Sono i principali risultati dell’indagine realizzata da Unioncamere Toscana ed Ance Toscana su un campione di imprese toscane maggiormente strutturate.
“Serve un rinnovato rapporto con la Pubblica Amministrazione che ponga fine ai ritardi sempre più insostenibili nei pagamenti – spiega il presidente di Unioncamere Toscana, Vasco Galgani – Un aiuto per il rilancio del settore potrebbe inoltre derivare da politiche che favoriscano, anche attraverso la concessione di finanziamenti agevolati, investimenti privati e pubblici per il risparmio energetico e/o la messa in sicurezza degli edifici. Una prima risposta a queste necessità potrebbe arrivarci attraverso il decreto del fare che ha incassato in questi giorni il sì alla Camera all’interno del quale sono annunciate agevolazioni per l’edilizia privata e l’operazione sblocca-cantieri per oltre 3 miliardi”.
Il quadro che emerge dalla rilevazione richiede, ad avviso del presidente di Ance Toscana Alberto Ricci “una azione ed un piano di politica industriale per il settore, che, a livello nazionale e regionale, punti in primo luogo alla ripresa degli investimenti pubblici anche di piccolo importo, e ad una ripresa del finanziamento delle banche verso il settore”. I due terzi delle imprese di costruzione toscane (con almeno 10 addetti) hanno rapporti lavorativi con la Pubblica Amministrazione: il 77,8% lamenta di subire ritardi nei pagamenti da parte del committente pubblico, in due casi su tre evidenziando un ulteriore peggioramento nei tempi di riscossione. Il ritardo medio di pagamento è, nel complesso, di quasi 6 mesi, ma supera i 7 mesi e mezzo considerando le sole imprese che lamentano ritardi.
Sono in particolar modo le grandi e medie imprese (almeno 50 addetti) ad interfacciarsi con la pubblica amministrazione (l’85,9% delle stesse), sia per appalti di edilizia residenziale/non residenziale che per lavori infrastrutturali: sono queste a segnalare con maggiore frequenza (nell’87,6% dei casi) un peggioramento della situazione rispetto allo scorso anno. Circa la metà delle imprese (46,8%) ha fatto domanda di credito al sistema bancario, con una propensione leggermente più accentuata fra le piccole imprese (47,1%) rispetto alle medio-grandi (42,5%). Tali percentuali risultano in diminuzione rispetto allo scorso anno, sottolineando l’esistenza di un fenomeno di “scoraggiamento” tra gli imprenditori del settore. Fenomeno da attribuire non soltanto ad un indebolimento della domanda di credito conseguente all’ulteriore marcato peggioramento del quadro economico, ma anche ad un ulteriore deterioramento nell’accesso al credito. Il 51,8% delle imprese che hanno fatto domanda di credito hanno lamentato difficoltà nell’accedere al finanziamento richiesto. Rispetto allo scorso anno, la situazione è peggiorata per il 57,8% delle imprese, mentre è rimasta invariata per il restante 42,2%. La principale difficoltà addotta dalle imprese riguarda la richiesta di maggiori garanzie da parte delle banche (56,0%), seguita dall’aumento dei tassi di interesse passivi e/o dall’aumento degli spread (nel 23,5% dei casi) e dal rifiuto parziale o totale del finanziamento richiesto (21,1%). A conferma del quadro di difficile rapporto con le banche va evidenziato un dato che emerge dalle rilevazioni Banca d’Italia: il costo del denaro per le imprese edili della Toscana è tra i più alti d’Italia, con un tasso rilevato del 9,2% a fronte di valori intorno al 7% di altre regioni.
L’analisi delle motivazioni che hanno portato le imprese a rivolgersi al sistema creditizio evidenzia una situazione di grave difficoltà: nell’86,7% dei casi la domanda di credito è infatti espressione di esigenze correnti legate allo svolgimento dell’attività produttiva ed al finanziamento del circolante. Il 28,6% delle imprese si rapporta inoltre alle banche con la volontà di ristrutturare il proprio debito, segno di una manifesta crisi aziendale in cui l’impresa chiede di ristrutturare la propria esposizione debitoria sia attraverso un allungamento delle scadenze, sia attraverso l’erogazione di nuovi fondi. Solo un’impresa su quattro (il 25,3%), fra quelle che si sono rivolte al sistema creditizio, ha invece chiesto risorse per finanziare interventi di rafforzamento della struttura aziendale ed organizzativa. Il 2013 resta in salita anche sul fronte delle dinamiche di mercato.
L’indagine rivela una situazione di grande difficoltà non soltanto nella gestione dei flussi finanziari ma anche rispetto alle dinamiche della domanda, con tratti di ulteriore e generalizzato peggioramento del mercato rispetto al 2012. Al momento non si intravedono segnali di una possibile inversione del ciclo nel breve termine. Gli imprenditori del settore esprimono infatti un diffuso pessimismo in primo luogo sul fronte del fatturato che, nel 2013, è previsto in diminuzione dal 40,1% delle imprese, contro un 4,7% che registra aspettative di aumento. Le prospettive appaiono meno negative per le imprese più strutturate (previsioni di aumento per il 17,2% delle imprese con almeno 50 addetti, solo il 3,6% per quelle fra 10 e 49 addetti). Il perdurare di una fase – ormai pluriennale – di restrizione del mercato genera inoltre un atteggiamento di crescente prudenza da parte degli operatori del settore, con ripercussioni sulla spesa per investimenti (che nel 2013 è prevista in aumento solo dal 2,6% delle imprese del settore, in diminuzione dal 24,4%) e sulle scelte inerenti le prospettive occupazionali, con solo un 1,7% di imprese che prevede di aumentare il livello dei propri organici rispetto al 2012 (di diminuire nel 25,5%).
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