Attività di saldatura senza autorizzazione, quando costituisce reato?

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Il quesito pervenuto alla Banca Dati Sicuromnia riguarda una ditta che esercita lavorazioni di metalli con operazioni di taglio e assemblaggio mediante saldatura in assenza di autorizzazione regionale. Risponde Rocchina Staiano, Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo

Il quesito
E’ reato quando il titolare di una ditta, che esercita lavorazioni di metalli con operazioni di taglio e assemblaggio mediante saldatura, inizia la costruzione degli impianti, attiva e, comunque, svolge l’esercizio degli stessi, senza essere in possesso dell’autorizzazione regionale, di cui all’art. 279, comma 1, del D. Lgs. n. 152 del 2006 alle emissioni in atmosfera?

Secondo l’Esperto
Sì; nel caso in esame il reato contestato non consiste solamente nell’inizio della costruzione dell’impianto, ma anche nell’attivazione e nello svolgimento dell’esercizio dell’impianto stesso in mancanza dell’autorizzazione regionale. Sono state poste in essere, cioè entrambe le condotte contemplate dall’art. 279, comma 1, del D. Lgs. 152/2006, il quale, nel testo vigente dal 29 aprile 2006 al 25 agosto 2010 puniva, fra l’altro, “chi inizia a installare o esercisce un impianto … in assenza della prescritta autorizzazione” e, nel testo attualmente vigente a seguito delle modifiche apportate dal D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, punisce “chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione”.
Inoltre, va precisato che le condotte di inizio di installazione e “esercizio” di cui all’art. 279, comma 1, del D. Lgs. 152/2006, qualora poste in essere di seguito dallo stesso soggetto, non configurano fatti separati, eventualmente uniti dall’identità del disegno criminoso, ma momenti successivi di una progressione criminosa, con la conseguenza che il reato deve considerarsi unico. Tale reato si consuma o con il rilascio dell’autorizzazione o, in alternativa, con la cessazione dell’esercizio dell’impianto.
E’ ovvio, infatti, che la costruzione e l’attivazione dell’impianto si presentano come necessariamente prodromiche rispetto allo svolgimento dell’esercizio dello stesso impianto senza la prescritta autorizzazione. Le condotte poste in essere dall’imputato non possono, dunque, essere parcellizzate e prese in considerazione una per una ai fini della prescrizione, ma devono essere considerate globalmente.
Tale conclusione è confermata dalla sentenza della Cass. non osta, del resto, l’orientamento espresso dalla Cass. pen., sez. III, 13 aprile 2010, n. 22018 e dalla Cass. pen., sez. III, 24 ottobre 2012, n. 192, secondo cui la permanenza del reato cessa al momento in cui le autorità hanno avuto conoscenza della realizzazione dell’impianto. I principi affermati in tali pronunce si riferiscono, infatti, alla fattispecie della realizzazione di un impianto senza autorizzazione e non a quella dell’esercizio di un impianto senza autorizzazione.


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Redazione InSic

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