Coordinatore per l’esecuzione: la sua vigilanza vale fino al collaudo

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La Cassazione Penale con sentenza n. 3809/2015 (Sez. 4, del 27 gennaio 2015) si affermata responsabilità di un coordinatore per l’esecuzione di un cantiere, in cui erano appaltatrici più imprese in subappalto, per il decesso di un operaio, nel corso delle operazioni di sistemazione e di allaccio di una struttura industriale ormai in via di completamento. Secondo la Corte il coordinatore deve assistere ogni fase della lavorazione, nessuna esclusa e fino al collaudo, comprese quelle complementari al pieno funzionamento di macchinari o strutture industriali.

Il Fatto
Durante le operazioni per la realizzazione di un nuovo impianto di laminazione oggetto di una complessa rete di appalti e subappalti a più imprese, un lavoratore di una ditta subappaltatrice era rimasto schiacciato in seguito all’accensione di un impianto in una prova di funzionamento: il lavoratore era stato incaricato insieme ad un collega, da un dipendente della ditta appaltatrice, di cambiare un tubo di gomma sotto la piattaforma del macchinario di formazione fasci; mentre eseguiva tale intervento, la macchina era stata messa in funzione e lo aveva schiacciato contro una base in ferro posta sopra la sua testa, causandone il decesso.
In appello fu ascritto al coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione nominato dalla ditta appaltante di aver omesso nel Piano di Sicurezza e Coordinamento indicazioni specifiche circa la fase di prove tecniche di impianto e di non aver previsto, per la fase di messa a punto dell’impianto, particolari disposizioni e dispositivi di prevenzione e di tutela rispetto ai rischi di infortunio benché, in quella fase, l’impianto non disponesse ancora di un sistema di protezione collettiva dei lavoratori, non fossero state messe in atto misure di sicurezza oggettive e collettive a tutela dei lavoratori, non fosse stata predisposta segregazione delle aree interessate alle prove, non vi fossero segnali che indicassero l’effettuazione delle prove, tanto meno segnali di avvertimento del pericolo, non fosse prevista, né in essere, sorveglianza degli accessi alle aree coinvolte dalle prove, basandosi il sistema di protezione dei lavoratori adottato solamente sul coordinamento delle operazioni, sulla comunicazione verbale e su una verifica visiva dell’area interessata e non più presidiata.

Il ricorso
Il ricorso per Cassazione ha riguardato l’erronea applicazione dell’art.89) lett. a) e dell’All. X d.lgs. 81/2008, ritenendo che la posizione di garanzia del coordinatore della sicurezza nella fase di esecuzione perdurasse anche dopo la cessazione del cantiere temporaneo o mobile da lui coordinato. Posto che tutte le attività lavorative elencate nell’All. X devono ritenersi assoggettate alla disciplina del Titolo IV del d. lgs. n. 81/2008 solo laddove vengano svolte all’interno di un cantiere edile o di genio civile, secondo la difesa nel caso concreto sarebbero state erroneamente ricomprese nel perimetro del cantiere temporaneo o mobile anche le attività di taratura dell’impianto effettuate dopo la conclusione dei lavori edili o di ingegneria civile. Tutti gli interventi sull’impianto di laminazione da realizzare dopo la fine dei lavori edili, si assume, rientravano nella disciplina del luogo di lavoro fisso rappresentata dall’art. 26 d. lgs. n. 81/2008, a norma del quale il committente assume la direzione di tutte le lavorazioni strettamente connesse allo svolgimento del ciclo produttivo, estranee al cantiere temporaneo o mobile e quindi alle competenze del coordinatore della sicurezza in fase esecutiva.

Secondo la Corte
Secondo la Corte l’attività di posa e regolazione delle tubazioni ed opere idrauliche era oggetto dell’appalto in quanto parte del revamping (ossia dell’intervento di ristrutturazione generale) dell’impianto di laminazione perché l’opera di ammodernamento di un impianto può dirsi completata solo ove lo stesso sia di nuovo idoneo al funzionamento, previo collaudo.
Appare, poi chiaro che il coordinatore per l’esecuzione riveste un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al dirigente, al preposto. Ed è proprio in relazione al primario compito di coordinamento delle attività di più imprese nell’ambito di un medesimo cantiere, normativamente attribuito a tale figura professionale, che deve trovare fondamento la definizione della sua posizione di garanzia nel cantiere temporaneo o mobile.
Risulta dunque, infondato l’assunto in base al quale sull’imputato non incombesse alcun obbligo di garanzia in ragione del fatto che le opere edili fossero terminate e che, con esse, fosse cessato il cantiere temporaneo da lui coordinato, posto che l’opera alla cui realizzazione il cantiere era preordinato non era stata consegnata al committente e nel cantiere si dovevano ancora svolgere attività di regolazione degli impianti strumentali alle prove di funzionamento, a loro volta preliminari al collaudo.

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Redazione InSic

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