Oratori: quali misure di sicurezza per i Volontari parrocchiali?

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Un quesito pervenuto alla Banca Dati Sicuromnia riguarda le norme di sicurezza per i volontari che operano negli oratori parrocchiali: vanno considerati come lavoratori? Si applica loro il Testo Unico di Sicurezza e, in questo caso, chi deve essere considerato datore di lavoro?
A rispondere, Rocchina Staiano Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo.

Il quesito

Il parroco di un paese dell’interland Lodigiano, in un complesso immobile di proprietà della parrocchia, svolge l’attività di “oratorio”.
L’oratorio, che è classificato come circolo, è coordinato da un prete coadiuvante del parroco.
La gestione o conduzione dell’oratorio (come nella maggior parte delle parrocchie) è affidata a volontari che prestano la loro attività sociale senza retribuzione.
Nell’oratorio in esame sono presenti le seguenti attività:
bar gestito da n. 30/35 volontari a rotazione nell’orario di apertura dal martedì alla domenica, dalle 15,00 alle 19,00;
aule di catechesi ove prestano la loro attività n. 30/35 volontari per un’ora alla settimana;
società sportiva calcio dell’oratorio, iscritta alla FIGC, militante nel settore dell’infanzia (bambini da 5 a 11 anni). Questa attività è gestita da circa 20 volontari;
salone multiuso adibito generalmente ad attività socio-culturali (teatro – sala conferenze – esposizioni – ecc…) e di animazione nel periodo estivo del “grest”.

Premesso che le strutture, gli impianti tecnologici e le attrezzature devono essere conformi alle norme di legge vigenti, chiedo i seguenti chiarimenti:
1. i volontari che si impegnano nella gestione delle varie attività svolte nell’oratorio/circolo ricreativo, sono da considerarsi lavoratori come definito dall’art. 2, comma 1 a) del D.Lgs. n. 81/08? Il suddetto articolo equipara a lavoratore i soli volontari dei VV.F. e della protezione civile;
2. i volontari che operano nel settore del soccorso sanitario e nel sociale (croce rossa – assistenza domiciliare a infermi, malati ed anziani – associazioni varie di aiuto e assistenza ai senza tetto, ecc…) sono equiparabili?;
3. queste tipologie di attività sociali sono da escludere dal campo di applicazione del T.U.?;
4. se i volontari che operano presso l’oratorio/circolo in oggetto sono da considerarsi equiparati ai “lavoratori” è obbligatorio applicare le tutele previste dal D.Lgs. n. 81/08? (valutazione di tutti i rischi, designazione RSPP, informazione e formazione, sorveglianza sanitaria, ecc…);
5. se l’attività di oratorio/circolo è compresa nel campo di applicazione del T.U. chi deve essere considerato quale “Datore di Lavoro”? Il parroco pro tempore titolare della parrocchia e dei servizi connessi (scuola dell’infanzia, oratorio e attività sportive, ecc…) che esercita i poteri decisionali e di spesa? Oppure il religioso coadiuvante del parroco che coordina le attività dell’oratorio?

Secondo l’Esperto
Il riferimento normativo per dare una risposta al quesito è l’art. 3 del D. Lgs. 81/2008 e successive modifiche, poiché i volontari pur non essendo equiparati a lavoratori godono di tutele parziali, ed in particolare i commi 3 bis (per i volontari del soccorso) e comma 12 bis ( altri volontari) ovvero:
“3-bis. Nei riguardi delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, ivi compresi i volontari della Croce Rossa Italiana e del Corpo Nazionale soccorso alpino e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle particolari modalità di svolgimento delle rispettive attività, individuate entro il 31 dicembre 20105 con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Dipartimento della protezione civile e il Ministero dell’interno, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.

12-bis. Nei confronti dei volontari di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, dei volontari che effettuano servizio civile, dei soggetti che prestano la propria attività, spontaneamente e a titolo gratuito o con mero rimborso di spese, in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni sportive dilettantistiche di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, nonché nei confronti di tutti i soggetti di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 21 (collaboratori di imprese familiari) del presente decreto. Con accordi tra i soggetti e le associazioni o gli enti di servizio civile possono essere individuate le modalità di attuazione della tutela di cui al primo periodo”
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Ove uno dei soggetti di cui al primo periodo svolga la sua prestazione nell’ambito di un’organizzazione di un datore di lavoro, questi è tenuto a fornire al soggetto dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla sua attività. Egli è altresì tenuto ad adottare le misure utili a eliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo i rischi da interferenze tra la prestazione del soggetto e altre attività che si svolgano nell’ambito della medesima organizzazione.
Da ciò si ricava che il parroco può essere considerato datore di lavoro, in quanto “pastore proprio” di una determinata comunità di fedeli, il parroco ne è responsabile non solo sotto il profilo sacramentale, liturgico, catechetico e curativo, ma anche sotto il profilo amministrativo: è, infatti, il legale rappresentante e l’amministratore unico nell’ordinamento canonico e in quello statale. Sul punto, va ricordata la Cass. pen., Sez. IV n. 7730 del 20 febbraio 2008, la quale attribuisce al parroco la responsabilità per l’infortunio ad un volontario in oratorio. La sentenza riguarda il Parroco di una parrocchia imputato del reato di lesioni colpose aggravate in danno di una persona che si era offerta volontaria e caduta dall’altezza di circa tre metri a seguito del ribaltamento di un trabattello non allestito a regola d’arte e che la stessa stava utilizzando durante i lavori preparatori di una festa parrocchiale. È singolare questa sentenza dalla quale discende un importante insegnamento secondo il quale le norme di prevenzione degli infortuni si applicano anche nel caso di prestatori d’opera volontari assumendo la persona per conto della quale gli stessi operano una posizione di garanzia nei loro confronti specie se vengono poste a disposizione degli stessi attrezzature di lavoro che risultano irregolari. Ha concluso, quindi, la Corte di Cassazione che nella circostanza era stato commesso un errore a non ritenere applicabili le norme di prevenzione degli infortuni e che il parroco “aveva assunto una posizione di garanzia nei confronti di chi prestava volontariamente il proprio lavoro e per questa ragione era tenuto a rispettare le norme antinfortunistiche che richiedevano – tra l’altro – l’uso di un trabatello idoneo ed il controllo che lo stesso venisse adoperato in un modo conforme alle norme prudenziali”.
In conclusione, si ritiene che il parroco, essendo datore di lavoro, deve adempiere agli obblighi previsti dall’art. 18 del D. Lgs. 81/2008 e successive modifiche; di conseguenza, non dovrà delegare il DVR e la nomina del rspp (nel caso in esame può essere svolto dallo stesso parroco).

Redazione InSic

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