Beni culturali

Edifici sottoposti a tutela aperti al pubblico: la nuova Regola Tecnica Verticale

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È stata pubblicata, in data 10 Luglio 2020, la Regola Tecnica Verticale V.10 – Norme Tecniche di prevenzione incendi per gli edifici sottoposti a tutela ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre biblioteche e archivi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
La difficoltà di applicazione delle preesistenti normative, ha condotto spesso in passato, a ricorrere all’utilizzo della procedura della deroga.
Attualmente, sono moltissimi gli edifici tutelati, aperti al pubblico nei quali sono gestite strutture museali, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi, che non sono ancora adeguati alle norme antincendio.
Nell’articolo viene data una lettura ragionata sia della RTV che delle soluzioni conformi indicate che rendono applicabile l’insieme delle metodologie previste dal Codice anche per queste strutture.

In questo articolo:

Musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi: qual era la normativa precedente?
Perché la normativa preesistente era di difficile approvazione?
Beni tutelati e prevenzione incendi: quali soluzioni alternative, FSE e soluzioni conformi?
Cosa dice il D.M. 10 luglio 2020?
Applicazione del Codice all’attività 72
Attività, aperte al pubblico, soggette all’applicazione del D.P.R. 151/11: in arrivo nuova RTV
Gestire il rischio di incendio negli edifici sottoposti a tutela, aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre biblioteche e archivi
Conclusioni

Nell'articolo

Musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi: qual era la normativa precedente?

Prima dell’entrata in vigore della regola tecnica verticale V.10, la sicurezza antincendio di musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi veniva assicurata attraverso l’applicazione del decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali di concerto con il Ministro dell’interno 20 maggio 1992, n. 569, e al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1995, n. 418.
Si tratta di provvedimenti che, anche se datati, risultavano, specialmente se rapportati al tempo, piuttosto flessibili rispetto alle altre regole tecniche tradizionali di tipo prescrittivo e vedevano già il ricorso alla gestione come una importante misura che, se correttamente progettata, può aiutare ad affrontare tutta una serie di particolarità, vincoli, limitazioni, che gli edifici storici presentano per loro natura.

Perché la normativa preesistente era di difficile approvazione?Nel passato si sono verificate una serie di difficoltà di applicazione delle norme sopra citate, che hanno portato alla necessità di ricorrere spesso alla procedura di deroga; di fatto, allo stato attuale, sono moltissimi gli edifici tutelati, aperti al pubblico nei quali sono gestite strutture museali, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi che di fatto non risultano ancora adeguati alle norme antincendio.
In questo contesto si inserisce la regola tecnica verticale V.10, che rende applicabile l’insieme delle metodologie previste dal Codice anche per queste strutture.

Beni tutelati e prevenzione incendi: quali soluzioni alternative, FSE e soluzioni conformi?

Il Codice presenta una metodologia di progettazione innovativa, più flessibile delle tradizionali regole tecniche di tipo prescrittivo; il sistema è stato sviluppato per permettere l’analisi non solo con strumenti estremamente flessibili, come le soluzioni alternative o l’ingegneria antincendio (o FSE, metodologia di valutazione “su misura”, particolarmente adatta agli edifici tutelati), ma anche attraverso un insieme semplificato di “soluzioni conformi” che, anche se prescrittive, permettono non un solo, ma un insieme di possibili approcci, utilizzando in modo alternativo ma integrato sistemi di protezione passiva, attiva, gestionali.
In pratica utilizzando le soluzioni conformi previste dal Codice si hanno a disposizione più opzioni prescrittive, in modo da ridurre le soluzioni in deroga, rendendo più flessibile ed adattabile alle limitazioni esistenti anche una progettazione semplificata.
Questo risulta particolarmente utile nel caso degli edifici storici sottoposti a tutela, che per loro natura devono essere preservati e conservati e che quindi presentano una serie di vincoli tali da rendere difficilmente applicabili le tradizionali regole tecniche.

Cosa dice il D.M. 10 luglio 2020?

Nella breve parte di articolato del provvedimento vengono definiti alcuni importanti punti:
Art. 2 – Campo di applicazione
“Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare agli edifici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi, di cui all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, ivi individuate con il numero 72, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero a quelle di nuova realizzazione.”

Applicazione del Codice all’attività 72

Viene quindi chiarito, anche con riferimento all’art. 3, che il Codice è direttamente applicabile, attraverso le indicazioni integrative contenute nella V.10, all’attività n. 72, limitatamente agli edifici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi;
Da un lato, quindi, la V.10 non è applicabile a musei, gallerie, esposizioni, mostre, biblioteche e archivi realizzati in palazzi non tutelati; d’altro canto al punto n. 72 dell’allegato al D.P.R. 151/11 vengono indicate come soggette a progetto e SCIA antincendio anche tutte le altre attività contenute nell’elenco stesso che si realizzano in un edificio sottoposto a tutela aperto al pubblico.

Attività, aperte al pubblico, soggette all’applicazione del D.P.R. 151/11: in arrivo nuova RTV

In altre parole al punto 72, oltre a musei, esposizioni, biblioteche ed archivi, (per i quali tra l’altro non viene più indicata una superficie minima per l’esclusione) sono ricomprese anche tutte le attività, aperte al pubblico, che siano soggette all’applicazione del D.P.R. 151/11.
Per queste ultime è in fase di sviluppo ed approvazione una ulteriore regola tecnica verticale, che, congiuntamente alla V.10, renderà direttamente applicabile il Codice all’insieme delle attività ricomprese al punto 72.
All’art. 2 viene inoltre indicato al comma 2: “Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare alle attività di cui al comma 1 in alternativa alle specifiche norme tecniche di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali di concerto con il Ministro dell’interno 20 maggio 1992, n. 569, e al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1995, n. 418.”

Applicazione volontaria del Codice e Regola tecnica Verticale per beni tutelati

Il Codice e la V.10 sono pertanto oggi applicabili volontariamente; in alternativa è possibile continuare ad utilizzare le tradizionali regole tecniche di tipo prescrittivo, come per tutte le altre attività che ne sono dotate, mantenendo il cosiddetto “doppio binario”.
All’art. 4 viene infine definita l’entrata in vigore della V.10, indicata dopo il trentesimo giorno dalla pubblicazione.

Gestire il rischio di incendio negli edifici sottoposti a tutela, aperti al pubblico, destinati a contenere musei, gallerie, esposizioni, mostre biblioteche e archivi

Per gli edifici tutelati si rende necessario cercare di gestire il rischio di incendio, che in moltissimi casi è stato responsabile di gravi danneggiamenti o addirittura della perdita di edifici storici, assieme alla esistenza dei vincoli di tutela, alla estrema eterogeneità delle tipologie edilizie, a esigenze di utilizzo e progettuali a volte in contrasto tra di loro, ma soprattutto alla loro irriproducibilità e unicità.
Si tratta quindi di cercare di conciliare una maggiore flessibilità, proprio per le limitazioni collegate ai vincoli esistenti, con la necessità di salvaguardare, per il loro pregio, gli immobili ed i loro contenuti.
Di seguito, verranno analizzate punto per punto le indicazioni della V.10 che, come per tutte le regole tecniche verticali (RTV) che fanno parte del Codice di prevenzione incendi, forniscono indicazioni solo sui punti che devono essere variati rispetto alle richieste più generali della Regola tecnica orizzontale del Codice (RTO).

V.10.1 – Campo di applicazione della Regola tecnica verticale V.10


Come già accennato è degno di nota il requisito dell’apertura al pubblico, così come quello della tutela che deve essere disposta ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42.

Regola tecnica V.10.2 – Definizioni

Vengono riportate le definizioni di bene tutelato, museo o galleria, esposizioni o mostre, biblioteche ed archivi. Viene anche evidenziato che la tutela, in certi casi, può estendersi, oltre che all’edificio, anche a eventuali arredi di interesse culturale come mobili, tendaggi, rivestimenti…
In tutte le definizioni ricorre la caratteristica di strutture “destinate permanentemente” agli utilizzi sopra riportati, cosa anche ribadita nella nota posta alla fine del paragrafo:
“Nota: dal campo di applicazione della presente RTV sono escluse le attività temporanee collocate in opere da costruzione non permanentemente dedicate alle attività di cui al paragrafo V.10.1, per le quali la presente RTV può comunque costituire un utile riferimento”.

Regola tecnica V.10.3 Classificazioni – Definizioni

Le aree dell’attività sono così classificate:
TA: locali aperti al pubblico dedicati a sale espositive, sala lettura, sala di consultazione e relativi servizi (ad esempio: biglietteria, guardaroba, Bookshop, caffetteria, sala fotocopie, ecc.);
TC: aree non aperte al pubblico, adibite ad uffici e servizi, di superficie > 200 m²;
TM: depositi aventi superficie lorda > 25 m² e carico di incendio specifico qf > 600 MJ/m²;
TK1: locali ove si detengano o trattino sostanze o miscele pericolose o si effettuino lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione; locali con carico di incendio specifico qf > 1200 MJ/m² (ad esempio: laboratori restauro, officine, falegnamerie, ecc.);
TK2: deposito beni tutelati;
TO: locali con affollamento > 100 persone (ad esempio: sala conferenze, sala didattica, ecc.);
TT: locali in cui siano presenti quantità significative di apparecchiature elettriche ed elettroniche, locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio (ad esempio: centri elaborazione dati, sala server, cabine elettriche, ecc.);
TZ: altre aree non ricomprese nelle precedenti, anche accessibili al pubblico con particolari condizioni e limitazioni di accesso (ad esempio: zone ipogee, torri, sottotetti, ecc.).

Regola tecnica V.10.4 – Valutazione del rischio antincendio

Viene ribadito che si applica la metodologia di cui alla sezione G.2 ed i profili di rischio determinati secondo la metodologia descritta nella sezione G.3.
La valutazione del rischio viene quindi svolta secondo le indicazioni più generali della RTO e di solito, per i compartimenti aperti al pubblico, si potrà avere profilo di rischio B2 o B3; solo in caso di particolari collezioni museali ci potrà essere presenza di liquidi infiammabili (ad esempio musei naturalistici con esemplari conservati sotto alcool o simili); compartimenti diversi potranno avere profili di rischio distinti.

Regola tecnica V.10.5 – Strategia Antincendio

Come già accennato si devono applicare le indicazioni più generali della RTO, tranne che per le indicazioni complementari o sostitutive delle soluzioni conformi previste dalla V.10 diverse dai corrispondenti livelli di prestazione della RTO.
Restano valide le prescrizioni per le aree a rischio specifico (V.1) e quelle indicate da altre RTV, ove pertinenti (esempio – uffici sopra a 300 persone e Museo).

Regola tecnica V.10.5.1 – Reazione al fuoco

Vengono richiesti da un lato materiali appartenenti almeno al gruppo GM2 di reazione al fuoco nelle vie d’esodo verticali, nei percorsi d’esodo (ad esempio corridoi, atri, filtri, …) e negli spazi calmi, rendendo più severe le prescrizioni minime previste dalla RTO; d’altro canto viene ovviamente ammessa la possibilità di non verificare i requisiti di reazione al fuoco dei beni tutelati, compresi i beni costituenti arredo storico tutelato (librerie, cassettonati, tendaggi, poltrone, mobilio).

Regola tecnica V.10.5.2 – Resistenza al fuoco

La resistenza al fuoco delle strutture viene spesso considerata erroneamente garantita negli edifici storici dalla presenza di muratore di forte spessore e di solai voltati; in effetti però quasi sempre si trovano solai e il tetto con struttura portante in legno, che di fatto possono creare forti criticità.
L’adeguamento ad una classe di resistenza al fuoco può quindi risultare complesso o, in certi casi, addirittura impossibile.
La V.10 fornisce delle indicazioni ad hoc, richiedendo una classe minima di resistenza al fuoco pari a 30 per i piani fuori terra e pari a 60 per gli interrati.
Ove però la natura di bene tutelato non renda possibile l’adeguamento o la determinazione della classe di resistenza al fuoco richiesta, per le aree TA, TC e TO viene richiesta la riduzione del carico di incendio (qf,d) al di sotto dei 200 MJ/m2 (escludendo gli elementi strutturali portanti combustibili e i beni tutelati), garantendo però un livello di prestazione III per il sistema di gestione delle sicurezza antincendio.
Ovviamente in questo caso il rischio viene bilanciato da un basso carico di incendio aggiuntivo e da un livello avanzato di gestione della sicurezza antincendio.

Regola tecnica V.10.5.3 – Compartimentazione

La compartimentazione è sicuramente una delle criticità in un edificio tutelato; la diffusione di un incendio che si verifica ad un piano basso viene facilitata da scale aperte e da comunicazioni verticali quali camini, cavedi e simili, sempre numerosi negli edifici storici.
D’altro canto non sempre è possibile intervenire inserendo nuove chiusure o partizioni, anche se un attento studio storico di un edificio tutelato porta di solito a scoprire che nella maggior parte dei casi esistono certamente aree e volumi originali e non modificabili, ma anche zone rimaneggiate nel tempo, dove la locale sovrintendenza può ammettere certe modifiche.
La V.10 fornisce a questo proposito una serie di indicazioni.
Le aree TA (Locali aperti al pubblico) e TO (Locali con affollamento superiore a 100 persone) non possono essere ubicati a quote interrate inferiori a -5 m; per queste aree, così come per l’area TC (Uffici sopra a 200 m2) non sono richiesti requisiti aggiuntivi di compartimentazione rispetto al Capitolo S.3 della RTO.
Le aree di deposito (TM e TK2), le aree TK1 (locali con alto carico di incendio o lavorazioni particolari che possono coinvolgere l’uso di infiammabili – laboratori di restauro, officine, falegnamerie etc.) e le aree TT (cabine elettriche, centri elaborazione dati, sala server etc.) devono invece essere di tipo protetto, con una classe minima di resistenza al fuoco pari a quella definito al punto precedente; per le aree diverse (TZ) si dovrà procedere secondo le risultanze della valutazione del rischio.
Al comma 3 viene indicata la possibilità di avere comunicazioni multipiano fino ad una quota massima di 18 m (invece dei 12 m previsti nel paragrafo S.3.6.2 della RTO); questo in considerazione del fatto che in genere le altezze di interpiano di un edificio tutelato sono maggiori (anche molto maggiori) di quelle presenti in un edificio ordinario.
È poi fatto comune avere la presenza, in un edificio tutelato, di varie comunicazioni, anche non necessariamente pertinenti; al comma 4 vengono ammesse comunicazioni con altre attività civili anche se afferenti a diversi responsabili ed in assenza di necessità funzionali.
Nel caso in cui le comunicazioni avvengano attraverso un sistema di esodo comune vengono richieste semplici compartimentazioni di tipo protetto per profili di rischio A1, A2, B1 e B2 mentre saranno necessarie compartimentazioni a prova di fumo negli altri casi (si pensi, ad esempio, a ambienti museali inseriti in complessi ospedalieri).

Regola tecnica V.10.5.4 – Esodo

L’analisi dei motivi di deroga alle tradizionali regole tecniche di tipo prescrittivo riguardava in molti casi la prescrizione di percorsi di esodo di larghezza minima di 90 cm, nonché la presenza di scale con gradini di pedata ed alzata non regolari o variabili.
Il Codice permette, ad oggi, soluzioni più flessibili in funzione degli ambienti serviti, arrivando in certe condizioni a valori minori (tabella S.4-28 della RTO); vengono quindi confermate le soluzioni conformi già previste, con alcune aggiunte legate ancora una volta alle peculiari caratteristiche e limitazioni degli edifici tutelati, nonché alle esigenze della loro conservazione.
Le soluzioni conformi che favoriscono la soluzione delle difficoltà riscontrate negli adeguamenti sono applicabili con delle condizioni aggiuntive:
Altezze = 1,8 m lungo le vie d’esodo
Tutte le combinazioni di alzata e pedata dei gradini delle scale previste nel capitolo S.4
Variazioni di alzata e pedata dei gradini della medesima rampa
Larghezza minima = 800 mm per ciascun percorso delle vie di esodo orizzontali o verticali [1]
[1] Le larghezze minime per le vie d’esodo orizzontali < 800 mmm della Tabella S.4-28 (capitolo S.4) possono essere applicate ai varchi da ambiti serviti con i criteri previsti.

Le condizioni aggiuntive che permettono l’applicazione della tabella V.10-3 richiedono che:
In tutti i percorsi di esodo (verticali, corridoi, atri, filtri, spazi calmi, vengano posti in opera materiali con elevate caratteristiche di reazione al fuoco (Gruppo GM0 -praticamente incombustibili- o GM1), con l’esclusione di eventuali arredi, rivestimenti etc. tutelati;
in corrispondenza delle criticità venga raddoppiato l’illuminamento di sicurezza minimo;
siano previste specifiche misure gestionali (informazione agli occupanti, segnaletica, opuscoli, planimetrie ma anche con il possibile utilizzo di tecnologie informatiche quali applicazioni per smartphone o tablet, oggi abbastanza diffuse come guida per le visite).
Al comma 2 viene ammessa la presenza, lungo le vie di esodo, anche di porte non facilmente identificabili ed apribili da parte di tutti gli occupanti, a condizione che siano mantenute costantemente aperte durante l’esercizio.
Infine, al comma 3 viene ammessa, per i profili di rischio Rvita B1, B2 e B3 la possibilità di raggiungere il numero massimo di 100 presenze (invece delle 50 prescritte dalla RTO), adottando un sistema di gestione della sicurezza antincendio di livello di prestazione III, e ferme restando le limitazioni della lunghezza del percorso massimo ammissibile per i presenti.

Regola tecnica V.10.5.5 – Gestione della sicurezza antincendio

La parte gestionale assume per questo tipo di attività una importanza fondamentale, e deve diventare di fatto parte integrante della progettazione di sicurezza.
Ad integrazione delle soluzioni conformi previste dalla RTO deve essere attuato quanto riportato nella tabella V.10-4 “Requisiti aggiuntivi per la GSA” (pubblicata su Antincendio settembre 2020 pag. 81).
Sarà sempre necessario nominare il coordinatore dell’unità gestionale GSA (anche nel caso di GSA di livello II) e assicurare le misure di sicurezza necessarie in presenza di eventuali cantieri temporanei e mobili; non va dimenticato che la maggior parte dei grandi incendi che si sono verificati negli ultimi anni negli edifici storici sono in qualche modo collegati alla presenza di cantieri.
Verificare la disalimentazione degli impianti elettrici al di fuori dell’orario di lavoro, la presenza di una segnaletica di sicurezza adeguata, un controllo sui possibili impedimenti alle vie di esodo e soprattutto un sistema di controllo dei lavori a caldo sono provvedimenti che si possono fare praticamente a costo zero ma di grande efficacia.
In caso di cantieri si tende spesso a disattivare temporaneamente gli impianti di sicurezza, ma anche a creare accumuli di materiale, spesso combustibile, derivante dalle demolizioni o viceversa da mettere in opera (nuovi rivestimenti e pannelli combustibili, pavimenti, oli e altri liquidi combustibili per il trattamento etc.); si tratta di aspetti da ben valutare, assieme alla presenza di personale esterno che spesso non comprende la criticità di lavorare in un edificio tutelato.
Sempre nella tabella V.10-4 viene anche introdotto l’obbligo per il responsabile dell’attività di sviluppare il piano di limitazione dei danni, una importante integrazione alla pianificazione di emergenza.
Il piano di limitazione dei danni contiene misure e procedure per la salvaguardia dell’edificio e dei beni tutelati in esso presenti, da mettere in atto in caso di incendio, e deve individuare:
a. i soggetti, adeguatamente formati, incaricati dell’attuazione delle procedure in esso contenute;
b. la distribuzione qualitativa e quantitativa dei beni tutelati presenti;
c. le procedure di allontanamento dei beni dettagliando, ove possibile, anche le priorità di evacuazione e specifici provvedimenti per la rimozione e il trasporto presso i luoghi di ricovero;
d. gli eventuali luoghi di ricovero dei beni rimossi in caso di emergenza, con particolare riferimento alle condizioni di sicurezza e di conservazione degli stessi;
e. le procedure per la protezione in loco dei beni inamovibili o difficilmente spostabili;
Nota: Ad esempio: copertura con materiali di protezione, puntellamenti, riadesioni di parti staccate, barriere contro schegge …
f. le eventuali restrizioni nell’utilizzo di sostanze estinguenti.
Nota: Ad esempio: zone in cui è necessario evitare o limitare l’uso di acqua per minimizzare i danni ai beni tutelati in esso contenuti …

Si tratta di una significativa innovazione, che per la prima volta prende in considerazione l’importanza delle collezioni contenute nei musei, esposizioni, gallerie, biblioteche. Al punto V.10.5.5.1 vengono esplicitati in modo piuttosto chiaro almeno i punti principali; un’importante estensione del piano di limitazione dei danni potrebbe essere quello di collegare le procedure con l’intervento dei soccorsi, ed in particolare dei VV.F.
Poter disporre delle informazioni richieste in caso di intervento risulta davvero importante per il Vigili del fuoco, al fine di poter intervenire in modo più selettivo ed efficace, riducendo il danno secondario che, mai come in questo caso, va evitato per quanto possibile.
Altro aspetto gestionale molto importante richiamato tra gli obblighi per il responsabile dell’attività è quello di mantenere i sottotetti (aree TZ) liberi da materiale di ogni genere.
Il sottotetto costituisce una zona particolarmente critica per gli edifici storici, sia per la tendenza ad accumularvi i materiali più vari, sia per la presenza, in genere, delle strutture portanti della copertura in legno.
Un incendio che si sviluppa ai piani bassi di un edificio storico, riesce in genere a trovare vie di comunicazione (camini, cavedi) verso il sottotetto; una volta raggiunta quell’area è davvero complesso per i soccorritori intervenire (si dovrebbe tagliare parte della copertura) e si rischia di perdere completamente l’edificio.
Viene anche data la possibilità di poter gestire i complessi requisiti di accesso previsti dalla RTO per il centro di gestione delle emergenze (necessario tranne che nelle piccole strutture – S.5.7.6) prevedendo una ridondanza in compartimenti diversi qualora non sia realizzabile l’accesso dall’esterno.
Infine, in caso di attività con sistemi di esodo comuni rispetto ad altre attività, viene richiesto obbligatoriamente la GSA di livello III (cap. S.5).

Regola tecnica V.10.5.6 – Controllo dell’incendio

Un ulteriore tipico motivo per la richiesta di deroga alle tradizionali regole tecniche prescrittive riguarda l’obbligo della realizzazione di una rete idranti, considerata a torto o a ragione possibile fonte di danno in caso di guasto o di utilizzo, accidentale, inopportuno o incauto.
In questo caso si fa riferimento ai livelli di prestazione individuati dalla sezione S.6 della RTO, con la possibilità di non tenere conto del contributo degli elementi strutturali portanti combustili e dei beni tutelati presenti nella determinazione del carico di incendio specifico qf.
Questo può comportare, in certe condizioni, la accettabilità del livello II di prestazione, che prevede la presenza di soli estintori.
In ogni caso viene ribadita la necessità di scegliere gli agenti estinguenti in considerazione della compatibilità degli stessi son i beni tutelati presenti; un estintore a polvere, per esempio, non è certo adatto ad una sala in cui siano presenti pareti affrescate; un utilizzo inopportuno, un guasto, ma anche un uso scorretto in caso di incendio che potrebbe portare il getto dell’estintore a colpire le pareti produrrebbe un effetto sabbiatura delle superfici, con danni anche irreparabili per gli affreschi presenti.
Per le attività di dimensione maggiore, con superficie lorda > 400 m2 (va ricordato che non esiste un limite inferiore di superficie che esenti dall’applicazione del punto n. 72 dell’allegato al D.P.R. 151/11), viene richiesta la realizzazione di un sistema di inibizione, controllo o estinzione dell’incendio (ad esempio Sprinkler, Water Mist etc.) nelle seguenti aree:
a) TK1 (locali ove si detengano o trattino sostanze o miscele pericolose o si effettuino lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione; locali con carico di incendio specifico qf > 1200 MJ/m2);
b) TK2, limitatamente ai depositi di beni tutelati combustibili;
c) TZ, limitatamente ai sottotetti con struttura portante combustibile che non costituiscono compartimento autonomo.

Anche in questo caso, oltre a richiedere una maggiore garanzia sugli ambiti con sostanze pericolose o alto carico di incendio e su quelli con presenza di beni tutelati combustibili, viene data l’indicazione di proteggere comunque il locale del sottotetto, nel caso in cui non ne sia possibile la compartimentazione; in caso di assenza di una struttura resistente al fuoco l’incendio avrebbe la possibilità di raggiungere il volume al di sotto della copertura, attraverso le più varie comunicazioni dai piani bassi, mettendo in crisi la sopravvivenza della struttura.

Regola tecnica V.10.5.7 – Rivelazione ed allarme

Viene richiesto che l’attività sia dotata in ogni caso di misure di rivelazione ed allarme (capitolo S.7) di livello di prestazione IV; le funzioni secondarie previste nella sezione S.7 della RTO dovranno essere realizzate se pertinenti e secondo le risultanze della valutazione del rischio; questo vale anche per attività con superficie lorda inferiore ai 400 m2.

Regola tecnica V.10.5.8 – Controllo di fumi e calore

Per il dimensionamento delle aperture di smaltimento (capitolo S.8) il valore del carico di incendio specifico qf può non tenere conto del contributo degli elementi strutturali portanti combustibili e dei beni tutelati presenti.

Regola tecnica V.10.5.9 – Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio

Oltre a quanto richiesto dal capitolo S.10 (impianti progettati, installati, verificati, eserciti e manutenuti a regola d’arte) viene prescritto al primo e unico comma della sezione che I gas refrigeranti negli impianti di climatizzazione e condizionamento inseriti in aree TA (Locali aperti al pubblico) e TO (Locali con affollamento superiore a 100 persone) siano classificati A1 o A2L secondo ISO 817.

Conclusioni

La regola tecnica verticale V10 costituisce una moderna e flessibile alternativa alle tradizionali regole tecniche di tipo prescrittivo (decreto 20 maggio 1992, n. 569, e D.P.R. 30 giugno 1995, n. 418).
Il progettista viene guidato attraverso una serie di soluzioni conformi che vanno ad integrare o sostituire, come tipico delle regole tecniche verticali, quanto prescritto dal Codice di prevenzione incendi; queste soluzioni sono state studiate considerando le più comuni (e numerose) richieste di deroga alle regole tecniche tradizionali, in modo da poterne ridurre il numero, migliorando la linearità del processo di messa a norma di queste complesse attività.
L’utilizzo del Codice di prevenzione incendi apre al progettista una maggiore flessibilità, attraverso la possibilità di utilizzare un insieme di soluzioni conformi, prescrittive, facili da utilizzare. In ogni caso, prima di ricorrere a soluzioni in deroga il Codice offre sempre la possibilità di ricorrere alla soluzione alternativa.
Allo stesso tempo sono state inserite una serie di importanti novità quali quella di porre maggiore attenzione al rischio legato agli incendi nel sottotetto, alla scelta delle sostanze estinguenti, e alla progettazione di una gestione della sicurezza antincendio che affronta anche il problema dei contenuti tutelati con il nuovo piano di limitazione dei danni.

Redazione InSic

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