Comunicazione d’emergenza: casi di studio di successo e di insuccesso

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L’evacuazione deve sempre essere pianificata con prudenza, con particolare riferimento alla tipologia di incidente più probabile e agli effetti che lo stesso può causare. Nel dare l’ordine di evacuazione occorre altresì tenere presente che tale misura può facilmente comportare ulteriori aggravi di rischio, congeniti alla procedura di evacuazione stessa.
Tale procedura viene affrontata nella Lettera Circolare del MI del 29/08/1995, prot. P1564/4143 e fa parte della più generale procedura di emergenza. Tale lettera non fa riferimento a mezzi e beni da salvaguardare, tuttavia un buon piano di emergenza dovrebbe prevedere la salvaguardia sia delle persone, sia delle cose.
Vediamo di seguito alcuni casi di specie nei quali la comunicazione d’emergenza ha giocato un ruolo fondamentale e le modalità di comunicazione in più o meno adeguate.

In questo articolo:
L’ordigno esplosivo nel palazzo della Difesa Civile di Detroit
Lo stadio Heysel di Bruxelles e l’assenza di comunicati d’emergenza
Il Comunicato di emergenza contenuto nel piano di emergenza
Tecniche di comunicazione in emergenza positive e negative
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L’ordigno esplosivo nel palazzo della Difesa Civile di Detroit

Nel 1979 le strutture della Difesa Civile di Detroit furono chiamate ad affrontare una situazione difficilissima. Un ordigno ad alto potenziale, con innesco a tempo, era stato depositato nello stadio cittadino gremito di 70.000 persone. Il problema che si poneva era come evacuare lo stadio in un tempo sufficientemente rapido senza che l’improvvisa sospensione della partita in corso con il conseguente ordine di evacuazione provocasse la ressa alle uscite e quindi il panico con conseguenti morti e feriti. Freneticamente vennero contattati telefonicamente alcuni psicologi e criminologi convenzionati con la Difesa Civile e, nel giro di una decina di minuti, gli altoparlanti trasmisero un comunicato apparentemente bizzarro: un incendio stava distruggendo le vetture parcheggiate nell’enorme piazzale antistante lo stadio, tutti gli automobilisti dovevano recarsi presso le proprie vetture per allontanarle dal luogo dell’incendio, la partita sarebbe ripresa dopo qualche tempo. Non ci è possibile qui soffermarci sul significato subliminale che aveva questo comunicato per il tifoso medio americano. Dopo la diramazione tramite gli altoparlanti del comunicato, lo stadio cominciò comunque a svuotarsi velocemente, il diradamento della folla permise di identificare pacchi sospetti e l’ordigno venne localizzato e disinnescato. La folla seppe della cosa il giorno dopo sui giornali.

Lo stadio Heysel di Bruxelles e l’assenza di comunicati d’emergenza

Il problema del controllo della folla si è evidenziato in tutta la sua drammaticità il 29 maggio 1985 nello stadio Heysel di Bruxelles dove la carenza (o addirittura la latitanza) delle forze preposte alla tutela dell’ordine pubblico e l’inesistenza di solide barriere architettoniche determinarono l’assalto contro i tifosi italiani di squadre di teppisti inglesi (che in qualche modo si sentivano “spalleggiati” dai loro connazionali presenti sugli spalti). Com’è noto l’assalto si concluse con quaranta morti e centinaia di feriti e da più parti è stato fatto notare che se fossero almeno stati diramati accorti comunicati tramite gli altoparlanti dello stadio per “raffreddare” la folla, si sarebbero potute con molta probabilità evitare tali conseguenze.

Il Comunicato di emergenza contenuto nel piano di emergenza

Ma scendiamo nel dettaglio dell’analisi di alcuni comunicati di emergenza analizzando quello contenuto nel piano di emergenza ed evacuazione esterna della centrale elettronucleare di Caorso. Questo piano contemplava alcuni comunicati da diffondere tra la popolazione tramite volantini di diverso colore (a seconda della gravità dell’emergenza) al pari di quanto previsto per la centrale elettronucleare di Borgo Sabotino, da recapitare nei più sperduti casolari con personale protetto da tute antiradiazione. È facile immaginare lo sgomento di una famigliola, magari svegliata in piena notte, che vede sulla porta di casa una figura avvolta in una spettrale tuta bianca e che celata da una minacciosa maschera antigas, consegna un fogliettino che comincia con la frase: “State calmi: non è accaduto nulla di grave”. Nella migliore delle ipotesi la disperazione più nera si impadronirà della famigliola. Nell’ipotesi peggiore le persone avviate assaliranno l’uomo per impadronirsi della tuta e successivamente si accapiglieranno tra di loro per contendersela.

Tecniche di comunicazione in emergenza positive e negative

È stato osservato da più parti (e pare che queste critiche abbiano fatto abbandonare questa parte del piano di emergenza) come la differenza di vulnerabilità tra le persone che invitano a “stare calmi” e l’utenza del comunicato non può non generare sospetti e diffidenze. A tale riguardo un esempio positivo lo si ebbe a New York nel 1985 quando il sindaco Koch per evitare il diffondersi del panico a seguito dell’avvelenamento -tramite plutonio – degli acquedotti cittadini, al termine di un amabile chiacchierata televisiva (sapientemente organizzatagli dagli psicologi della difesa civile USA) bevve un bicchiere di acqua che aveva attinto, sotto gli occhi delle telecamere, dal rubinetto.
Un’altra considerazione negativa sui comunicati previsti per il piano di emergenza di Caorso può essere fatta a proposito della frase “State calmi!”: Questa frase, al pari del fatidico “Non fatevi prendere dal panico!” sortisce in realtà un effetto contrario a quello voluto. Se si ordina di stare calmi o di non farsi prendere dal panico immediatamente se ne deduce che c’è un motivo che autorizzerebbe il panico o la perdita della calma, con le conseguenze che è facile immaginare.

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