Rischio esplosione e mancate misure di protezione

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La Corte di Cassazione Penale, sez. IV, con la sentenza n. 24469 dell’ 8 giugno 2015 (disponibile in integrale sulla nostra Banca Dati Sicuromnia, ha ritenuto infondato il ricorso del direttore dello stabilimento di una società, ritenuto il responsabile dell’infortunio di un lavoratore vittima di un’esplosione, per non aver adottato le misure di prevenzione e protezione.
Gli ermellini hanno escluso che il lavoratore avesse tenuto una condotta abnorme, tale da non rendere efficace il nesso di causalità, in quanto egli aveva compiuto un’operazione rientrante nelle sue mansioni.

Il fatto
Il direttore dello stabilimento di una società, con delega di funzioni in materia di sicurezza, è stato condannato in primo grado per aver cagionato lesioni personali ad un lavoratore.
Nello specifico, il lavoratore aveva riportato ustioni sul corpo di terzo grado, con la conseguente impossibilità di svolgere le sue mansioni per un periodo superiore a quaranta giorni.
La colpa del direttore è stata individuata nel non aver adottato appropriate misure organizzative e di protezione, per quel che concerneva le operazioni di caricamento delle polveri nei reattori, che avevano scatenato l’esplosione e l’infortunio del lavoratore; ed anche, nel non aver elaborato e aggiornato il documento sulla protezione contro le esplosioni per i rischi derivanti da atmosfere esplosive.
In appello, la responsabilità del direttore veniva confermata per il fatto che la scheda tecnica, relativa alle operazioni di scioglimento della polvere nel miscelatore, era carente soprattutto per quel che concerneva il rischio di scoppio dovuto al contatto tra le polveri con diversa carica.
La corte territoriale aveva osservato, inoltre, che il lavoratore aveva tenuto un comportamento negligente, tale da rendere possibile la sussistenza del nesso di causalità tra le omissioni e l’evento accaduto.
Il direttore della società, a seguito della decisione assunta in Appello, decideva di proporre ricorso per Cassazione affermando che i lavoratori erano stati adeguatamente informati sui potenziali rischi della lavorazione e che non fosse necessario l’utilizzo di uno schermo protettivo; oltre al fatto che, secondo il ricorrente, il lavoratore in questione aveva tenuto una condotta abnorme, per aver disatteso le sequenze indicate nella scheda di produzione.

La decisione della Cassazione Penale
Secondo la Corte di Cassazione il ricorso del direttore della società è infondato.
La decisione si fonda sull’analisi del percorso argomentativo seguito dalla Corte d’Appello, il quale non presenta fratture, soprattutto quando ha considerato che la scheda tecnica fosse carente nella parte in cui avrebbe dovuto dettare la sequenza da adottare per introdurre le polveri nel miscelatore.
La corte territoriale ha giustamente rilevato che il tema delle tempistiche della lavorazione delle vernici trasparenti non era stato affrontato nei corsi in materia di sicurezza, e che le schede tecniche fornite ai lavoratori erano carenti sul rischio di scoppio tra polveri di diversa carica.
Secondo la Cassazione, l’osservazione della corte territoriale che evidenziava la necessità di predisporre uno schermo protettivo idoneo a chiudere il miscelatore, era legittima. Ciò perché lo schermo avrebbe evitato il contatto delle polveri con l’ossigeno e avrebbe protetto il lavoratore da uno scoppio accidentale.

Sulla condotta abnorme del lavoratore, la Corte ha ritenuto il motivo infondato in quanto le norme antinfortunistiche devono garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro anche quando i lavoratori sono disattenti nello svolgere le loro mansioni.
Difatti, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore sono funzionali anche alla possibilità che il lavoratore tenga una condotta imprudente o negligente.
Secondo la giurisprudenza, va escluso il rapporto di causalità nei casi in cui il lavoratore tenga una condotta abnorme, la quale corrisponde a un comportamento che si pone al di fuori di ogni possibilità di controllo delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. Inoltre, la colpa concorrente del lavoratore non esclude che i soggetti su cui grava l’obbligo di sicurezza siano ritenuti i responsabili della violazione delle prescrizioni in materia antinfortunistica.
Per la Corte, di certo non va ritenuta abnorme, come nel caso di specie, la condotta del lavoratore che ha compiuto un’operazione rientrante nelle sue attribuzioni o nel segmento di lavoro attribuitogli (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007).

Alla luce di questi orientamenti, secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha fatto una corretta valutazione quando ha considerato che la condotta negligente del lavoratore non escludeva il nesso causale sulle omissioni in materia di sicurezza.
Quanto alla prevedibilità dell’evento, la Cassazione ha affermato che i giudici del merito hanno correttamente evidenziato che l’evento accaduto rientrava nell’area del rischio tipico della lavorazione e che, quindi, il rischio di deflagrazione era prevedibile, sia per le modalità temporali della lavorazione delle polveri sia per il pericolo di ustioni per il lavoratore, proprio per la mancanza dell’uso di uno schermo protettivo.
Ai fini del giudizio di prevedibilità per configurare la colpa, bisogna avere riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita a una situazione di danno (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 35309 del 25/06/2013).
La responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire, come nel caso in esame; pertanto, la colpa dell’agente va ricondotta all’evento scaturito dalla violazione della regola cautelare (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 1819 del 03/10/2014).
Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso.

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Redazione InSic

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