Resistenza al fuoco: la normativa di riferimento

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Resistenza al fuoco: ripercorriamo l’evoluzione delle norme antincendio e di progettazione strutturale a freddo, al fine di poter descrivere il cambiamento dei requisiti di sicurezza degli elementi strutturali esposti al fuoco, unitamente alle finalità che l’ingegneria antincendio si prefigge di raggiungere.

Circolare n. 91 del 1961: il requisito di resistenza al fuoco

Il requisito di resistenza al fuoco delle strutture compare per la prima volta nella Circolare n. 91/61 “norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile”. Tale novità era dovuta ad un impiego elevato di elementi costruttivi in acciaio in edilizia che imponeva una normazione specifica al fine di garantire una adeguata stabilità agli edifici in caso di incendio. Il metodo principale seguito dalla norma si basa sul concetto che un edificio deve resistere all’incendio senza collassare. Il livello di protezione degli elementi costruttivi in acciaio cambia principalmente in relazione:
? alla quantità di materiale combustibile contenuto nell’edificio;
• alla destinazione d’uso degli ambienti;
• al numero ed ubicazione delle uscite di sicurezza;
• alla propagazione dell’incendio in altri edifici circostanti;
• ai tempi di arrivo delle squadre di soccorso.

D.M. 9 marzo 2007: il calcolo della resistenza al fuoco

Il D.M. 9 marzo 2007 “prestazione di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, ha abrogato la Circolare n.91/61, introducendo molte variazioni per il calcolo della resistenza al fuoco. Tale norma, pur mantenendo una similitudine alla Circolare n.91/61 per quanto riguarda il calcolo del carico di incendio ai fini poi della determinazione della resistenza al fuoco, introduce novità sulle scelte che il progettista deve effettuare per quanto riguarda “il livello di prestazione” da garantire alla specifica struttura, salvaguardando i valori minimi di resistenza al fuoco in relazione alle specifiche caratteristiche dello stabile oggetto di esame.

I livelli di prestazione

Le prestazioni richieste ad un edificio, in relazione agli “obbiettivi di sicurezza”, sono distinte secondo i sottoelencati livelli:
Livello I: nessun requisito specifico di resistenza al fuoco (perdita requisiti accettabile o rischio di incendio trascurabile).
Livello II: mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente all’evacuazione degli occupanti in luogo sicuro all’esterno della costruzione.
Livello III: mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo con la gestione dell’emergenza.
Livello IV: requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell’incendio, un limitato danneggiamento della costruzione.
Livello V: requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell’incendio, il mantenimento della totale funzionalità della costruzione stessa. Il livello di prestazione I è applicabile unicamente a quelle strutture non ricadenti tra le attività soggette ai Vigili del fuoco. Per il livello II non è necessario il calcolo del carico di incendio in quanto, se l’immobile è ricompreso in specifici parametri previsti dalla norma, la classe di resistenza al fuoco da garantire risulta:
30 per costruzioni ad un piano fuori terra, senza interrati;
60 per costruzioni fino a due piani fuori terra e un piano interrato. Il progettista se lo ritiene opportuno, può determinare classi di resistenza inferiore se compatibili con il livello III di prestazione, applicabile a tutte le costruzioni ricadenti nel campo di applicazione del succitato decreto ad esclusione di quelle rientranti nelle categorie IV e V.

Infine, il decreto consente al progettista di elaborare un progetto seguendo l’approccio prestazionale basato sulle curve naturali di incendio verificando la capacità portante e/o la capacità di compartimentazione, nei confronti dell’azione termica applicata per l’intervallo di tempo necessario al ritorno alla temperatura ordinaria.

Determinazione del requisito di resistenza al fuoco

Circolare n. 91 del 1961
Dopo aver definito la classe di resistenza al fuoco del compartimento, la Circolare n.91 con l’ausilio di apposite tabelle, permetteva di determinare gli spessori dei materiali di ricoprimento delle strutture al fine di soddisfare il requisito di resistenza al fuoco stabilito. Gli spessori dei materiali di ricoprimento (indicati nelle tabelle) sono stati determinati mediante prove in forno dell’elemento costruttivo sollecitato a carico ammissibile.
Le tabelle contenute nella Circolare non riportano alcun rivestimento protettivo per le strutture in acciaio dove la classe richiesta è R15.

D.M. 16 febbraio 2007
Il D.M. 16 febbraio 2007 introduce diversi cambiamenti, sia per la classificazione della resistenza al fuoco delle strutture e sia per l’individuazione di tali valori; infatti sono inclusi nuovi fattori di classificazione oltre alla capacità portante R, alla tenuta E e all’isolamento I: l’irraggiamento W, la stabilità meccanica M e la tenuta al fumo S. Le prestazioni di resistenza al fuoco dei prodotti e degli elementi costruttivi possono essere identificate in base ai risultati di:
prove (il D.M. rinvia alla norma specifica che le regolamenta);
calcoli (il D.M. rinvia alla norma specifica che le regolamenta);
confronti con tabelle.
Confrontando le tabelle della Circ. n.91/61 con quelle del D.M. 16/02/2007 si può constatare l’introduzione del fattore di sezione S/V, che assume un ruolo essenziale in quanto regolando la velocità di riscaldamento di un elemento in acciaio esposto al fuoco, condiziona la velocità d’ingresso del calore. Tale aspetto è dovuto all’aumento di calore che è direttamente proporzionale all’area esposta all’incendio e la velocità di riscaldamento è inversamente proporzionale alla capacità termica dell’elemento.

Evidenze delle modifiche apportate dalla normativa vigente

Il calcolo del carico d’incendio è sostanzialmente rimasto invariato con l’unica differenza che prima era espresso in “kg legnaS/mq”, mentre ora si misura in “MJ/mq”. Il calcolo del carico di incendio specifico viene determinato in entrambe le norme con lo stesso procedimento, ma con diversi coefficienti.
Per i differenti coefficienti che consentono di passare dal carico di incendio di progetto a quello specifico, il D.M. 9 marzo 2007 risulta più restrittivo della Circ. n.91/61, in quanto in molti casi a parità di materiali presenti, dimensioni dell’edificio, caratteristiche di accessibilità e di impianti di spegnimento e allarme, è più elevata la richiesta di resistenza al fuoco.
Tale differenza incide al massimo facendo cambiare di una classe il requisito richiesto. A parità del valore della resistenza al fuoco, determinato con le due normative, con uguale classe, emerge che ne derivano differenti modalità per garantire tale requisito dovute in particolare all’introduzione del fattore S/V.

Classe R15

La capacità portante dei componenti strutturali di un edificio, determinata ai sensi della Circolare n.91/61, pari a 15 minuti, risulta sempre garantita indipendentemente dalla forma e dimensione de gli stessi senza prevedere nessun intervento.
Tale presupposto si colloca sul principio che l’acciaio riduce le sue proprietà meccaniche con il graduale aumento della temperatura all’interno dell’elemento, e poiché nella progettazione “a freddo” si ricorre all’impiego dei coefficienti di sicurezza, è presumibile che la struttura sia sollecitata al 50-70% dei carichi che la condurrebbero al collasso.
Sussiste infatti un intervallo di tempo in cui la struttura, pur diminuendo la sua sezione resistente, non dissipa la sua capacità portante. La medesima analisi si può rilevare dai contenuti del D.M. 16 febbraio 2007 che indica i requisiti necessari per garantire la stabilità meccanica degli elementi a partire dalla classe R30.
Nel D.M. 16 febbraio 2007 non essendo indicate le protezioni delle strutture in acciaio, i cui elementi assicurino una resistenza al fuoco R15, non emerge la garanzia che tali strutture possano resistere per 15 minuti. In pratica è il progettista che ha la facoltà di scegliere se applicare il livello di prestazione II, ovvero garantire una resistenza R30, oppure il livello di prestazione III mediante l’uso di procedure codificate dal D.M. 9 marzo 2007, che preclude la certificazione degli elementi mediante comparazione tabellare (non previsto dal D.M. 16 febbraio 2007), ma attraverso verifica con metodo analitico

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