Pubblichiamo di seguito un commento pervenuto dall’Associazione nazionale UNPISI sulle recenti norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro approvate dal Governo lo scorso venerdì 14 ottobre e introdotte nel testo del “DECRETO FISCALE“.
Il commento è a cura di Alfredo Gabriele Di Placido, componente del gruppo editoriale dell’Associazione tecnico-scientifica UNPISI
Nella giornata di venerdì il Consiglio dei Ministri ha licenziato il Decreto Fiscale, nome limitativo vista la presenza delle tanto annunciate norme in materia antinfortunistica.
I 3,7 milioni di euro nel biennio 2022/2023 per strumentazioni tecnologiche destinate all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, i 1.024 ispettori da assumere e i 660 carabinieri dedicati all’attività di vigilanza sul diritto del lavoro sono sicuramente le chiavi di volta per abbattere il numero di infortuni: siamo in una botte di ferro. Si tratta di ironia naturalmente.
Che si voglia finalmente mettere a regime il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) non può che essere una buona notizia. Che si abbatta al 10 per cento la presenza di personale “in nero” e che non siano più previste le “gravi e reiterate violazioni” per sospendere un’attività lavorativa anche.
Che vengano estese le competenze dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro è invece un passo indietro rispetto a quella che era la filosofia iniziale della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, la n.833/1978. Perché dalla salute che deve essere garantita al lavoratore e di cui si fa garante il Ministero della Salute tramite le sue articolazioni, in primis le ASL, attraverso le attività di prevenzione, vigilanza ed ispezione, si torna ad un approccio repressivo pre-1978 in cui si vigilava tramite ENPI, ANCC e gli ispettorati del lavoro. Prevenzione assente.
Si consiglia a tutti di reperire e leggere un librettino del 1981 di Alessandro Martignani e Sergio Tonelli, “Medicina del lavoro nelle unità sanitarie locali” (La Nuova Italia Scientifica). Lì c’è tutto ciò che doveva essere e che non è stato. Lì si parla di quello che doveva essere il perno di un intero sistema: la prevenzione.
Citiamo le materie oggetto delle prove così come riportate nel bando di concorso per ispettori del lavoro: diritto costituzionale; diritto amministrativo; diritto civile; diritto del lavoro e legislazione sociale; elementi di diritto commerciale; elementi di diritto dell’Unione Europea; elementi di contabilità pubblica; elementi di diritto penale e di diritto processuale penale; elementi di diritto processuale civile; disciplina del lavoro pubblico e responsabilità dei pubblici dipendenti; normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; ordinamento e attribuzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs 81/08) è presente: il penultimo argomento.
Fisica, chimica, igiene, biochimica, medicina del lavoro, ispezione dei cantieri, sociologia, medicina legale, diritto penale applicato al lavoro e all’ambiente, diritto del lavoro, scienze tecniche mediche applicate, tossicologia industriale, psicologia sono solo alcune delle materie rientranti nel curriculum formativo di un Tecnico della Prevenzione. Che ha una visione di sistema e un’ottica dell’azione preventiva: sa, o comunque ha gli strumenti per riconoscere e gestire, i fattori di rischio, le misure di prevenzione, quelle di protezione, gli elementi di diritto, le conseguenze a livello di salute e di sicurezza di un lavoratore.
Se non si parte dall’implementazione delle attività di prevenzione primaria, dalla rifondazione della formazione (vogliamo parlare di come vengono svolti i corsi di formazione? Di quanto resta ad un lavoratore o ad un preposto di ciò che viene detto?), da un confronto tra organo di vigilanza territoriale (ASL) – datori di lavoro – lavoratori e loro rappresentanti, risultati evidenti non si vedranno.
Prendiamo ad esempio una vicenda che ha colpito tutti, a cominciare proprio dal presidente del Consiglio Draghi: la morte di Luana D’Orazio, 22 anni, stritolata da un orditoio nel distretto tessile di Prato. Nella relazione del perito nominato per esaminare il macchinario si legge: le modifiche all’orditoio furono fatte per aumentare la produzione dell’8%. Ecco, le norme approvate venerdì dal governo puntano su figure e sanzioni da far intervenire a morte avvenuta, invece di puntare su figure ed interventi che facciano capire ai datori di lavoro, ai rappresentati dei lavoratori per la sicurezza (RLS), ai consulenti in materia, ai lavoratori stessi l’insulsaggine dell’eliminazione dei dispositivi di sicurezza per aumentare la produzione. Un otto per cento in più non vale la vita di una giovane madre. Questa è la filosofia da adottare, che però il governo ha deciso di non scegliere. Difficile che gli infortuni (e le malattie professionali, non dimentichiamole) diminuiranno con le norme di venerdì.
Si rimanda per un maggiore approfondimento sul tema (http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=99076) all’intervento del presidente del Consiglio d’Albo Nazionale dei Tecnici della Prevenzione, Maurizio Di Giusto, che, speriamo, faccia presente in maniera ancora più forte presso le Istituzioni, a partire dal presidente del Consiglio Draghi, la chiave di volta fondamentale che è la prevenzione primaria ed il nostro ruolo centrale.
Il governo ha puntato sul cavallo sbagliato.
Di Alfredo Gabriele Di Placido – Tecnico della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro