Datore di lavoro: obbligo d’informazione al lavoratore e misure di sicurezza

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La Corte di Cassazione Penale, sez. IV, con sentenza n. 24452 dell’8 giugno 2015, ha respinto il ricorso del direttore di uno stabilimento per un infortunio di un lavoratore, per non aver valutato il rischio specifico della mansione e per non aver informato i lavoratori sui rischi connessi all’attività (ex art. 20 D.Lgs. 626/1994).
Il datore di lavoro deve adottare misure appropriate, quali la spiegazione dei rischi e l’adozione di procedure appropriate.


Il fatto
Un responsabile dello stabilimento, con delega in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, è stato ritenuto, nei primi due gradi di giudizio, il responsabile del reato di cui all’art. 590 c.p., in danno ad un lavoratore.
Il lavoratore stava lavorando su un fusto vuoto, utilizzato precedentemente come contenitore di un prodotto per la diluizione degli intonaci a base di alcol etilico, per utilizzarlo come contenitore per i materiali di scarto delle lavorazioni.
Ma il liquido precedentemente utilizzato comportava il pericolo di formazione di vapori esplosivi, pertanto, al momento della rimozione del coperchio del contenitore, una scintilla innescava un’esplosione di vapori e l’operaio veniva colpito al volto riportando gravi lesioni.
Il reato contestato al responsabile dello stabilimento, riguarda la mancanza di adeguata valutazione del rischio, ai sensi dell’art. 4.2 del d.lgs. 626/1994, derivante da utilizzazioni di fusti e la mancata prescrizione di dispositivi adeguati per evitare esplosioni.
La prassi aziendale era quella di inertizzare i fusti vuoti prima del loro riutilizzo. Nel caso in esame, invece, il lavoratore non aveva rispettato la prassi perché aveva omesso di lavare il fusto, a causa di disattenzione.
Di tale ultimo elemento ne è garante il responsabile, il quale, invece, non ha messo il dipendente a conoscenza dei rischi connessi al permanere di vapori di solvente e del pericolo di incendio ed esplosione.
Tuttavia, è risultato che tale rischio non era stato inserito nel documento di valutazione dei rischi aziendali; diversamente, gli operai avrebbero prestato attenzione nell’utilizzo dei fusti.
Pertanto, il responsabile dello stabilimento è stato ritenuto, in appello, colpevole per l’omessa valutazione del rischio.
Per questo motivo ha deciso di ricorrere in Cassazione.

La decisione della Cassazione Penale
La Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato. La ragione della decisione è legata all’omessa valutazione del rischio specifico del responsabile, derivante dall’uso dei bidoni svuotati, e alla mancata istruzione del lavoratore sui rischi della preparazione del fusto.
Dalla ricostruzione dei fatti, è emerso che il lavoratore non sapesse il motivo per il quale era necessario lavare i bidoni, pertanto l’imputazione dei primi due gradi di giudizio era corretta quando prevedeva che non erano state prese misure di sicurezza per governare il rischio.
Tale adempimento, ai sensi del D. lgs. n. 626 del 1994, incombe sul datore di lavoro che deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza (art. 20) e adottare le procedure di sicurezza appropriate.
La colpa è stata ravvisata dalla Corte, perché il delegato era al corrente del rischio, tanto da mettere in atto una prassi operativa, successivamente risultata inadeguata; e non aveva informato i lavoratori sui rischi della procedura utilizzata.
La valutazione dei rischi ed il relativo documento (DVR), invece, sono strumenti necessari per garantire la sicurezza in azienda, in quanto evidenziano le situazioni pericolose e consentono di adottare adeguate misure di sicurezza.
In caso di omissioni o di carenze del DVR, il datore di lavoro non è esente dagli obblighi che ne derivano, ma deve adottare misure appropriate, quali appunto la spiegazione dei rischi e l’adozione di procedure appropriate.
Invece, nel caso di specie, il rischio era noto ma governato con una prassi inadeguata.
È per queste ragioni che la Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso del direttore di stabilimento.


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Redazione InSic

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