Industria chimica e valutazione del rischio incendio ed esplosione – un caso di studio

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La valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro industriali è un obbligo dei datori di lavoro ai sensi del D. Lgs. 81/2008 e s.m.i.. Essi sono tenuti a redigere un documento completo che consideri la totalità dei potenziali pericoli connessi alle loro attività. Anche nei casi in cui allo stabilimento si applichino normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro tra cui, ad esempio, il D. Lgs. 105/2015 in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti o il D.P.R. 151/2011 in materia di prevenzione incendi per le attività soggette al controllo dei Vigili del fuoco.
Tra i potenziali rischi che insistono nei luoghi di lavoro, i rischi di incendio ed esplosione sono presenti in numerose attività produttive ed industrie, in particolare nel settore della industria di processo, in considerazione delle sostanze pericolose presenti e delle lavorazioni condotte.
L’articolo di Enrico Danzi, Luca Fiorentini, Luca Marmo pubblicato su Antincendio n.4/2019 mostrerà un esempio di impiego di metodologie per la conduzione di una corretta valutazione del rischio di incendio in questi contenti mediante l’illustrazione di un caso studio al quale è stato applicato un flusso di lavoro elaborato dagli autori volto a migliorare, con le attuali conoscenze, strumenti speditivi operanti con indici elaborati nel passato ed ancora estremamente validi.

L’articolo completo è disponibile per abbonati alla rivista Antincendio.

L’analisi del rischio di incendio, nelle aziende industriali chimiche e di processo, in considerazione della complessità delle stesse (sostanze, layout, lavorazioni, organizzazione, …). Numerose sono le metodologie per la conduzione di una corretta valutazione del rischio di incendio (e di esplosione). È responsabilità dell’analista l’individuazione della metodologia maggiormente idonea in relazione al grado di complessità, ai pericoli presenti, alla disponibilità di dati derivanti dall’esperienza operativa e dall’analisi storica di casi similari. La valutazione deve essere condotta in termini quantitativi, ovvero con la determinazione del grado di rischio a partire dalle sue componenti fondamentali descrittive del fattore “probabilità di occorrenza” (o frequenza) e del fattore “magnitudo degli effetti” (o conseguenze attese).
Per addivenire a questa valutazione nei casi maggiormente complesse si impiegano tecniche denominate QRA (quantitative risk assessment) fondate sull’impiego di tecniche di screening dei pericoli (Hazop, Hazid, PHA, etc.) di tecniche matematiche quali alberi dei guasti, alberi degli eventi, diagrammi Bow ? Tie, schede LOPA e di calcolazioni più o meno sofisticate per la valutazione degli effetti conseguenti, per l’uomo, per l’ambiente all’interno ed all’esterno del perimetro aziendale. Questi procedimenti risultano essere obbligatori in determinati ambiti di applicazione normativa quali gli stabilimenti soggetti alla “Direttiva Seveso” o le installazioni soggette alla “Direttiva Offshore”.

Per tutte le altre situazioni l’impiego di valutazioni QRA o FERA (Fire & Explosion Risk Assessment), ovvero la quota parte della QRA afferente i rischi di incendio ed esplosione, può essere estremamente oneroso in termini di tempo e di risorse. In aziende industriali di limitate dimensioni, pur sempre caratterizzate da pericoli di incendio ed esplosione derivanti dalla detenzione e/o dalla lavorazione di sostanze pericolose, per evitare l’impiego di sistemi di valutazione limitatamente oggettivi e non quantitativi (come le classiche e pur molto diffuse “matrici di rischio” fondate sul solo giudizio esperto) è possibile ricorrere all’impiego di metodi ad indici operanti su combinazioni di penalità e compensazioni che descrivono le aree e le unità logiche di processo fornendo in esito una gerarchia di pericoli (indici non compensati determinati dalle caratteristiche intrinseche dei luoghi, delle sostanze e delle lavorazioni) e di rischi (indici compensati dalla applicazione di misure di prevenzione e protezione).

I metodi più comuni operanti con indici sono sviluppati da Dow Chemical Company e Imperial Chemical Industries, ovvero l’indice di incendio e di esplosione (F & EI) e l’indice di Mond. Ultimamente, Khan et al. (2001) hanno sviluppato il metodo SW & HI (Safety Weighted & Hazards Index) che potrebbe essere applicato anche alla valutazione del rischio di incendio ed esplosione nelle realtà industriali chimiche. In questo lavoro questi metodi sono applicati ad un impianto chimico di processo per verificare le loro somiglianze, discrepanze e accuratezza per valutare il rischio di incendio ed esplosione. Il caso è limitato all’area di un impianto chimico all’interno di uno stabilimento. Il livello di rischio medio (o moderato) è stato ottenuto in modo simile dai diversi metodi, l’Indice Mond è il metodo che, tra quelli impiegati, ha fornito una classificazione maggiormente severa del rischio. Il processo più critico per il rischio di F & E nella struttura, secondo tutti i metodi, è stato individuato nella procedura di imballaggio della polvere combustibile.

Gli autori dell’articolo hanno proposto una modifica dell’indice SW&HI per superare i suoi limiti e ottenere uno strumento più versatile, da utilizzare come strumento preliminare di screening nel processo di valutazione del rischio della maggior parte delle industrie chimiche. Il nuovo metodo ad indici elaborato incorpora i rischi relativi alle sostanze solide, che non sono stati considerati dai metodi originali (proprietà ossidanti, esplosive e combustibili).

Riferimenti bibliografici:
Valutazione del rischio incendio ed esplosione per l’industria chimica di processo
un caso studio con l’approccio speditivo
Enrico Danzi, Luca Fiorentini, Luca Marmo

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Redazione InSic

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