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Serbatoi fuori terra e omessa presentazione di SCIA, il giudizio della Cassazione

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La giurisprudenza, con due sentenze, l’una del dicembre 2019 (Cass. Pen., Sez. III, n. 50776/19 ud. 25 giugno 2019, dep.16 dicembre 2019, Pacca, Est. Macrì) e l’altra del gennaio 2020 (Cass. Pen., Sez. III, n. 1571/20, ud. 8 ottobre 2019, dep. 16 gennaio 2020, Bellusci, Est. Corbetta) è giunta a sciogliere una importante questione interpretativa relativa all’omessa presentazione della SCIA, generatasi dall’avvicendamento della normativa di settore.

L’articolo che segue è estratto dall’articolo: “Serbatoio di GPL, fuori terra: il reato di omessa presentazione della SCIA secondo la Corte di Cassazione” di A.Bianchi (Cultrice di Diritto del Lavoro, Università degli Studi di Milano) pubblicato sulla rivista Antincendio n.2/2021 (sfoglia l’indice dei contenuti).

Sentenza Cass. Pen., Sez. III, n. 50776/19: la vicenda

Un interessante caso è esaminato dalla sentenza Cass. Pen., Sez. III, n. 50776/19 circa l’omessa presentazione della SCIA (prima CPI: Certificato di Prevenzione Incendi) in relazione al reato di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 139/2006.
Nel caso di specie si trattava della presenza di un serbatoio di GPL, fuori terrae ad asse ver ticale, posizionato su un terreno recintato, nel retro del luogo di abitazione dell’imputato, a margine di una strada comunale, in un’area asservita al fabbricato e sprovvisto di SCIA per la sicurezza antincendi. Avverso la pronuncia di condanna del Tribunale di Benevento si muovono le doglianze del ricorrente: in primo luogo la motivazione della condanna sarebbe stata fondata su un accertamento di tipo induttivo dei verbalizzanti, mentre non dava conto del ragionamento logico giuridico che aveva portato ad un tale esito sanzionatorio.
Al contrario, il ricorrente sosteneva il valore determinante della prova di non essere titolare di un diritto di proprietà sul fabbricato cui era asservito il terreno ospitante il serbatoio GPL sguarnito di SCIA per la prevenzione antincendio. In secondo luogo, l’imputato lamentava un vizio di procedibilità dell’azione penale, dal momento che non era stato esperito il preventivo procedimento amministrativo e il Pubblico Ministero avrebbe dovuto assicurarsi la possibilità della sanatoria dell’abuso ovvero il pagamento di una sanzione di natura prettamente amministrativa.

Sentenza Cass. Pen., Sez. III, n. 50776/19 – il Giudizio della Corte

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 50776/19, nel respingere il ricorso dell’imputato che affermava un vizio di motivazione circa l’applicazione delle sanzioni penali di cui all’art. 20 D.Lgs. n. 139/2006, ha affermato che “il primo motivo relativo alla qualità soggettiva non coglie nel segno, perché l’imputato si è limitato a contestare di non essere proprietario dell’immobile, circostanza questa del tutto irrilevante rispetto al dettato normativo dell’art. 20, comma 1, D.Lgs. n. 139/2006 che, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, puniva con la pena dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da euro 258 ad euro 2.582 “chiunque”, in qualità di titolare di una delle attività soggette al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, avesse omesso di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo, nel caso di attività comportanti la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui fossero derivati, in caso di incendio, gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni, individuati poi, ai sensi del precedente art. 16, comma 1, dal D.P.R. n. 151/2011″.
La Suprema Corte, pertanto, chiarisce che l’unico criterio per individuare i soggetti attivi del reato è quello dell’esercizio di un’attività tra quelle che all’epoca dei fatti comportavano la necessaria richiesta di rilascio del CPI (oggi necessaria presentazione della SCIA) in quanto connotate da pericoli rilevanti per l’incolumità della vita e dei beni, con rinvio alle categorie contenute nel D.P.R. n. 151/2011.
In alcun modo determinante è, pertanto, lo status dell’imputato circa la titolarità del diritto di proprietà sull’immobile e sul terreno ad esso asservito, mentre la sola titolarità da considerarsi è quella riferita all’attività esercitata o alla detenzione e impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che, in caso di incendio, comportino gravi pericoli per l’uomo e i beni. Si consideri altresì come elemento di particolare rilievo la circostanza che il serbatoio oggetto della pronuncia si trovava collocato ai margini di una strada comunale, con evidente messa in pericolo dell’incolumità pubblica.

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Redazione InSic

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