Attività commerciali: l’evoluzione della normativa antincendio dagli anni ’50 ad oggi

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Il Legislatore ha sempre prestato grande attenzione alle attività commerciali dal punto di vista antincendio. Ripercorriamo la normativa antincendio di riferimento delle attività commerciali a partire dai primi provvedimenti fino alle ultime evoluzioni nel Codice di prevenzione Incendi e nella RTV dedicata.
Il contributo è tratto dall’articolo “La prevenzione incendi nelle attività commerciali: la “Cascina Merlata” di Milano” (Fiorenzo Zaccarelli, Guido Zaccarelli), pubblicato sulla rivista Antincendio n.2/2021.

Centri commerciali: la normativa degli anni ’50 e 60

Il DPR 547 del 1955, all’art. 36, ed il conseguente D.P.R. 689 del 1959, al punto 5, rendevano soggette al controllo dei VV.F. i “magazzini di vendita” (all’epoca erano chiamati così) con oltre 50 addetti. Non era troppo difficile ricadere fra le attività soggette se si considera che all’epoca i grandi magazzini di vendita disponevano di personale in grande numero, molto più di oggi.
Il D.M. 27 settembre 1965, al punto 97, assoggettava al controllo dei VV.F. i “Depositi e grandi magazzini di vendita di abiti, biancheria, maglieria ed altri simili indumenti; grandi empori per la vendita di oggetti di genere vario; supermercati.” Si noti che l’assoggettabilità era dovuta esclusivamente al tipo di merce trattata e non alla dimensione.

Attività commerciali dal D.M. 16 febbraio 1982 al D.P.R. n.151/2011

Il D.M. 16 febbraio 1982, con cui abbiamo lungamente convissuto, al punto 87 rende soggette al controllo dei VV.F. i “Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all’ingrosso o al dettaglio con superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva dei servizi e depositi”. Attenzione dunque: ai fini del calcolo della superficie occorre considerare il locale di vendita ed anche tutti i locali di servizio (scorta merci, uffici, servizi, ecc.): non solo il locale di vendita.
Una soglia così bassa, solo 400 mq, ha avuto l’effetto di far ricadere entro le attività soggette anche negozi di superficie relativamente modesta, in centro città.

Il D.P.R. 1 agosto 2011 n. 151, al punto 69, presenta una dizione molto simile alla precedente: “Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all’ingrosso o al dettaglio, fiere e quartieri fieristici, con superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva dei servizi e depositi. Sono escluse le manifestazioni temporanee, di qualsiasi genere, che si effettuano in locali o luoghi aperti al pubblico”. Il D.P.R. 151 stabilisce anche le categorie: categoria A fino a 600 m2, categoria B da 600 a 1.500 m2, categoria C oltre 1.500 m2.

Attività commerciali: le soglie del Codice di prevenzione Incendi e della RTV

Le soglie che distinguono le categorie non appaiono legate alle usuali classificazioni commerciali e non sono ben raccordate alle soglie previste dal Codice di prevenzione incendi ed in particolare dalla RTV applicabile (D.M. 23 novembre 2018, così come modificato dal D.M. 14 febbraio 2020). Il D.M. 14/2/2020 così recita:

V.8.3 Classificazioni
1. ai fini della presente regola tecnica, le attività
commerciali sono classificate come segue:
a. in relazione alla superficie lorda utile A:

  • AA: A = 1500 mq;
  • AB: 1500 mq < A = 3000 mq;
  • AC: 3000 mq < A = 5000 mq;
  • AD: 5000 mq < A = 10000 mq;
  • AE: A > 10000 mq.

Come si può notare, le soglie previste dalla RTV non sono congruenti con le soglie di assoggettabilità previste dal D.P.R. 151/2011, tanto che addirittura tutte le attività in Categoria A e B sono classificate AA secondo la RTV, mentre le attività in Categoria C dispongono di ben 4 diverse categorie. È auspicabile una riformulazione delle Categorie A, B e C del D.P.R. 151/2011 per renderle più aderenti alla realtà delle attività commerciali ed alla più recente classificazione della RTV.

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La prevenzione incendi nelle attività commerciali: “Cascina Merlata” di Milano
Fiorenzo Zaccarelli, Guido Zaccarelli
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