Impianti rinnovabili

Energia da fonti rinnovabili: la direttiva 2018/2001, gli obiettivi e l’aggiornamento

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La Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018 (in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea – L 328, 21 dicembre 2018) mira alla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

La Direttiva 2018/2001: modifiche e attuazione in Italia

Gli obiettivi della Direttiva 2018/2001

La direttiva stabilisce:

  • un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili
  • un obiettivo vincolante dell’Unione per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia dell’Unione nel 2030.
  • sostegno finanziario per l’energia elettrica da fonti rinnovabili, all’autoconsumo di tale energia elettrica, all’uso di energia da fonti rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffrescamento e nel settore dei trasporti, alla cooperazione regionale tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e i paesi terzi, alle garanzie di origine, alle procedure amministrative e all’informazione e alla formazione
  • criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa.

Il regolamento (UE) 2022/759: aggiornamento della Direttiva 2018/2001

Il regolamento (UE) 2022/759 sostituisce completamente l’allegato VII della direttiva (UE) 2018/2001: l’allegato fornisce una metodologia per calcolare l’energia rinnovabile prodotta da pompe di calore utilizzate per il riscaldamento, ma non disciplina le modalità di calcolo dell’energia rinnovabile prodotta da pompe di calore utilizzate per il raffrescamento. Ciò impedisce a tale settore di contribuire all’obiettivo generale dell’Unione in materia di energie rinnovabili (articolo 3 della direttiva (UE) 2018/2001 – vedi sotto) e rende più difficile per gli Stati membri, in particolare per quelli che registrano una quota elevata di raffrescamento nei consumi energetici, conseguire gli obiettivi per il riscaldamento e il raffrescamento e quelli per il teleriscaldamento e teleraffrescamento di cui rispettivamente agli articoli 23 e 24 di tale direttiva.

Metodologia UE per il raffrescamento da pompe di calore

La metodologia proposta dalla Commissione dovrebbe includere fattori di prestazione stagionale (Seasonal Performance Factors, SPF) minimi per le pompe di calore che funzionano a ciclo inverso, detto anche «modo di raffrescamento», fattori che dovrebbero applicarsi a tutti i sistemi di raffrescamento.

Pompe di calore e raffrescamento: come funziona?

Le pompe di calore estraggono e trasferiscono calore da un luogo all’altro. Nel caso del raffrescamento, le pompe di calore estraggono calore da uno spazio o da un processo e lo restituiscono all’ambiente (aria, acqua o suolo). L’estrazione del calore è l’essenza del raffreddamento e la funzione centrale di una pompa di calore. Poiché è in contrasto con il flusso naturale di energia, che va dal caldo al freddo, tale estrazione richiede un apporto energetico alla pompa di calore, che funge da generatore di freddo.

Fattori di prestazione stagionale minimi per il raffrescamento: a cosa servono?

La loro introduzione nella metodologia è dovuta all’importanza dell’efficienza energetica per stabilire la presenza e l’uso di energia rinnovabile da parte delle pompe di calore. Nel caso del raffrescamento, l’energia rinnovabile è la fonte di freddo rinnovabile, che può aumentare l’efficienza del processo di raffrescamento e accrescere il fattore di prestazione stagionale del raffrescamento.

Raffrescamento da fonte rinnovabile: da cosa dipende

La quantità di raffrescamento da fonti rinnovabili dipende dall’efficienza del processo di raffrescamento ed è equivalente alla quantità di calore assorbita dal pozzo caldo. Ciò equivale alla quantità di capacità di raffrescamento fornita dalla fonte di freddo.

Cosa si intende per fonte di freddo?


Per fonte di freddo si può intendere l’energia dell’ambiente o l’energia geotermica. L’energia dell’ambiente è presente nell’aria ambiente (già nota come energia aerotermica) e nell’acqua ambiente (già nota come energia idrotermica), mentre l’energia geotermica proviene dal suolo, al di sotto della crosta terrestre.

Calcolo del raffrescamento da pompe di calore: cosa escludere

Secondo la Commissione dal calcolo del raffrescamento da pompe di calore vanno escluse tutte quelle forme di raffrescamento passivo che provengono da

  • flusso naturale di energia termica senza l’intervento di un dispositivo di raffrescamento
  • La ventilazione (naturale o forzata), che consiste nell’introduzione di aria ambiente all’interno di uno spazio al fine di garantire un’adeguata qualità dell’aria interna;
  • I ventilatori sono prodotti che comprendono un ventilatore e un gruppo motore elettrico
  • L’apporto di energia del sistema di raffrescamento nei mezzi di trasporto (come automobili, camion, navi) che è in genere fornito dal motore di trasporto;

Calcolo del raffrescamento da pompe di calore: cosa includere

Secondo la Commissione la metodologia dovrebbe includere

  • un elenco di processi in cui, anziché incentivare l’uso del raffrescamento, si dà priorità alla prevenzione o al recupero del calore di scarto;
  • il fattore di prestazione stagionale calcolato in energia primaria, indicato con SPFp. SPFp è il rapporto che esprime l’efficienza dei sistemi di raffrescamento durante la stagione di raffrescamento;
  • una definizione della quota di raffrescamento erogato che può essere considerata rinnovabile

La metodologia dovrebbe garantire che,

  • per il calcolo della quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo, il gas, l’energia elettrica e l’idrogeno prodotti da fonti rinnovabili siano presi in considerazione una sola volta conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva (UE) 2018/2001.
  • si distingua tra i diversi metodi di calcolo del raffrescamento da fonti rinnovabili in funzione della disponibilità di valori standard per i parametri necessari per il calcolo, quali i fattori di prestazione stagionale standard o le ore di funzionamento equivalenti a pieno regime;
  • sia consentito l’uso di un approccio statistico semplificato basato su valori standard per gli impianti con una capacità nominale inferiore a 1,5 MW;
  • permettere agli Stati membri di effettuare i propri calcoli e le proprie indagini al fine di migliorare l’accuratezza delle statistiche nazionali al di là di quanto reso possibile dalla metodologia stabilita nel presente regolamento.

Il quadro normativo per la promozione dell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili

La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo per la promozione dell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili che fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia rinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da raggiungere entro il 2020.

  • La comunicazione della Commissione del 22 gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell’energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha poi definito un quadro per le future politiche dell’Unione nei settori dell’energia e del clima e ha promosso un’intesa comune sulle modalità per sviluppare dette politiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo dell’Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell’Unione pari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta è stata sostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri obiettivi nazionali più ambiziosi, per realizzare i contributi all’obiettivo dell’Unione per il 2030 da essi pianificati e andare oltre.
  • Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio 2014, «Un quadro per le politiche dell’energia e del clima all’orizzonte 2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti nell’ambito delle energie rinnovabili», si è spinto oltre la proposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio, sottolineando che, alla luce dell’accordo di Parigi e delle recenti riduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile essere molto più ambiziosi tenendo conto anche dell’accordo di Parigi nonché degli sviluppi tecnologici, tra cui le riduzioni dei costi per gli investimenti nell’energia rinnovabile.

Energia da fonti rinnovabili: l’obiettivo vincolante dell’UE

L’obiettivo vincolante dell’Unione in relazione alla quota di energia da fonti rinnovabili è pari almeno al 32% da valutare al rialzo alla luce di sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia rinnovabile, degli impegni internazionali dell’Unione a favore della decarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo energetico nell’Unione.
Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro contributo al conseguimento di tale obiettivo nell’ambito dei rispettivi piani nazionali integrati per l’energia e il clima in applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Secondo la Commissione: “Un obiettivo vincolante dell’Unione in materia di energie rinnovabili per il 2030 costituirebbe uno stimolo costante allo sviluppo di tecnologie in grado di produrre energia rinnovabile e creerebbe certezza per gli investitori. Un obiettivo definito a livello dell’Unione lascerebbe agli Stati membri una maggiore flessibilità nel conseguire i propri obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra nel modo più efficace sotto il profilo dei costi e più consono alle loro circostanze nazionali, al mix energetico prescelto e alle capacità di produrre energia da fonti rinnovabili”.

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Redazione InSic

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