Nel caso proposto, un dipendente di una ditta era morto a seguito di una caduta da una trave di cemento armato posta ad un’altezza di m. 1,47 dal piano del solaio: la causa non è stata assegnata con certezza ad un malore dell’operaio.
Ciononostante, il datore è ritenuto colpevole per avere violato la regola cautelare specifica ex D.P.R. n. 547/55, art. 11, co. 7, lett. d), e la regola di cautela generica posta dall’art. 2087 c.c.
Secondo la Corte, se da un lato è vero che, per via dell’altezza dei lavori, non era necessario un ponteggio, ciò non toglie che l’imputato avrebbe dovuto strutturare il posto di lavoro in modo da evitare cadute (scarpe antiscivolo, casco protettivo, cordolo di protezione): si trattava infatti di una precauzione che si riferisce a lavori eseguiti ad un’altezza dal suolo – qualunque essa sia – che ne renda più difficile l’esecuzione.
In base poi alla regola di cautela generica, per la Corte, ricadono sul datore di lavoro, che abbia omesso di adottare gli accorgimenti imposti dall’art. 2087 c.c., anche quei rischi derivanti da cadute accidentali o malori comunque inerenti al tipo di attività che si sta svolgendo (Cass. pen. n. 4917/09).
La sentenza è disponibile sulla nostra Banca dati Sicuromnia, di cui è possibile richiedere una settimana di accesso gratuito
Per ABBONARSI
CLICCA QUI per il modulo FAX da inviare allo 0633111043
Una squadra di professionisti editoriali ed esperti nelle tematiche della salute e sicurezza sul lavoro, prevenzione incendi, tutela dell’ambiente, edilizia, security e privacy. Da oltre 20 anni alla guida del canale di informazione online di EPC Editore