BIM

La nuova visione del BIM: lo scenario

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Quale ruolo potrebbe avere il BIM nella sempre più necessaria digitalizzazione del mondo delle infrastrutture? Dove e come orientare gli investimenti del PNRR? Perché potrebbe essere vantaggiosa una iniezione di efficienza digitale sulla fase della gestione e perché i vantaggi di questa scelta sarebbero decisamente superiori in termini di benefici economici al mondo delle costruzioni?

Investimenti pubblici nelle infrastrutture: si parte dalla digitalizzazione

La terribile pandemia da Covid-19, aggravata ulteriormente dalla precedente recessione economica, ha condotto la Commissione Europea a decidere due fondamentali interventi di aiuto ai Paesi membri: quello di attivare la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità e quello noto come Recovery Fund “fondo per la ripresa”, un intervento di iniezione di liquidità di 750 miliardi di euro, da dividere tra i diversi Stati.

Ogni Paese ha dovuto presentare a partire dalla fine di aprile 2021 un piano di spesa (recovery plan) suddiviso in capitoli fondamentali quali: sanità, istruzione, infrastrutture, ambiente e digitale (leggi qui il nostro approfondimento sul Recovery plan italiano).

Dove orientare gli investimenti nel mondo delle infrastrutture?

Con riferimento particolare alla condizione di sofferenza delle imprese italiane del settore della costruzione molti auspicano un deciso impiego di investimenti pubblici in infrastrutture. Eppure, il solo fatto di aver rinominato il “ministero delle infrastrutture e dei trasporti” nel “ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili” dovrebbe far riflettere.

È proprio in tal senso che sembrerebbe orientato il neo-dicastero quando si legge – nel recente articolo di Nicoletta Cottone “Giovannini, il pioniere dello sviluppo sostenibile alla sfida di infrastrutture e trasporti green” apparso il 13 febbraio 2021 su Il Sole 24 Ore – che il punto di partenza sarebbe la digitalizzazione delle infrastrutture esistenti.

Il Principio del Conoscere per Deliberare

Tale azione secondo Giovanniniconsentirebbe di monitorare ogni struttura su base giornaliera e decidere le necessarie azioni manutentive sulla base di priorità derivanti dalle moderne tecniche IoT-Shm (Internet of things/Structural health monitoring)”.

Sembrerebbe, quindi, una impostazione che vede necessaria una fase di conoscenza, preliminare agli investimenti, invocata dal ministro quando, nello stesso articolo si legge

Fondamentale per Giovannini la statistica: ’Conoscere per deliberare’, famoso titolo di una delle ‘Prediche inutili’ di Luigi Einaudi, è il suo motto. Per Giovannini, infatti, non basta far ripartire il Pil, ma ‘bisogna trasformare l’economia per renderla più resiliente’”.

Infrastrutture e realtà: i nodi da sciogliere

Nonostante l’importanza di una simile impostazione il richiamo alla visione di Einaudi appare un po’ distante dalla realtà di fronte alla quale ci troviamo. La condizione del dopoguerra non è nemmeno minimamente paragonabile a quella attuale, non fosse altro che per via di tutta una enorme quantità di norme legislative e tecniche, oggi esistenti, con un proliferare, in una quantità completamente ingestibile, che non accenna ad esaurirsi.

Un esempio illuminante della necessità del superamento di questa condizione di totale incapacità di azione ma contemporaneamente anche di controllo, è stato il tentativo di una semplificazione burocratica “imposta”, come quello operato attraverso il decreto “semplificazioni” del governo Conte, con il quale ai fini della ricostruzione del “Ponte di Genova” è stato nominato un commissario straordinario con poteri in deroga ad ogni disposizione di legge italiana ed europea in materia di lavori pubblici.

Il Modello Genova è una strada da seguire?

Secondo molti il “modello Genova” è tutt’altro che una strada da seguire dato che in definitiva l’urgenza, che ha impedito il contributo di intelligenze competitive e il loro confronto come normalmente avviene in gare di appalto di grande rilevanza, ha condotto a risultati decisamente modesti.
Ne sono esempio il fatto di aver ricostruito un viadotto senza superare minimamente tutte le criticità della mobilità della zona, oltre al fatto di dover imporre un limite di velocità di 80 km orari su una tratta autostradale.

In definitiva il “Ponte di Genova” oltre al dramma delle vittime, rimane un esempio lampante del fallimento della gestione e soprattutto della manutenzione alla quale si è risposto con una nuova opera dalla quale non si può certo desumere un esempio di una visione capace di risolvere problematiche complesse.

Infrastrutture e capacità di gestire

Come è noto il nostro Paese ha sempre di più perduto progressivamente la capacità di “gestire”, a scapito della decadenza di tutti i valori economici ma anche sociali. Siamo eccellenti nelle idee, nella realizzazione e assolutamente unici nell’emergenza, ma totalmente incapaci di gestire con la normale consuetudine qualsiasi cosa.

È questo il motivo per il quale nel nostro Paese è facile che i cittadini si lamentino dicendo “non funziona niente!”.

Ed è il motivo per il quale il nostro prezioso patrimonio storico artistico, edilizio e infrastrutturale versa in condizioni di grave decadimento se non spesso di vero e proprio abbandono.

Quali possibili soluzioni?

Ora appare evidente che di ponti di Genova, come quello crollato, in Italia ce ne sono talmente tanti che bisognerebbe capire bene quale potrebbe essere il vantaggio di realizzare le nuove infrastrutture richieste a gran voce da più parti, senza considerare la loro integrazione con lo stato di fatto, il che riconduce nuovamente alla necessità della conoscenza.

Sono necessarie, quindi, scelte di investimento in fase di gestione e non tanto o solo di costruzione o, come sarebbe più opportuno dire, di ri-costruzione. Ma in ogni caso le prime sono assolutamente propedeutiche rispetto alle seconde.

Devono essere considerati i fattori che evidenziano quali sono le priorità. Solo per citarne alcuni:

  • la vetustà del nostro patrimonio edile e infrastrutturale costruito
  • la sostenibilità dell’ambiente messa sempre più alle strette da fattori quali temperatura in aumento
  • fenomeni meteorologici estremi e crescente erosione,
  • salinizzazione
  • desertificazione
  • riduzione della materia organica dei suoli
  • totale incapacità di gestione del territorio
  • la concentrazione della popolazione in ingestibili città sempre più grandi ed estese e vittime del terribile fenomeno ad elevato impatto sociale della dispersione urbana.

Le fasi del processo della costruzione in termini di valore

È un dato di fatto che il passaggio alla progettazione tridimensionale parametrica ha comportato un significativo incremento della qualità del progetto della costruzione, oltre che ad una riduzione del suo costo.

È il motivo che ha condotto al Decreto 560/2017 con il quale anche l’Italia ha istituito norme che, in linea con la Direttiva Europea 24/2014, prevedono un’introduzione graduale dell’obbligo di utilizzo di metodi e strumenti elettronici per la progettazione delle opere pubbliche. È un dato reale, verificato prima di ogni altro dal Regno Unito, che tale impiego riduce i costi e aumenta la qualità delle opere stesse.

In realtà, la riduzione del costo della fase della progettazione fino al 50% era già affermata fin dalle origini dallo stesso padre fondatore del BIM, Chuck Eastman, quando nel settembre 1974, come ricercatore dell’università Carnegie-Mellon di Pittsburgh, pubblicò insieme ad altri “An Outline of the Building Description System” dove affermava “Given the drafting and analysis efficiencies during design alone, it seems reasonable to expect a BDS to reduce the direct costs of design, as now carried out, by more than fifty percent”.

La riduzione del costo di costruzione, invece, stimata tra il 20 e il 30% è indotta dai minori errori del progetto oltre che dalla sua stessa migliore qualità, che comporta un naturale risparmio di risorse e di tempo in fase di realizzazione.

I vantaggi di una iniezione di efficienza digitale in fase di gestione

Ebbene qui si sta affermando che, rispetto a questi pur importanti risultati, una vera iniezione di efficienza digitale sulla fase della gestione porterebbe vantaggi decisamente superiori in termini di benefici economici al mondo della costruzione esistente, a quello eventualmente nuovamente costruito, ma anche a diversi altri settori dell’economia connessi al costruito ed al territorio.

Ciò che dovrebbe suggerire in modo definitivo l’importanza di occuparsi molto di più e molto meglio di gestione è l’evidenza di un dato fondamentale, quello del peso del costo della fase della gestione che risulta essere assolutamente preponderante rispetto al costo totale del ciclo di vita.

Con il famoso aneddoto BIM, BAM, BOOM l’architetto americano Patrick MacLeamy, presidente di buildingSMART International, spiega come per ogni dollaro speso in fase di progettazione se ne spendono 20 per la costruzione e 60 per la gestione.

Perché è necessario focalizzarsi anche e soprattutto sulla fase di gestione?

Simon Ashworth, ricercatore dell’Università di Zurigo di Scienze Applicate, spiega perché è necessario focalizzarsi anche e soprattutto sulla fase di gestione a motivo dei dati presentati alla AEC Next Conference del 2018 e riportati nell’immagine che segue, secondo i quali i costi di gestione rispetto al totale ammontano al 75%. Per altri autori si arriverebbe addirittura all’85% (cfr. Kutaiba Azmeh e Kwok Chuen Liu, Research on Bridging the Information Gap of BIM of interoperability and integration in Facilities Management, Gothenburg, Sweden 2021).

Ebbene, rispetto al nostro Paese e al suo costruito, bisognerebbe considerare che queste valutazioni si riferiscono per la fase di gestione ai soli costi operativi e che in questi non si tiene affatto conto del “costo di non gestione” ovvero di tutti i “costi occulti” che si devono sopportare per tutto il costruito abbandonato che è completamente fuori controllo.

Infrastrutture esistenti: il nuovo target

Si sta quindi affermando la necessità di un ripensamento rispetto alla visione di coloro che vorrebbero immediati cospicui investimenti pubblici in nuove infrastrutture per iniziare, invece, a capire che il target dovrebbe essere l’esistente.

Ed è rispetto a questo che in e-BIM si legge: “In tal senso, il costruito può realmente diventare il volano di una rinascita dell’economia italiana, fondata su qualità della vita, turismo e beni culturali, agricoltura ed enogastronomia. Una economia che sovrasta gli attuali sistemi produttivi favorendoli e migliorandoli, foriera anche di divenire un modello di eccellenza a livello mondiale, quanto a recupero del territorio e del costruito. Tutto evidentemente solo a condizione che si ribalti completamente l’idea di non dover mai render conto delle nostre scelte”.

Il confronto e il baratro informativo

Abbiamo di fronte a noi uno scenario complesso rispetto al quale il Paese deve trovare la forza di risvegliare un intero sistema di numerose eccellenze che purtroppo assolutamente non sembra meritare.

Il confronto informativo

È lo scenario del confronto informativo, attraverso il quale mettere in atto la metodologia della modellazione informativa a partire dal costruito esistente, anche qualora questo non disponga di modelli tridimensionali e né di dati storici delle attività di conduzione e manutenzione. Un ambito di applicazione nel quale sarebbe ideale il formato standard openBIM della costruzione perché proprio questo consentirebbe un prezioso “confronto” tra grandezze espresse secondo le medesime modalità.

Il confronto pertanto diviene informativo perché permetterebbe, sempre cogliendo il vero significato del termine informazione, di effettuare le più oculate scelte circa le priorità di una globale progressiva revisione del costruito su tutto il territorio nazionale, al fine dell’adozione di un nuovo modello per il costruito capace di valorizzare pienamente le potenzialità di un territorio unico al mondo e dare anche opportuna risposta ai tanti vincoli ambientali, di sostenibilità e resilienza che il futuro ci pone di fronte.

La proposta: impiegare il digitale in modo nuovo

Se, come è facile immaginare, un progetto ambizioso come quello del “conoscere per deliberare” non sarà messo in atto e rimarrà uno tra i tanti slogan della cieca politica alla quale siamo abituati, speriamo almeno che qualcuno si voglia adoperare per un vero e proprio cambio di rotta nella pratica reale di quanto avviene correntemente, dove osserviamo un crescente impiego di strumenti e attività digitali in fase di progettazione al fine di un utilizzo di tutti i dati di progetto a favore della costruzione, mentre si dovrebbe impiegare il digitale in modo nuovo a favore del passaggio verso la fase della gestione al fine di alimentare la capacità di questa di conoscere perfettamente gli obiettivi prestazionali per i quali è stata concepita la costruzione stessa.

Come superare il baratro informativo?

Si sta quindi affermando che bisognerebbe veramente impegnare ogni sforzo per rendere reale il superamento del “baratro informativo” che esiste nel passaggio tra la costruzione e l’inizio della gestione, fenomeno che viene perfettamente esemplificato da Eastman con lo schema che segue:

Eastman, Teicholz, Sacks, Liston (2011) BIM Handbook, a Guide to Building Information Modeling, 2011)

Per fare questo bisogna attivarsi al più presto affinché il BIM sia riportato all’idea originale, quando il progetto buildingSMART è nato all’interno dell’International Alliance for Interoperability (IAI), il cui solo nome è espressione esatta dello scopo della interoperabilità tra le fasi del ciclo di vita del costruito che costituisce il vero obiettivo dell’utilizzo del BIM.

Infatti, non deve essere dimenticato che inizialmente il progetto buildingSMART era definito come: “Project Collaboration through Virtual Design and Construction, new technologies to crash age old communication barriers”.

Si deve notare, infatti, che attualmente l’impiego digitale a livello di modelli tridimensionali si esaurisce con la fase di costruzione e che progettazione e costruzione fondano i loro vantaggi di performance sull’implementazione e l’uso del formato openBIM costituito dallo standard IFC. Il passaggio alla fase di gestione, invece, deve attuarsi con l’implementazione di un’altra ben più importante caratteristica del fenomeno digitale che è l’interoperabilità dei sistemi IT di scambiare fonti dati e capacità di calcolo tra loro.

Una economia “a risultato”

Noi italiani siamo oramai come assuefatti all’idea di un Paese nel quale la politica, ma anche la società stessa, possano agire indisturbati senza mai sentire la necessità di garantire i risultati del proprio operato.

La digitalità come veicolo di trasparenza

Di fronte a questo scenario si pone la digitalità come veicolo capace di favorire la trasparenza. Ma non può non osservarsi che, nonostante l’impiego massiccio del digitale in molti settori dell’economia, nella gran parte dei casi tale fenomeno di chiarezza non appare affatto. Il problema è come sempre a monte, nella ideazione dei processi di implementazione del digitale, fase nella quale di fatto si dimentica, magari volutamente, di unire alla realizzazione dei sistemi di informazione anche quella dei sistemi di monitoraggio dei risultati che l’oggettività del digitale favorisce.

Vantaggi della digitalizzazione delle infrastrutture esistenti

La digitalizzazione delle infrastrutture esistenti realizzata al fine del “conoscere per deliberare” ipotizzata dal ministro Giovannini apparirebbe, quindi, un’attività decisamente fondamentale per una vera rinascita del Paese, ma solo a condizione che a tale azione corrisponda contemporaneamente anche la definizione delle regole di controllo dei risultati delle future delibere.

Ad esempio. basterebbe considerare l’importanza dei contributi statali a favore di interventi per il risparmio energetico e il rischio sismico. Lo scopo della misura è indiscutibile. Il vero problema è che nessuno è in grado di sapere cosa ne è in termini di conoscenza e di risultato di un enorme quantità di interventi finanziati.

Di questo ci si accorge solo manifestando un inappropriato stupore quando si fanno confronti con i costi medi annui dei consumi di elettricità e gas o peggio quando accadono gravi incidenti come crolli e cedimenti strutturali ad edifici che sono stati oggetto di tali interventi.

Perché il digitale va implementato prioritariamente nella gestione dell’esistente

È proprio per non doversi più stupire che possano accadere simili fenomeni che l’impiego del digitale deve essere implementato prioritariamente e contestualmente alla gestione dell’esistente.

La digitalità in definitiva sarebbe proprio la leva per una politica economica trasparente ed inclusiva che da più parti si sollecita con l’obbiettivo di porre definitivamente fine alla totale assenza di conoscenza per il confronto e il monitoraggio del costruito esistente.

Conoscere per prendere decisioni, dunque, è certo di fondamentale importanza, ma altrettanto lo è garantire che le decisioni prese raggiungano lo scopo o, nel caso contrario, che sia possibile risalire alle cause di tale mancato raggiungimento, al fine di operare per le corrette azioni di riallineamento degli obiettivi.

Il BIM nella costruzione

È opinione diffusa che il settore della costruzione stia attraversando una fase di profonda trasformazione e che questa sia realizzata attraverso una frenetica attività di innovazione digitale associata all’impiego della metodologia Building Information Modeling (BIM).

È noto, infatti, come il settore AEC (architecture, engineering and construction) abbia iniziato con un deciso ritardo rispetto alla maggior parte degli altri settori produttivi ad accogliere gli straordinari vantaggi che l’impiego delle tecnologie digitali consentono in termini di efficienza nella gestione e nello scambio e condivisione di dati e informazioni.

Il motivo del ritardo ha ragioni diverse, ma queste possono essere ricondotte alla peculiarità del settore costituito da realtà completamente frammentate e slegate tra di loro durante il ciclo di vita del prodotto.

Le criticità nell’utilizzo del BIM

Ma è proprio in questa caratteristica che sono ben visibili le criticità che stanno emergendo chiaramente sulla capacità del settore di trasformarsi, al fine di una maggiore integrazione di filiera e di una maggiore qualità della costruzione soprattutto in fase di gestione.

Per BIM dovrebbe intendersi la metodologia della modellazione delle informazioni necessarie alle varie fasi del ciclo di vita di una costruzione: un edificio, un ponte, una ferrovia, etc.

Il condizionale è d’obbligo perché purtroppo per numerosi motivi, legati alla dinamica del mercato IT e all’occupazione dei ruoli di controllo dell’informazione e della formazione del settore, il BIM è oggi considerato erroneamente il modello tridimensionale della costruzione.

BIM e modello tridimensionale

Sono infatti molti gli esperti del settore per i quali il BIM non può applicarsi senza l’esistenza di un modello tridimensionale. Cosa che appare di fatto ben strana visto che in passato si è fatta non poca fatica a confermare che l’acronimo definitivo fa riferimento alla modellazione (modeling) e non al modello (model).

Il fatto che il BIM da materia propria della scienza dell’informazione sia ricondotto alla realizzazione, attraverso sofisticati software di authoring, di un modello tridimensionale parametrico, limita un fenomeno che invece oggi potrebbe essere quanto mai di primaria importanza nelle scelte di politica economica relative agli investimenti del Paese.

Fa sorridere il fatto di vedere molti stupirsi di fronte all’idea che il BIM, la metodologia della modellazione informativa, possa realizzarsi compiutamente anche al di fuori dell’elaborazione elettronica, anche con carta e penna o addirittura esclusivamente verbalmente in linguaggio naturale.

Costoro, loro malgrado, sono stati radicalmente convinti che il BIM sia la progettazione tridimensionale parametrica, e per questo è naturale che non siano in grado di comprendere quanto sia importante riportare ogni cosa nel giusto posto.

Cosa si intende per modellazione informativa?

La modellazione informativa è, infatti, l’attività tesa alla definizione dei processi di generazione delle informazioni, intendendo per informazione quella conoscenza che consente la risoluzione di un processo decisionale.

Si tratta quindi di un’attività di pianificazione e definizione di azioni che successivamente saranno implementate ed attuate attraverso strumenti digitali, anche se non necessariamente sono state implementate mediante il digitale esse stesse. Ciò che invece risulta di fondamentale importanza è il fatto che la definizione di tutti i processi, attività e strumenti devono essere impiegati al fine di consentire ad uno specifico ruolo di risolvere un problema decisionale e raggiungere un obiettivo preciso.

Tale attività, quindi, essendo tesa al raggiungimento di un risultato definito compiutamente, si inserisce perfettamente nei processi di gestione della qualità che, come è noto, sono reiterativi al fine del loro continuo miglioramento.

Modellazione informativa e caratteristiche del team di esperti

Quando i sistemi sono multidisciplinari e complessi tale definizione deve essere realizzata congiuntamente da un team di esperti capace di rappresentare la competenza delle necessità informative di ogni aspetto.

Per questo, nel campo della costruzione, il team non è affatto rappresentato dal pool di progettisti uniti collaborativamente ciascuno per la loro specializzazione in fase di progettazione, ma deve invece essere rappresentato da tutte le parti in causa rispetto all’intero processo della costruzione.

Come attuare correttamente la metodologia BIM

La metodologia BIM deve pertanto essere considerata al di fuori del processo edilizio stesso come attività che ne determina il funzionamento ed il collegamento informativo tra le sue diverse fasi.

Ogni fase è chiamata, quindi, con riferimento di base alle attese ed alle aspettative tecniche economiche e prestazionali che l’investimento ha definito, a realizzare e mantenere il valore della costruzione prendendo in input come “dato” quanto prodotto dalle fasi precedenti e fornendo in output le risultanze delle attività che dovranno essere tali da garantire gli stessi input: configurandosi così un rapporto cliente/fornitore.

Ma se questo avviene durante lo svolgimento del processo della costruzione, invece, nell’ambito delle attività della modellazione informativa, il processo dovrà essere realizzato “al contrario” a partire dai risultati informativi per risalire, attraverso le elaborazioni digitali fino ai dati grezzi di input iniziale.

I rapporti cliente/fornitore non sono monodirezionali

Ciò che evidentemente non viene normalmente compreso è che nell’ottica del miglioramento continuo il flusso di rapporti cliente/fornitore tra le diverse fasi del processo della costruzione non è monodirezionale, ma al contrario può procedere anche a ritroso.

Questa visione comporterebbe il superamento dell’idea che la progettazione, la realizzazione e la manutenzione della costruzione siano attività che si concludono al termine del loro singolo impiego, per immaginare invece un continuo costante interesse all’apprendimento ai fini del miglioramento che deriverebbe se continuativamente ogni cosa costruita potesse ritornare preziose informazioni circa il suo stato e il suo funzionamento a coloro che la gestiscono e che l’hanno realizzata, progettata e immaginata, senza soluzione di continuità.

L’Autore – Andrea Tiveron

Direttore della società e-Metodi

Ricercatore indipendente esperto di

  • gestione tecnica del costruito (progettazione, costruzione, sicurezza e gestione)
  • di facility management (FM), la disciplina aziendale in merito alla quale ha scritto il libro “e-facility – modelli organizzativi di e-business per il facility management
  • e di Building Information Modeling (BIM) la modellazione delle informazioni nell’ambito del processo edilizio, (la metodologia in merito alla quale ha scritto il libro “e-BIM la metodologia della modellazione informativa in una economia a risultato“.)