La norma comunitaria si proponeva come interpretativa dell’art. 11 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Legge comunitaria 2008): in base alla Comunitaria 2009 il d.P.C.M. 5 dicembre 1997 (e la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici) non si applicava più ai rapporti tra privati acquirenti e costruttori di alloggi.
Il ragionamento della Corte
Secondo la Corte Costituzionale però la norma della Legge Comunitaria 2009 non è affatto interpretativa ma ha anzi un contenuto innovativo, che ha carattere retroattivo e incostituzionale, in quanto lede il legittimo affidamento fra privati.
Infatti il contenuto della «norma interpretata» l’art. 11 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Legge comunitaria 2008), era chiaro e non aveva dubbi circa l’applicabilità del d.P.C.M. 5 dicembre 1997 ai rapporti tra privati acquirenti e costruttori di alloggi sorti antecedentemente alla sua entrata in vigore.
La norma della Legge comunitaria 2009 invece, oltre a ledere il legittimo affidamento sorto nei soggetti privati, contrasta con il principio di ragionevolezza, in quanto produce disparità di trattamento tra gli acquirenti di immobili in assenza di alcuna giustificazione, e favorisce una parte a scapito dell’altra, incidendo retroattivamente sull’obbligo dei privati, in particolare dei costruttori-venditori, di rispettare i requisiti acustici degli edifici stabiliti dal d.P.C.M. 2 dicembre 1997, di attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera e), della legge n. 447 del 1995.
Di conseguenza la norma censurata viene dichiarata costituzionalmente illegittima, a causa della violazione dell’art. 3 Cost.
Il caso contestato
Il caso contestato riguardava una richiesta di risarcimento presentata dall’acquirente di un immobile nei confronti del venditore-costruttore e dell’appaltatore, per il mancato rispetto dei requisiti acustici passivi degli edifici fissati dal d.P.C.M. 5 dicembre 1997.
Tale decreto, è stato emanato in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull’inquinamento acustico), e determina i requisiti acustici passivi e quelli delle sorgenti sonore interne agli edifici, al fine di ridurre l’esposizione umana al rumore, e prescrive i limiti espressi in decibel che gli edifici costruiti dopo la sua entrata in vigore devono rispettare.
Sulla materia è però intervenuta dapprima, la direttiva 2002/49/CE, relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, recepita con il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194 (Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale) e, dopo la scadenza della delega prevista dall’art. 14 della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (Legge comunitaria 2003), è entrato in vigore l’art. 11 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Legge comunitaria 2008),che ha previsto una nuova delega al Governo, per integrare nell’ordinamento la direttiva citata e per assicurare l’omogeneità delle normative di settore mediante l’emanazione di uno o più decreti legislativi.
Con l’articolo 11, comma 5, della legge n. 88/2009 (Legge comunitaria 2009) veniva a prodursi una norma falsamente interpretativa, ed in realtà innovativa di quanto disposto con Comunitaria 2007! in base alla nuova interpretazione, con riferimento ai requisiti acustici passivi degli edifici, si prevedeva che «in attesa del riordino della materia, la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore, sconfessando l’interpretazione consolidata del d.P.C.M. 5 dicembre 1997 sul quale nessun dubbio è mai stato sollevato circa l’applicabilità del dpcm ai rapporti tra privati acquirenti e costruttori di alloggi.
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