Lavoratori all’estero: obblighi legislativi per le imprese

L’internalizzazione dei mercati spinge sempre maggiormente le imprese italiane ad operare all’estero con propri dipendenti e con proprie filiali. In scenari differenti da quello nazionale la tutela della salute e della sicurezza può presentare criticità e risvolti inaspettati.
Nei tre casi presi in esame nell’articolo a firma di A. Foti e A. Risoluto su Ambiente & Sicurezza sul Lavoro n. 5/2019 evidenziano i problemi pratici nella gestione della salute e sicurezza sul lavoro, considerando anche le ricadute legali differenti.

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Le modalità con le quali un’azienda si può trovare a dover gestire la salute e la sicurezza dei propri lavoratori all’estero possono essere svariate e in tempi di internazionalizzazione si presentano sempre più spesso in un numero sempre maggiore di imprese. Le più comuni, dal punto di vista numerico, sono sicuramente gli appalti che prevedono attività all’estero e la trasferta all’estero di lavoratori.
Nel primo caso ci troviamo di fronte ad attività spesso strutturate, di norma all’interno di siti o stabilimenti sotto il controllo del committente estero.
Nel secondo i lavoratori possono essere inviati all’estero per ragioni varie e non necessariamente in una sede fissa, come ad esempio nel caso di viaggi di lavoro per rappresentanza, formazione o consulenza. Infine, si può presentare il caso di lavoratori presenti in una filiale estera dell’azienda, costituita come entità legale del Paese nel quale agisce, ma controllata dall’Italia.
Analizziamoli con l’occhio di chi praticamente deve valutare, pianificare e predisporre le misure di prevenzione e protezione dai rischi.

Riferimenti bibliografici:

Obblighi legislativi per le imprese
Alessandro Foti, Alessandro Risoluto
Ambiente & Sicurezza sul Lavoro 5/2019