Edilizia efficienza energetica negli edifici

Il risparmio energetico, le rinnovabili e il valore degli immobili nel prossimo futuro

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L’articolo passa in rassegna la storia della normativa italiana in materia di edilizia energetica e risparmio energetico. Una storia che diviene, nel tempo, una confusa attuazione di direttive europee.

Risparmio energetico degli edifici: la normativa italiana negli anni ‘70

Il processo di modernizzazione degli immobili italiani all’insegna della sostenibilità iniziò nel 1976 con la Legge n.373 (c.d. Legge Bosetti, la prima emanata in Europa sul risparmio energetico).

Norma di facile comprensione e attuazione, imponeva nella progettazione di edifici di trovare soluzioni mirate al risparmio energetico.

In questa fase l’Italia, libera da vincoli europei, di fatto è stata pioniera nell’affrontare l’esigenza del risparmio energetico; la norma era stata pensata senza imposizioni e tempi stretti di pianificazioni derivanti da direttive europee, troppo spesso incombenti e pensate per un tessuto immobiliare differente dal panorama dell’Europa continentale.

Ulteriore step importante, ancora senza l’U.E., si trova con la Legge n.10 del 1991.

Attraverso i successivi decreti di attuazione, il territorio italiano viene diviso in sei fasce climatiche e, premesse queste, si definiscono i criteri del fabbisogno energetico normalizzato (FEM) i cui parametri devono rimanere invariati indipendentemente dai diversi parametri delle fasce di riferimento.

Normativa edilizia energetica negli anni ’90

Nel 1993, dopo il trattato di Maastricht del 1992, l’Italia deve iniziare a recepire le direttive europee.

Da questo momento inizia la confusione normativa – e addirittura lessicale. I termini e le definizioni elementari del diritto privato, mai modificate nella sostanza, diventano quasi secondarie rispetto alla terminologia e ai concetti di abitabilità, salubrità e agibilità degli edifici. Da questo momento occorre fare molta attenzione sul diritto di proprietà e sul diritto di abitabilità: concetti molto diversi, ma troppo spesso confusi sia dalle disposizioni dei notariati sia dalla giurisprudenza.

Fino al 1993 per l’acquisto o per la vendita di un immobile occorreva controllare i titoli di compravendita, eventuali ipoteche da cancellare e tutta la filiera dei passaggi di proprietà anche riferiti a successioni, eredità, vincoli vari di natura condominiale e amministrativa. (Quasi) tutti questi tipi di controlli potevano essere eseguiti da un semplice notaio in autonomia, interrogando la Conservatoria dei Registri immobiliari, gli Archivi Notarili e gli Archivi dei notai che avevano stipulato in precedenza.

Questi controlli sono chiamati “titoli di provenienza immobiliare”.

I controlli sui titoli di provenienza immobiliare

Il notaio, in forza della legge 47/1985, per gli immobili realizzati prima del 1967, poteva anche non accertarsi dei titoli di preesistenza immobiliare, ovvero i titoli con i quali era stato realizzato lo stabile in cui era ricompreso l’immobile destinato alla compravendita.

Si ricorda che questa condizione riguardava la sola commerciabilità dell’immobile, ma non la sicurezza che l’immobile fosse regolare dal punto di vista edilizio-urbanistico. Comunque, di fatto, l’immobile, pure se fosse risultato irregolare, poteva essere compravenduto.

In questo caso la parte acquirente doveva essere resa edotta dalla parte venditrice sullo stato della preesistenza dell’immobile, ovvero la parte acquirente poteva controllare lo stato legittimo delle preesistenze e decidere autonomamente se acquistare oppure desistere, ovvero se affrontare procedimenti di demolizione, messa in pristino e/o operare se possibile attraverso procedure di sanatoria.

Da questo momento in poi, dopo il 1993, si comincia a fare confusione tra diritto di proprietà e abitabilità, ovvero l’attuale agibilità.

La normativa degli anni 2000 – il Decreto Legislativo 192/2005 ed il DLgs 311/2006

Circa dieci anni dopo la firma del trattato di Maastricht un primo decreto legislativo importante viene emanato in favore del risparmio energetico: il D.Lgs 192/2005. Con questo primo importante atto legislativo si introducevano, oltre ad altre imposizioni, limiti di consumo e revisioni periodiche degli impianti.

Subito dopo, nel 2006 viene emanato un altro importante decreto legislativo, il D.Lgs 311/2006.

Questo è il primo atto normativo che, in attuazione al D.Lgs 192/2005, introduce l’A.C.E. (Attestato Certificazione Energetica) che dal 2013 diviene A.P.E. (Attestato di Prestazione Energetica) attraverso il D.L. 63/2013 convertito in Legge (L. 90/2013).

Vari decreti di attuazione definiscono parametri e condizioni per elaborare l’A.P.E.

L’attestazione di prestazione energetica e gli effetti sulle compravendite

La cosa incredibile è che, confondendo abitabilità con titoli di provenienza, la norma vieta di vendere immobili, anche collabenti sprovvisti di attestazione. Per la prima volta all’art.6 comma 3 viene dichiarato:

“Nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso e nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici; copia dell’attestato di prestazione energetica deve essere altresì allegata al contratto.

Nella pratica, alcuni notai rogitano anche in assenza di certificazione, facendo dichiarare alla parte acquirente che finché non verrà prodotta la certificazione energetica l’immobile non dovrà essere abitato, ma le direttive sempre più stringenti, alla luce degli step dei provvedimenti sulle c.d. Case Green produrranno la quasi impossibilità anche della mera compravendita di un immobile da ristrutturare o collabente.

Chiaro è che, sanzioni a parte, un immobile di chiara provenienza potrà, si spera, essere sempre compravenduto, ma diventa più complesso e poco appetibile anche il mero acquisto di un immobile soggetto a tante limitazioni e che deve sottostare a troppi vincoli.

Risparmio energetico, i provvedimenti attuativi delle Direttive UE

Continuando l’analisi dei principali provvedimenti legislativi sulla base delle direttive europee in fatto di risparmio energetico, troviamo:

Nel 2007entra in vigore il D.Lgs 311/2006 che ha modificato in parte il D.Lgs 192/2005, prevedeva l’obbligo di certificazione energetica dal 2007 oltre i mq 1.000,00 e dal 2008 per tutti gli edifici che venivano compravenduti.
Nel 2009Continuano le imposizioni e le definizioni sempre più stringenti con la emanazione del DM 2009 in risposta alla E.U. 2002/91 (abrogata nel 2012). Il Ministero evita ancora di affrontare il problema sanzionatorio e punitivo per i trasgressori e risolve nel 2012 con un’autocertificazione.

Ancora, nel 2009 dall’Europa arriva la Direttiva 28 recepita con il D.Lgs 28/2011 che obbliga tutti gli edifici di nuova edificazione e di ristrutturazione pesante si doveva procedere a reperire energia per acqua sanitaria e energia termica dalle fonti rinnovabili: 20% per titoli edilizi 2012-13, 35% dal 2014 al 2016 e il 50% dal 2017.
Nel 2010 ancora interventi previsti con la Direttiva 31 del 2010 ma recepiti nel 2013 attraverso il D.L. n.63 del 2013 convertito dalla Legge 90/2013.
Nel 2012è la volta della Direttiva 27 recepita dal D.L. 102 del 2014 che in Italia prevede una riqualificazione degli edifici pubblici: prevista analisi costi-benefici per impianti con potenze superiori a 20 megawatt.
Nel 2013 i decreti di attuazione prevedevano
interventi differenziati rispetto a nuove costruzioni,
-interventi di ristrutturazioni importanti (primo e secondo livello);
-interventi di riqualificazione energetica differenziati tesi a rifare l’intero impianto termico (per ristrutturazioni importanti);
-altri interventi tesi a migliorare comunque le prestazioni energetiche con interventi parziali.

Inoltre, i decreti definiscono le classi energetiche per la compravendita e per l’affitto,
impongono controlli e collaudi su impianti onde evitare dispersioni di energia e per favorire lo sviluppo per le rinnovabili.

L’ACE diventa APE, simile ma con criteri diversi e più precisi: individua la classe dell’edificio.
Nel 2015Ulteriori provvedimenti e note tecniche del giugno 2015, dopo un biennio, intensificano l’attività richiesta per le prestazioni energetiche; definizione requisiti minimi, Linee guida APE, indicazioni e criteri per la relazione tecnica.
Nel 2018Arriva la direttiva 844 che delinea gli obiettivi del 2030 ed introduce velocemente, un cambio epocale:
-la mobilità elettrica;
-la razionalizzazione dell’energia;
-lo sviluppo delle tecnologie digitali;
-la promozione della domotica.

Anni 2020 – la normativa sul risparmio energetico, il principio di “energy efficency first”

Nel 2020 il D.Lgs 48 del 2020 di attuazione alla Direttiva 844 del 2018 e il D.Lgs 73 del 2020 di attuazione alla Direttiva 2002 del 2018, finalmente escludono edifici collabenti o diruti dall’applicazione del D.Lgs 192/2005 (inutilità dell’APE) e modificano i parametri del predetto decreto, di cui si sottolineano ancora modifiche all’A.P.E. e la deroga ad alcuni parametri urbanistici per cubature edilizie in merito a strutture tecniche per la coibentazione che permettano riduzioni di trasmittanza superiori al 10%.

Si fa presente che già precedentemente queste pareti (opache) erano consentite localmente per la chiusura di logge senza creare cubatura a patto che gli spazi rimanessero di fruizione esterna. In questo caso la norma impone una verifica della riduzione della trasmittanza e ne precisa la riduzione minima escludendo i casi in cui non è prevedibile l’efficacia.

Con i Decreti-legge 48, 73 e 76 del 2020 si modifica ancora il D.Lgs 192/2005, si incentivano le energie rinnovabili, si definisce il principio di “energy efficency first” che volge alla verifica delle condizioni alternative che consentano di risparmiare sui costi, e incentivare ambiente e green economy.

Viene introdotta per la prima volta qualche deroga alle prescrizioni urbanistiche per motivi di risparmio energetico e quindi di coibentazione; vengono incentivati gli obiettivi per la strategia a lungo termine su decarbonizzazione (2050).

A questo groviglio di modifiche si aggiungono i provvedimenti Superbonus che iniziano attraverso il Decreto Rilancio n.34 del 2020.

Un tuffo nel futuro prossimo: la Direttiva Case Green – 2024/1275

Ancora non sono finiti i problemi del Superbonus, ed ecco che arriva la nuova Direttiva europea di quest’anno, ovvero la n.2024/1275 emanata lo scorso 8 maggio.

Gli Stati membri hanno 2 anni di tempo per recepire la direttiva Casa Green con le seguenti scadenze:

  1. Classe E entro il primo gennaio 2030
  2. Classe D entro il primo gennaio 2033
  3. Classe A entro il 2050

Oltre ciò, altre scadenze intermedie sono comunque previste: ad esempio viene introdotto l’obbligo di trasformazione degli impianti a combustione tradizionale con impianti alimentati da energie alternative entro il 2035, con qualche deroga fino al 2040.

Vi sono alcune eccezioni, ovvero edifici vincolati, ricadenti in zone vincolate, immobili che presentano problematiche tecniche in merito alla fattibilità, e edifici destinati al culto.

Legge Salva-Casa condono edilizio oppure norma che semplifica il processo di Casa Green?

La Legge di Conversione (pubblicata in G.U. n. 175 del 27 luglio 2024) del Decreto Salva Casa (DL 69/2024) apporta numerose modifiche al Decreto-Legge, alcune derivanti dall’accoglimento di proposte emendative formulate dal sistema associativo.

In particolare, con la Legge di conversione è stato ampliato il “raggio d’azione” del Decreto Salva Casa, rivedendo il concetto di tolleranze e di stato legittimo, e semplificando la sanatoria delle irregolarità.

Tra le novità apportate dal Decreto Salva-Casa al Testo Unico per l’Edilizia (D.P.R. n.380/2001), si segnalano:

EstensioniIl nuovo accertamento di conformità in sanatoria è stato esteso anche alle variazioni essenziali; negli immobili esistenti, a determinate condizioni, possono essere dichiarati agibili anche locali con superfici e altezze ridotte aumentate le tolleranze costruttive per le opere realizzate fino al 24 maggio 2024 in unità con superficie utile inferiore a 500 mq e definite le tolleranze esecutive
Introduzionipossibile regolarizzare le varianti ante 1977 le difformità parziali relative a immobili vincolati non sono sempre variazioni essenziali;  
Agevolazionisugli interventi di recupero dei sottotetti nuove modalità di destinazione di parte dei proventi delle sanzioni. (ANCE, 2024).
Semplificazionile modalità di attestazione dello stato legittimo l’accertamento di compatibilità paesaggistica in sanatoria la disciplina dei cambi di destinazione d’uso;

Le modifiche più significative alle procedure del processo edilizio – DPR 380/2001.

Fra le modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 si segnala:

PuntoRiferimento normativoCommento
Recupero dei sottotetti (art.1 quater)«1 -quater . Al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo, gli interventi di recupero dei sottotetti sono comunque consentiti, nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, e che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione. Resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli». Questa volta si rendono abitabili i sottotetti anche quando le distanze non sono consone ai distacchi previsti tra gli altri edifici e in deroga alle NTA dei piani urbanistici, ma si devono seguire le procedure delle leggi regionali e comunque i distacchi previsti devono essere quelli dell’edificio esistente. La norma sembra possa modificare l’angolazione delle falde, ma non la forma in piano. Contraddizione si evince però sull’altezza massima del sottotetto. Sembra consentito il cambio d’uso da vano tecnico ad abitativo senza toccare però le aree. Sembra andare in deroga per quel che riguarda invece le norme igienico-sanitarie. Comunque si rimanda alle Regioni.
Protezione dal sole (art. b-ter)«b -ter ) le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera. In ogni caso, le opere di cui alla presente lettera non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche». Questa modifica inerente al filtro interno-esterno già veniva applicata per ottenere risparmio energetico da alcune amministrazioni agli inizi del 2000, poi discussa e concessa con riserva per la trasformazione che effettivamente veniva effettuata quale spazio interno effettivo. Positivo che viene specificato bene cosa si può fare sperando in questo caso specifico di blindare e non modificare altro premesso che questa modifica sembra essere chiara e concisa.
Cambi d’usoSono consentiti cambi di destinazione d’uso solo nell’ambito delle rispettive categorie funzionali: a) residenziale; a -bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale. Il cambio d’uso va in deroga agli standard DM 1444 del 1968. Permessi solo in uno stabile intero o dove la destinazione desiderata è prevalente o in un immobile singolo. Sono permessi nelle zone omogenee delle seguenti tipologie (art.2 D.M. 1444/68).

Tipologia A – le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
Tipologia B – le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità’ territoriale sia superiore ad, 1,5 mc/mq; Tipologia C – le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B). Per procedure, limitazioni e processi si rimanda a Regioni e Comuni. Molti dubbi rimangono in presenza di atti d’obbligo, convenzioni precedenti.
Tolleranze fino al 6% (L.105/2024)Di modifica al D.P.R. 380/01 dopo il primo comma del 34 bis è inserito il comma 1-bis. Queste le nuove tabelle di legge:
• il 2% per unità immobiliari di dimensioni superiori a 500 mq.
• il 3% per unità immobiliari tra 300 e 500 mq,
• il 4% per unità immobiliari tra 100 e 300 mq,
• il 5% per appartamenti tra 60 e 100 mq,
• il 6% per appartamenti fino a 60 mq.
Superficie minima per locali abitabili (monolocali)I miniappartamenti a destinazione abitativa scendono per legge da un minimo di 28 mq a 20 mq. Si ricorda che per alcune zone omogenee di Piano questi minimi erano stati aumentati dai Comuni da 28 mq a 45 mq per via degli insufficienti standard urbanistici e per impossibilità di reperimento degli stessi. Questa condizione è stata dettata soprattutto per carenza di uno standard particolare, ovvero quello inerente ai parcheggi. Per questa condizione, quindi, dovrà essere ratificata o smentita dalle Regioni e dai Comuni, in funzione di esigenze particolari, ovvero dovrà essere pianificato un sistema di parcheggi congruo a quanto legiferato a livello nazionale da questo provvedimento.
Altezza minima internaTale modifica è una di quelle possibili, in quanto quest’altezza che nella storia precedente era già stata abbassata da m. 3,00 a 2,70, grazie a condizionatori, scambiatori di calore, deumidificatori e altri impianti i ricambi d’aria e la qualità dell’aria sicuramente controllabile più che in passato. Con ragione di logica, per tale parametro non dovrebbero esserci contestazioni eccetto prescrizioni di attrezzature che consentano adeguati ricambi d’aria ovvero aperture per aria diretta.
SanatoriaSanatoria possibile da ante Legge Ponte ad ante Legge Bucalossi ovvero da ante entrata in vigore della Legge Legge 765 (1 settembre 1967) a ante entrata in vigore della Legge 10 (28 gennaio 1977).
Sanzioni (art. 36 bis)Per le sanzioni cambia radicalmente quanto recitato dagli artt.36 e 37 per la conformità edilizia in corso d’opera e postuma ovvero viene inserito nel Testo Unico l’articolo 36 bis che, in molti casi di difformità parziale, introduce il termine per la risposta da parte delle Amministrazioni di 45 gg dalla presentazione della domanda, salvi i casi in cui questo termine viene prorogato per richiesta di documentazione aggiuntiva da parte dell’amministrazione. Per tali sanatorie che possono riguardare anche in parte trasformazioni essenziali, viene depenalizzato rispetto a quanto recitato dall’articolo 36 per difformità totali, il pagamento richiesto del doppio del valore venale, viene limitato tra un minimo di mille euro a un massimo di soli diecimila euro.

Un commento alle modifiche del D.P.R. 380/01

A parere di chi scrive, il tentativo della norma è quello di semplificare situazioni di stabili o immobili con difformità parziali, cercando di limare quanto prescritto dai vincoli paesaggistici o da distacchi e altezze dettate dalle NTA e dagli standard urbanistico-edilizi.

La norma, efficace in alcuni casi per i cambi destinazione d’uso e per la riduzione di altezze interne e metrature che diventano abitabili, lascia la parola alle norme regionali e spesso ai Comuni.

Pertanto, la norma, che pure dovrebbe essere modificata perché in molti punti troppo complessa e contraddittoria, non può intendersi un condono, né purtroppo uno sblocco dell’ultima legge condono ancora bloccata per vincolistica varia. Infatti, mezza Italia, in parte con immobili ormai soggetti ad ordinanze di demolizione, sperava più che in un condono in una sistemazione della Legge n.326/2003 ancora bloccata per ragioni vincolistiche per le quali quella richiesta di sanatoria, compilata troppo in fretta e in zone vincolate da tecnici o da proprietari disattenti o speranzosi, non trova ristoro in questa nuova norma modificante il D.P.R. 380/2001.

D.P.R. 380/2001: fra sanatorie e criticità applicative

La speranza è che tanti punti, in cui – invece di semplificare – la norma complica il DPR 380/2001 almeno per le interpretazioni, siano modificati, rendendo più semplice la sua lettura e quindi la sua interpretazione per evitare i sicuri contenziosi futuri per i diritti di terzi.
Più che un condono, questa norma, uscita troppo in fretta, è un tentativo di sanare situazioni per permettere agli edifici di essere pronti alle modifiche del cambiamento di classe energetica, appuntamenti ormai prossimi, che dovranno, salvo proroghe o ripensamenti, essere modificati ante 2030, 2033, 2050.

I troppi ravvicinati e concitati interventi normativi tesi alle trasformazioni delle case green, al risparmio energetico e alle energie rinnovabili, finora come già costatato per il superbonus, hanno migliorato parte degli immobili, ma in molti casi hanno creato non pochi danni in ragione di autodenunce su preesistenze edilizie irregolari o non conformi all’urbanistica.

In altri casi, a causa di mancanza di personale specializzato o per inadempienze procedurali o per analisi di fattibilità errate, si è arrivati all’abbandono di cantieri da parte dei General Contractor con conseguenze devastanti per edifici rimasti inagibili per parti demoliti e ad oggi mai ricostruiti, strutture che rimaste all’intemperie presentano ora danni permanenti e irreversibili se non a discapito di altre successive operazioni di risanamento pesante che necessiteranno successivamente di interventi molto costosi ex-ante a fronte di fondi però non più disponibili.

Premessa quindi la recente storia, si auspica che vengano apportate semplificazioni normative e procedurali, proroghe di testi unici generali che prevedano tempi molto lunghi, che uniscano il territorio italiano attraverso linee guida certe e inconfutabili per un bene che sta ancora a cuore a tutti i cittadini italiani: la casa.

Direttiva Case Green e criticità su compravendite e locazioni di immobili

Il problema della Direttiva Case Green è che inficia sulle compravendite e sulla possibilità di locazione di un immobile; se non si risponderà ai requisiti imposti, ciò potrà comportare la difficoltà di vendita degli immobili.

Escludendo i casi di vincolo che dovranno essere meglio definiti e che quindi potrebbero evitare questi cambi di classe in parecchie zone italiane, la direttiva impone tre passaggi di classe:

  • Classe D: 2030;
  • Classe E: 2033;
  • Classe A: 2050.

Stranamente la Direttiva imporrebbe il divieto di compravendita ad immobili che non abbiano effettuato il passaggio di classe. Tale divieto potrebbe essere compreso se traslato sulla possibilità di fruire dell’immobile, in quanto i parametri del consumo di energia devono essere congrui a quanto stabilito, ma i parametri non possono inficiare la compravendita così come il famoso A.P.E.

Ad avviso di chi scrive, queste direttive tendano a far confondere il diritto di proprietà con il diritto di fruizione e con il dovere di evitare consumi eccessivi di energia.

Rimane comunque il fatto che gli immobili tenderanno ad una svalutazione per le troppe incombenze che sono destinati ad affrontare nel prossimo futuro a fronte di saggi di capitalizzazione sempre più esigui e non troppo costanti nel lungo tempo, al contrario di quanto avveniva nel recente passato.

C’è da aggiungere che le incombenze di cui sopra, se direttamente influiscono a scoraggiare la domanda, indirettamente provocano necessità di controlli accurati circa la preesistenza edilizia che, a causa della dubbia interpretazione della Legge 105 e del suo assoggettamento a Leggi regionali, piuttosto che incentivare a sanare, inducono ad una prudenza estrema nell’applicazione di norme e procedure molto complesse, di difficile interpretazione e soggette a numerosi parametri di origine sovradimensionata rispetto a facilitazioni proposte che potrebbero, in caso di un’analisi sommaria, stridere con il diritto civile e pubblico/privato.

Conclusioni

Rispetto a quanto disposto con gli ultimi interventi, conviene attendere disposizioni regionali e/o una semplificazione anche rispetto alle varie modifiche e rimandi al DPR 380/2001 oltreché agli errati citati titoli di preesistenza.

Fra gli errati titoli troviamo le autorizzazioni intermedie, D.I.A., S.C.I.A e soprattutto la preesistenza catastale: quest’ultima non è mai probante ma SOLO probatoria grazie alla Finanziaria 2007 (Legge del 23 dicembre 2006), quando viene comandato al Direttore dei Lavori, alla fine di ogni processo o processo parziale, di registrare modifiche tramite variazione D.O.C.F.A. prima di emettere il collaudo amministrativo ovvero di emettere giusto certificato di fine lavori.

Claudio Camilleri

c/o Università di Almeria. Ausiliario nel Ministero della Giustizia CTU e Esperto Stimatore nel Foro di Roma Autore monografie e articoli di settore. Formatore, RSPP, CSP/CSE Sicurezza, Valutatore dei Sistemi di Qualità aziendale, Professionista nel Ministero dell’Interno-Professionista antincendio, Perito Acustico Ambientale elenco Regione Lazio e elenco nazionale E.N.T.E.C.A.