Sicurezza in cantiere e responsabilità del CSE

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Proseguiamo con l’analisi di alcuni importanti orientamenti giurisprudenziali sulla figura del coordinatore per l’esecuzione in cantiere, attraverso il Commento effettuato da G. De Falco (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone) nell’articolo “Sicurezza in cantiere, la Cassazione si esprime sulle responsabilità del CSE” (Ambiente&Sicurezza sul Lavoro 6/2014).
In particolare ci soffermiamo sull’alta vigilanza richiesta al coordinatore ai fini dell’addebito o meno di responsabilità per infortunio in cantiere: in analisi la sentenza della Cassazione n. 38421 del 18/9/2013.

Il caso di specie
La sentenza della Cassazione penale n. 38421 del 18/9/2013 (in allegato in formato PDF) riguarda un caso in cui l’appaltatore, il CSE ed i due committenti erano stati ritenuti responsabili del decesso di un lavoratore, il quale, nel corso dei lavori di completamento di un immobile, mentre lavorava all’interno di uno scavo a sezione ristretta – profondo m. 2,70 e largo m. 1,2 a monte e m. 0,60 al piede – necessario per la posa in opera di tubazioni fognarie, era rimasto seppellito dallo smottamento del terreno, causato dalla mancanza di puntellamento dello scavo, dall’eccessivo sovraccarico della parte destra dello stesso, dovuto all’accumulo del terreno di risulta, e dalla mancata realizzazione del parapetto di protezione dello scavo stesso.

La responsabilità del CSE

La Corte affermata la responsabilità del datore di lavoro, quale diretto obbligato all’attuazione delle prescrizioni di sicurezza, e dei committenti, per avere omesso di verificare l’operato del CSE, nell’affrontare il tema della responsabilità del CSE ha inteso ribadire quello che è il ruolo, centrale, attribuito a tale figura dalla normativa, nell’ambito dell’organizzazione della sicurezza di cantiere. Ha così osservato che la normativa concernente il tema della sicurezza del lavoro nell’ambito di attività lavorative svolte in un cantiere edile individua diverse posizioni di garanzia, la principale delle quali certamente riguarda il datore di lavoro, che organizza e gestisce l’esecuzione dell’opera, ma che coinvolgono, oltre al committente, diverse figure professionali, tra le quali vi è certamente il coordinatore per l’esecuzione dei lavori. A tale figura professionale la legge (art. 5 D.Lgs. n. 494/96, prima, art. 92 D.Lgs. n. 81/2008, poi) attribuisce compiti specifici e precisi obblighi, che lo individuano quale titolare di una chiara posizione di garanzia, che si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica
In particolare al coordinatore per l’esecuzione dei lavori è attribuito, tra agli altri, anche il compito di vigilare sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro, a garanzia dell’incolumità dei lavoratori. Si tratta di un compito che la Corte definisce, come detto, di “alta vigilanza” e che – è questa l’affermazione più rilevante – seppur non deve necessariamente implicare una continua presenza nel cantiere, deve tuttavia esercitarsi in maniera attenta e scrupolosa e riguardare tutte le lavorazioni in atto, specie quelle che pongono maggiormente a rischio l’incolumità dei lavoratori.

L’individuazione del CSE

Assai significativo, secondo G. De Falco è anche l’ulteriore passaggio motivazionale, nel quale si dà conto del fatto che per poter individuare, con riguardo al singolo cantiere, la figura del CSE, non è indispensabile rinvenire un atto di designazione formale, dovendosi invece porre attenzione alla natura degli incarichi concretamente assunti dalla persona la cui posizione si tratta di scrutinare, al fine di accertare se gli stessi
siano riconducibili alle prerogative proprie del CSE. Nella specie i giudici avevano accertato che il soggetto cui si contestava il ruolo di CSE – e che si difendeva affermando di essersi occupato solo di lavori diversi da quelli inerenti le tubazioni fognarie – alla luce della documentazione in atti e delle dichiarazioni rese dai coimputati e dai testi escussi risultava essersi continuativamente occupato di tutte le vicende amministrative e tecniche riguardanti i lavori commissionati.
In particolare, ricostruendo i fatti sulla scorta della documentazione in atti, i giudici avevano rilevato come il ricorrente fosse stato firmatario di tutti gli atti tecnici riguardanti la complessa procedura amministrativa concernente l’originaria concessione edilizia, le diverse varianti, il progetto esecutivo, il piano di sicurezza e di coordinamento, la successiva concessione edilizia, le autorizzazioni ad immettere gli scarichi nelle rete fognaria, nonché la richiesta di esecuzione dello scavo.
Era stato anche accertato che la fase di scavo, durante la quale si era verificato l’infortunio, era stata programmata nello stesso piano di sicurezza redatto dall’imputato. Questi, inoltre, era stato il firmatario dei grafici e dei rilievi tecnici riportanti nel dettaglio la sezione di scavo da realizzarsi, sulla base dei quali erano state rilasciate le autorizzazioni di allaccio alla rete fognaria. In tale contesto, che aveva visto impegnato il ricorrente nelle fasi di progettazione e di esecuzione dei lavori, non è stato giudicato credibile che egli avesse assunto la posizione di coordinatore solo con riguardo ai lavori interni al fabbricato.
Secondo il magistrato G. De Falco, se ne ricava dunque il principio che l’individuazione del CSE può avvenire anche sulla base di accertamenti indiziari, a prescindere da un atto di formale designazione, e quindi può derivare pure da riscontri testimoniali o documentali acquisibili in fase di indagini.

Per saperne di più:
Le conclusioni qui riportate sono tratte da
“Sicurezza in cantiere: la Cassazione si esprime sulle responsabilità del CSE”
G. De Falco (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone)

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Redazione InSic

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