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Infortunio in cantiere: chi risponde per mancata formazione dei neoassunti?

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Il quesito presentato alla Banca Dati Sicuromnia riguarda la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio di cantiere occorso per mancata formazione di un carpentiere neo assunto. A rispondere Rocchina Staiano Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo

Il Quesito
La responsabilità è del datore di lavoro o del lavoratore, nel caso di assunzione di un lavoratore, carpentiere dedito all’armatura del primo solaio di una palazzina in costruzione, che deve utilizzare una scala durante i lavori di banchinaggio, il quale al suo secondo giorno di lavoro cade, utilizzando la scala, senza ancoraggio e senza ricevere l’informazione adeguata?

Secondo l’Esperto
L’art. 21 del D. Lgs. 626/1994 (oggi trasfuso nell’art. 36 del D. Lgs. 81/2008), prevede che il datore di lavoro provveda affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione su i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dell’impresa in generale e sulle le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate in azienda. Inoltre, ai sensi dell’art. 22 del D. Lgs. 626/1994 (oggi trasfuso nell’art. 37 del D. Lgs. 81/2008), deve garantire che il lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni. Tale formazione deve avvenire in occasione dell’assunzione e del trasferimento o cambiamento di mansioni.
Da ciò si ricava che, in materia di infortuni sul lavoro, il D. Lgs. 81/2008, se da un lato prevede anche un obbligo di diligenza del lavoratore, configurando addirittura una previsione sanzionatoria a suo carico, non esime il datore di lavoro, e le altre figure ivi istituzionalizzate, se previste, alla responsabilità ed al controllo della fase lavorativa specifica, dal debito di sicurezza nei confronti dei subordinati. Questo consiste, oltre che in un dovere generico di formazione e di informazione, anche in forme di controllo idonee a prevenire i rischi della lavorazione che tali soggetti, in quanto più esperti e tecnicamente competenti e capaci, debbono adoperare al fine di prevenire i rischi, ponendo in essere la necessaria diligenza, perizia e prudenza, anche in considerazione della disposizione generale di cui all’art. 2087 c.c., norma “di chiusura” del sistema, da ritenersi operante nella parte in cui non è espressamente derogata da specifiche norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Ciò trova conferma anche nella giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. IV, 29 ottobre 2003, n. 49492; Cass. civ., Sez. lav., 18 maggio 2007, n. 11622; idem, di recente, Cass. Pen., sez. IV, 25 giugno 2014, n. 46820).
Inoltre, il dovere di garantire la sicurezza del lavoratore nello svolgimento delle mansioni alle quali è assegnato prevede, tra l’altro, l’obbligo, a carico del datore di lavoro, di informare i dipendenti dei rischi specifici connessi, in particolare come nel caso specifico, all’uso di un determinato prodotto chimico o sostanza tossica (Cass. Pen., sez. IV, 8 giugno 2010, n. 34771). Tale specificità, imprescindibile, non può arrestarsi all’esplicitazione di un mero divieto senza l’indicazione espressa delle conseguenze per la sicurezza e la salute che la violazione dello stesso può determinare. Siffatta carenza, peraltro, risulta aggravata nell’ipotesi in cui il lavoratore non risulti, comunque, essere stato destinatario di una specifica formazione in tema di sicurezza.


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Redazione InSic

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