Ritardanti di fiamma alogenati: la soluzione per la prevenzione incendi in ambienti di lavoro

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Sul sito INAIL è stato pubblicato un nuovo studio del DIT dell’INAIL dal titolo: “PROCEDURA SPERIMENTALE PER LA DETERMINAZIONE DI RITARDANTI DI FIAMMA ALOGENATI PRESENTI IN AMBIENTI DI LAVORO” sui ritardanti di fiamma alogenati (HFR) impiegati in comuni oggetti o materiali facilmente infiammabili per ridurre, in caso di incendio, lo sviluppo di fumo e contenere la propagazione della fiamma ma dai quali possono derivare effetti avversi sulla salute e, per la loro tossicità, sono stati gradualmente banditi e sostituiti con nuovi composti di struttura simile.
L’obiettivo del laboratorio INAIL è stato dunque quello di mettere a punto un metodo per la determinazione simultanea di composti di vecchia e nuova generazione, tramite l’utilizzo di un materiale standard di riferimento. Il metodo ottimizzato è stato applicato a campioni di PM raccolti all’interno di un impianto di smaltimento di apparecchiature elettriche ed elettroniche, al fine di stabilire le concentrazioni di questi inquinanti ai quali possono essere esposti gli operatori durante le fasi di lavorazione.
Il metodo realizzato da INAIL e descritto nella pubblicazione rappresenta un valido strumento da utilizzare in luoghi di lavoro analoghi, al fine di collezionare informazioni sulle concentrazioni di BFR emergenti nelle strutture di trattamento RAEE.

I ritardanti di fiamma

I ritardanti di fiamma alogenati (HFR), introdotti massicciamente nei primi anni ’70, sono impiegati in comuni oggetti o materiali facilmente infiammabili per ridurre, in caso di incendio, lo sviluppo di fumo e contenere la propagazione della fiamma. Molti di questi composti sono associati ad effetti avversi sulla salute, tra cui l’alterazione endocrina, il cancro, l’immunotossicità, la tossicità riproduttiva e gli effetti avversi sullo sviluppo della funzione neurologica fetale e infantile.
A causa della loro tossicità della loro persistenza nell’ambiente, alcuni ritardanti di fiamma sono stati banditi e sostituiti con nuovi composti di struttura simile. Le proprietà chimico-fisiche dei policlorobifenili (PCB) e i loro bassi costi di produzione hanno facilitato il loro uso come ritardanti di fiamma. Già negli anni ’70, divenuti noti gli effetti negativi sull’uomo e sull’ambiente, il loro uso fu dapprima ridotto, quindi la loro produzione fu bandita. Tuttavia, sebbene i PCB non siano usati già da alcuni decenni, la loro persistenza rende la concentrazione ambientale ancora molto alta.
Tra i ritardanti di fiamma bromurati (BFR), i più usati sono stati i polibromobifenil eteri (PBDE). Nel 2009, la Convenzione di Stoccolma ne ha vietato la produzione e l’uso. I cosiddetti “BFR legacy” sono definiti obsoleti, ma, a causa della loro ubiquità nell’ambiente, sono ancora ampiamente monitorati.

I nuovi BFR

I nuovi BFR (NBFR) sono ora considerati un’alternativa più sicura ai composti proibiti, sebbene il loro comportamento non sia ancora pienamente noto né per tossicità né per azione a lungo termine. Queste sostanze presentano strutture chimico-fisiche e caratteristiche molto simili a quelle dei ritardanti di fiamma legacy per la loro struttura aromatica, l’alto grado di alogenazione, la bassa solubilità in acqua. Quindi, analogamente ai composti vietati, è probabile che anch’essi siano tossici, che si bioaccumulino negli organismi e che siano persistenti, in grado di muoversi nell’ambiente per lunghe distanze. Tracce di NBFR sono state già trovate nella regione artica distribuite sia nel suolo che nei sedimenti.
Nelle atmosfere degli impianti di riciclaggio dei rifiuti elettrici ed elettronici, negli uffici dotati di computer o negli impianti di riparazione dei computer, ritardanti di fiamma alogenati legacy e nuovi coesistono e possono essere trovati a concentrazioni non trascurabili

Ricerca INAIL su ritardanti di fiamma

L’Obiettivo del laboratorio è stato, pertanto, mettere a punto un metodo per la determinazione simultanea di composti di vecchia e nuova generazione, con particolare attenzione alla qualità del dato, tramite l’utilizzo di un materiale standard di riferimento. Sono quindi state ottimizzate le procedure di estrazione da particolato e di analisi cromatografica selettiva e sensibile di tutti i composti target. Gli analiti presi in considerazione sono l’esabromociclododecano (HBCD), 5 PBDE, 10 NBFR e 22 PCB obsoleti inclusi 9 composti diossina-simili (CB 77, CB 81, CB 105, CB 114, CB 126, CB 156, CB 157, CB 167 e CB 169).
Essendo il materiale particolato (PM) una matrice complessa, contenente molte sostanze che potrebbero interferire nell’analisi in gascromatografia-spettrometria di massa (GC-MS), la fase di purificazione dei campioni estratti si è dimostrata essenziale per una soddisfacente prestazione cromatografica.

Il metodo ottimizzato è stato applicato a campioni di PM raccolti all’interno di un impianto di smaltimento di apparecchiature elettriche ed elettroniche, al fine di stabilire le concentrazioni di questi inquinanti ai quali possono essere esposti gli operatori durante le fasi di lavorazione.

Redazione InSic

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