anni all’interno dello stabilimento e, quindi, l’effettiva presenza del rapporto causa/effetto fra l’esposizione dei lavoratori all’asbesto e l’insorgenza delle malattie professionali riscontrate”. Poi è stato necessario ricostruire “gli specifici profili di colpa per ciascuno degli indagati, in vario modo titolari di posizioni di garanzia, come tali tenuti all’osservanza delle norme sulla tutela della salute ne luoghi di lavoro e all’adozione di metodi gestionali basati sulla precauzione e sulla prevenzione”.

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Redazione InSic

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