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Legge europea sul ripristino della Natura: cosa prevede e perché l’Italia ha votato contro

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Il 17 giugno scorso il Consiglio UE ha adottato formalmente il Regolamento sul ripristino della natura o “Nature Restoration Law” che mira a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Il regolamento sarà ora pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE ed entrerà in vigore, diventando direttamente applicabile in tutti gli Stati membri.

  • Ma cosa prevede esattamente questo provvedimento e perché l’Italia è fra i Paesi europei che non hanno votato il testo?

Regolamento europeo sul ripristino della Natura: in cosa consiste

Le nuove norme contribuiranno a ripristinare gli ecosistemi degradati negli habitat terrestri e marini degli Stati membri. Servirà a conseguire gli obiettivi generali dell’UE in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ad essi e a migliorare la sicurezza alimentare.

Il regolamento, primo nel suo genere, è stato elaborato nel giugno 2022 come “legge sul ripristino della natura” a fronte dei dati sulla biodiversità secondo i quali oltre l’80% degli habitat europei è in cattive condizioni.

Il Regolamento si pone all’interno della strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 e dovrebbe contribuire al mantenimento di quegli impegni internazionali in materia di ambiente presi dall’UE in particolare il quadro globale sulla biodiversità di Kunming-Montréal concordato alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP15) del 2022 e negli ultimi incontri internazionali (come la COP 28) , per presentarsi ai prossimi incontri con un nuovo risultato raggiunto sul fronte biodiversità.

Cosa prevede la Legge sul ripristino della Natura

Il Regolamento UE pone obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura nell’ecosistema terrestre, marittimo, d’acqua dolce e urbano per arginare “il collasso della biodiversità in Europa” come lo ha definito Alain Maron, ministro della Transizione climatica, della regione di Bruxelles-Capitale.

Inoltre, stabilisce requisiti specifici per diversi tipi di ecosistemi, tra cui i terreni agricoli, le foreste e gli ecosistemi urbani.

Quali sono gli ecosistemi terrestri e marini oggetto della legge europea sul ripristino della natura?

Il regolamento riguarda una serie di ecosistemi terrestri, costieri e d’acqua dolce, forestali, agricoli e urbani, comprese le zone umide, le praterie, le foreste, i fiumi e i laghi, nonché gli ecosistemi marini, tra cui le fanerogame marine e le praterie di spugne e coralli.

La precedenza nell’attuazione delle misure di ripristino, almeno fino al 2030 sarà data ai siti Natura 2000.

Habitat danneggiati: cosa prevede il Regolamento UE

Per quanto riguarda gli habitat ritenuti in cattive condizioni, elencati nel regolamento, gli Stati membri adotteranno misure per ripristinare:

  • almeno il 30% entro il 2030
  • almeno il 60% entro il 2040
  • almeno il 90% entro il 2050

Sforzi di non deterioramento

Gli Stati membri dovranno poi evitare un deterioramento significativo delle zone che:

  • hanno raggiunto buone condizioni grazie al restauro
  • ospitano gli habitat terrestri e marini elencati nel regolamento

Misure specifiche per gli ecosistemi

Fra le altre misure previste dal Regolamento sul ripristino della natura mira a:

  • protezione degli impollinatori selvatici in Europa: il regolamento introduce requisiti specifici per misure volte a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori al più tardi entro il 2030.
  • Indicatori differenziati per diversi tipi di ecosistemi: il Regolamento punta a migliorare questi indicatori:
    • aumentare la popolazione di farfalle dei pascoliMantenimento dello stock di carbonio organico nei terreni coltivati
    • tutela dei suoli minerali
    • mantenimento della quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità.
    • l’aumento della popolazione di uccelli forestali
    • migliorare e incentivare spazi verdi urbani e copertura arborea fino alla fine del 2030
  • ripristino le torbiere drenate
  • piantare almeno tre miliardi di alberi in più entro il 2030 a livello dell’UE
  • trasformare almeno 25 000 km di fiumi in fiumi a flusso libero entro il 2030
  • rimuovere gli ostacoli artificiali alla connettività delle acque superficiali.

Come attuare il Regolamento UE sulla biodiversità?

Per attuare le nuove regole l’UE punta sui “Piani nazionali di ripristino”: gli Stati membri dovranno, cioè, pianificare in anticipo e presentare alla Commissione la loro strategia di rispristino della natura indicando in che modo conseguiranno gli obiettivi e monitorare e riferire in merito ai loro progressi, sulla base di indicatori di biodiversità a livello dell’UE.

Entro il 2033 la Commissione riesaminerà l’applicazione del regolamento e il suo impatto sui settori dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura, nonché i suoi effetti socioeconomici più ampi.

Perchè l’Italia non ha sostenuto il Nature Restoration Law?

L’Italia non ha approvato in sede di Consiglio Ue il “Nature Restoration Law”. Spiega il  viceministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica Vannia Gava che l’Italia sostiene l’obiettivo di tutelare e riparare gli ecosistemi e ha lavorato a proposte migliorative per garantire il giusto equilibrio tra sostenibilità ambientale ed economica.
Ma il Regolamento, “così com’è, impatta negativamente sul settore agricolo dell’Unione, accrescendone gli oneri economici ed amministrativi. Non possiamo ignorarlo e non possiamo votare a favore. Occorre più tempo”.

Durante il “question time” alla Camera dei Deputati lo scorso 19 giugno il ministro Fratin ha spiegato ulteriormente che il Regolamento UE sul ripristino della Natura imporrà di predisporre entro i prossimi due anni il primo Piano nazionale di ripristino, che conterrà le azioni da intraprendere sino a giugno 2032.

Entro due anni il Piano nazionale di rispristino italiano degli ecosistemi

“Le azioni del Piano dovranno conciliare la sostenibilità economica, ambientale e sociale degli interventi, e la definizione di appositi finanziamenti, anche di carattere europeo, sarà fondamentale per evitare l’accrescimento degli oneri per i vari settori coinvolti”.

Il Ministro ha messo l’accento sulla “definizione partecipata delle azioni del Piano nazionale con tutti i soggetti e le categorie interessate” oltre alla necessaria sottoposizione a Valutazione Ambientale Strategica, “dove sarà prevista una fase di consultazione e partecipazione pubblica che garantirà il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati”. 

Il Piano, spiega il Ministro, manterrà un “approccio multidisciplinare per individuare le misure di ripristino”, tenendo in considerazione “le iniziative che sono già in atto a livello regionale nell’ambito della rete Natura 2000”. Inoltre, terrà conto di quanto si sta facendo con la missione PNRR-MER (Marine Ecosystem Restoration), che già prevede 37 interventi su larga scala per il ripristino e la protezione dei fondali e degli habitat marini, il rafforzamento del sistema nazionale di osservazione degli ecosistemi marini e costieri e la mappatura dei fondali e degli habitat costieri e marini di interesse conservazionistico”.

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Coordinamento editoriale Portale InSic.it -redattore giuridico

Laurea in Giurisprudenza in Diritto europeo (LUISS Guido Carli 2006) e Master in “Gestione integrata di salute e sicurezza nell’evoluzione del mondo del lavoro” INAIL-Sapienza (I° Ed. 2018-19).
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Antonio Mazzuca

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