Durc: la violazione contributiva pregressa non osta l’aggiudicazione

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Il Consiglio di Stato, Sez. IV, con ordinanza n. 1236 dell’11 marzo 2015, ha posto una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea per il caso riguardante l’esclusione di una società da un’aggiudicazione provvisoria di una gara d’appalto che, nel nominare una ditta esecutrice, non aveva ottenuto un esito positivo del Durc per aver corrisposto in ritardo il pagamento del premio assicurativo, e, non più sussistente al momento dell’aggiudicazione.

Il fatto
La società che aveva partecipato alla gara per l’affidamento dei servizi di pulizia, aveva indicato, sulla base dell’obbligo previsto dall’art. 38 del D.Lgs. 163/2006 che impone il possesso dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alla gara, le cooperative esecutrici nel caso in cui si fosse aggiudicata il servizio; tra queste vi era una società che dichiarava di non avere commesso violazioni gravi ovvero ostative al rilascio del DURC (ai sensi dell’art. 2 comma 2 della l. 266/2002).
La società in questione si aggiudicava la gara, rientrando così nella graduatoria provvisoria.
A seguito dei controlli di rito, però, risultava che la società esecutrice, in regime di autoliquidazione, non aveva versato la terza rata dei premi assicurativi entro la scadenza prevista, ma l’aveva fatto prima che venissero svolti i controlli.
Per questo motivo veniva negata l’aggiudicazione della gara, pertanto, la società aggiudicataria decideva di ricorrere al Tar del Lazio, per evidenziare che mancavano i presupposti per l’esclusione dalla gara e per l’escussione delle garanzie, in quanto il pagamento della terza rata del premio assicurativo, anche se in ritardo, era stato effettuato.

Il Tar aveva deciso di respingere il ricorso sostenendo che, in base all’art. 38 del D.Lgs. 163/2006, il requisito della regolarità contributiva avrebbe dovuto essere posseduto anche dalle singole consorziate esecutrici al momento della presentazione dell’offerta, per assicurare la bontà delle prestazioni ed in adesione al principio della parità di trattamento dei concorrenti, non potendo rilevare pertanto pagamenti tardivi. Veniva così evidenziata la sussistenza della violazione contributiva.
L’aggiudicataria decideva di proporre ricorso in Appello, ponendo a fondamento delle proprie pretese, la tesi che vedeva il ritardo del pagamento non come una violazione grave e definitivamente accertata e l’esistenza del debito insussistente in sede di conguaglio.
L’appello veniva respinto e così la società aggiudicataria decideva di ricorrere al Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia Europea a seguito di un’attenta analisi delle disposizioni normative nazionali ed europee e della giurisprudenza.
In primis, la Corte si è soffermata sulla direttiva europea 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, che prevede, all’art. 45, i criteri di selezione qualitativa relativi alla situazione personale del candidato o dell’offerente.
Successivamente, il Consiglio ha preso in esame la normativa nazionale, nello specifico il D.Lgs. 163/2006, il quale, all’art. 38 dispone che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti, i soggetti che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali.
Infine, la Corte ha osservato che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, l’amministrazione non può effettuare una valutazione sulla gravità o la definitività dell’inadempimento contributivo dell’operatore economico, perché è certificata esclusivamente dal DURC (cfr. Adunanza Plenaria n. 8/2012, ma anche n. 20/2013).
Quanto alla regolarità contributiva è stato più volte affermato che la stessa deve sussistere dal momento della presentazione della domanda di partecipazione alla procedura e permanere per tutta la durata della gara. Pertanto, resta irrilevante un eventuale adempimento tardivo (Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; Cons. Stato, sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531).
Infine, in una recente sentenza (Sezione V, 14 ottobre 2014, n. 5064), è stato affermato l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione anche in occasione della richiesta da parte della stazione appaltante, senza però eliminare la valenza ostativa dell’irregolarità storicamente sussistente (l’eventuale regolarizzazione sarebbe cioè sempre postuma, in violazione dei principi generali sopra enunciati).
Da tali premesse dottrinali e giurisprudenziali, la Corte ha sollevato dei dubbi circa il fatto che un’impresa in ritardo con i pagamenti dei debiti contributivi, non possa essere ammessa alla procedura anche quando le irregolarità vengono sanate prima dell’aggiudicazione.
Per le irregolarità storiche, la gara non viene aggiudicata all’impresa che offre il miglior prezzo, ma a quella che ha verificato la propria posizione contributiva e quella dei suoi partner commerciali per tempo.
Pertanto, una violazione o un semplice ritardo, comunque regolarizzato prima dell’aggiudicazione, ma dopo la presentazione dell’offerta, mina l’affidabilità dell’impresa al punto da imporne ineluttabilmente l’esclusione, nonostante il debito sia stato sanato.
Al contrario, la gara potrà aggiudicarsela l’imprenditore che, al momento dell’offerta, era in regola sulla base dei requisiti del DM 24 ottobre 2007 e che probabilmente in passato aveva sempre manifestato irregolarità e inadempienze; ciò in virtù del fatto che, in base al citato decreto, la valutazione legale delle irregolarità è qualificata come una garanzia di parità di trattamento tra i diversi operatori economici partecipanti alla gara.

Secondo la Corte, questa interpretazione si porrebbe in contrasto con l’art. 45 della direttiva 18/2004 che individua i casi di esclusione degli offerenti:
– in caso di esclusione obbligatoria, le stazioni appaltanti possono rivolgersi alle autorità competenti per ottenere informazioni sugli offerenti;
– nei casi minori è sufficiente come prova, un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro.
Nel caso in analisi, trattandosi di esclusione facoltativa, le stazioni appaltanti non avrebbero potuto richiedere il DURC, ma avrebbero dovuto pretendere al massimo che il candidato allegasse alla domanda un DURC in corso di validità, come previsto dalla direttiva europea.
In questo modo, l’inadempienza storica non avrebbe alcun rilievo, ad eccezione dei casi in cui il concorrente si rifiuti di regolarizzare.
Secondo la Corte, il controllo d’ufficio sulla situazione storica dell’impresa non si sarebbe dovuto effettuare.

Inoltre, il Consiglio ha evidenziato che in una recente direttiva UE n. 24 del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici, l’esclusione per irregolarità contributiva “non è più applicabile quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe” (art. 57 comma 2).
Per queste ragioni la Corte ha sospeso il giudizio e sollevato una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del TFUE (ex art. 234 del TCE), in relazione all’interpretazione della normativa comunitaria.

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Redazione InSic

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