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Produzione biologica di Idrogeno verde: come valutare il rischio esplosione

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I biocombustibili potrebbero avere un ruolo fondamentale nel favorire la transizione energetica: in particolare l’utilizzo dell’idrogeno “verde”, fonte rinnovabile che potrebbe sostituire i carburanti fossili.

La sua produzione è possibile o attraverso elettrolisi (più costosa” che attraverso la produzione biologica di idrogeno (bioidrogeno). Quest’ultima, seppure più conveniente espone i lavoratori (e non solo) a rischi incendio ed esplosione da considerare.

  • INAIL illustra in un factsheet la produzione dell’idrogeno verde puntando sui rischi esplosione collegati ai cicli produttivi della produzione biologica di H2 da fonti rinnovabili

Idrogeno e idrogeno verde: la produzione

L’idrogeno è in grado di immagazzinare grandi quantità di energia all’interno del suo legame chimico. L’energia prodotta da 1 kg di H2 è circa pari a quella ricavabile da quasi 4 kg di benzina con vantaggi evidenti per lo sviluppo energetico futuro. Tanto che l’UE lo lo considera una “priorità fondamentale” per l’attuazione della transizione energetica in Europa.

Tuttavia sono l’idrogeno verde è una fonte rinnovabile  che può contribuire fattivamente alla sostituzione dei vettori energetici fossili.

Come si produce l’idrogeno verde?

In due modalità: l’elettrolisi in cui si impiega l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (più costosa) e la produzione biologica (bioidrogeno), sfruttando principalmente la fermentazione di substrati organici (più conveniente) attraverso il metodo della Dark Fermentation (fermentazione in assenza di luce) di biomasse o rifiuti organici.

Quest’ultima modalità però espone a particolari rischi derivati dal trattamento della frazione organica.

Perché non si usa l’idrogeno come carburante?

Attualmente la produzione di idrogeno verde attraverso l’elettrolisi è ancora penalizzata da costi elevati (circa 6-7 €/kg H2 prodotto rispetto ad 1,25-1,5 € richiesti per ricavare 1 kg di H2 grigio).

Invece, la produzione biologica di H2 da fonti rinnovabili è un ramo emergente rispetto alle tecnologie basate sull’utilizzo di combustibili fossili e la maturità dei processi industriali è ancora all’inizio. Tuttavia, la tecnica della Dark Fermentation (DF), risulta attrattiva sia per lo sfruttamento di risorse rinnovabili che per i costi contenuti.

Quali sono i rischi dalla produzione di idrogeno verde?

Secondo INAIL uno dei principali pericoli legati alla produzione di bio-H2, è la possibile formazione di atmosfere potenzialmente esplosive, derivanti da rilasci accidentali.

La valutazione sulla formazione di ATEX (aree con pericolo di esplosione), è un obbligo spettante al datore di lavoro (art. 293, comma 1 del d.lgs. 81/08) e può essere effettuata attraverso i dettami della Norma Tecnica CEI EN 60079-10-1.

L’idrogeno è caratterizzato dall’indicazione di pericolo H 220 (gas altamente infiammabile) ed una sua intrinseca caratteristica di pericolosità è l’ampia estensione del suo campo di infiammabilità, che è compreso tra il 4% v/v ed il 77% v/v (concentrazioni volumetriche in aria). Ciò può determinare la formazione di miscele potenzialmente esplosive in caso di rilasci.

Idrogeno e rischio esplosione: i fattori di pericolo

INAIL nel Factsheet esplora i possibili rischi derivanti dalla produzione di idrogeno: si fa riferimento in particolare alla sua reattività come combustibile.

Tale reattività viene individuata attraverso un parametro fondamentale: la velocità laminare di fiamma (laminar burning velocity), che rappresenta la velocità, alla quale il fronte di fiamma si propaga nella miscela incombusta. Secondo INAIL, molti combustibili hanno una velocità  laminare della fiamma inferiore a 1 m/s, ma essa può superare i 3 m/s in caso di vettori energetici molto reattivi, come l’idrogeno

Inoltre, INAIL rileva che  alcuni componenti (flange, valvole, guardia idraulica, etc.) dell’impianto di produzione dell’idrogeno verde, in caso di anomalie di funzionamento potrebbero diventare potenziali sorgenti di emissione (SE) della miscela di gas, contenente H2. Qui entra in gioco la Norma Tecnica CEI EN 60079-10-1 per valutare se le sorgenti di emissione siano in grado di generare una zona pericolosa o non pericolosa.

Ulteriori considerazioni riguardano poi il parametro LFL (v/v %) che indica il limite inferiore di infiammabilità della sostanza infiammabile: dovrà essere ricavato in funzione dello scenario esaminato, in quanto dipende dalla concentrazione volumetrica dei gas nella miscela, che deve essere misurata da appositi rilevatori.

Per approfondire si consiglia la consultazione del Factsheet INAIL 2024: “PRODUZIONE DI IDROGENO VERDE DA SUBSTRATI ORGANICI”

Redazione InSic

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