Vie di esodo da locale archivio interrato e utilizzo di una scala

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Nuovo quesito per la rivista Antincendio!
Un abbonato chiede informazioni circa la possibilità di utilizzo di una scala come seconda via di esodo all’interno di un piano interrato nel quale si intende realizzare la compartimentazione dei locali ad uso archivio.
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Il Quesito presentato alla rivista Antincendio

In un edificio esistente di 4 piani adibito ad uffici con numero di addetti inferiore alle 100 unità, dotato di una unica scala protetta, e di impianto di rilevazione su tutta l’attività, si vogliono realizzare alcuni archivi al piano interrato suddividendo la superficie del piano in più locali compartimentati. Il maggiore non supererà i 60 mq.
I percorsi di accesso/uscita sui quali si affacciano le porte tagliafuoco dei singoli archivi sono due:
– uno, costituito da una scala larga 68 cm che conduce alla citata scala protetta al piano terra
– uno costituito da un corridoio e scala larga 116 cm che, consente con percorso di 28 m. di raggiungere la stessa scala protetta seguendo altra direzione.
Tutte le porte degli archivi che si affacceranno sul percorso di uscita saranno del tipo tagliafuoco con caratteristiche analoghe a quelle delle strutture. Alcune si apriranno verso l’interno dei locali altre verso l’esterno essendo l’apertura ininfluente per l’assenza di personale fisso. Il carico di incendio supera i 60 kg. lg/mq
La scala larga 68 cm può essere utilizzata come seconda via evitando che il percorso di 28 m venga considerato corridoio cieco ammettendo che per la zona considerata persista ancora il vincolo di corridoio cieco?

Secondo l’Esperto della rivista Antincendio

La lunghezza e la larghezza di un sistema di vie d’esodo, ai fini antincendio, trovano una adeguata definizione all’Allegato III del D.M. 10/03/98, che fissa i “Criteri Generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro”, ancor oggi valido ai sensi del comma 4 – art.46 del D.Lgs. n. 81/08. Al punto 3.3 dell’Allegato III al citato D.M. sono indicate le lunghezze massime ammissibili per i corridoi ciechi, mentre al punto 3.5 dello stesso Allegato III è indicata la larghezza delle vie di fuga.
Tenuto conto che per calcolare la capacità di deflusso di un sistema di vie d’esodo, viene assunto il valore di 0,60 m per un modulo (una persona normale), verrebbe da dire che il sistema di vie d’esodo proposta dal lettore rispetta i parametri indicati nel citato Allegato III. C’è però da osservare che il normatore, per tener conto dell’eventuale presenza di portatori di handicap, ha stabilito che quando una via di fuga è costituita da un solo modulo, la larghezza debba essere portata a m 0,80 (con le tolleranze indicate nello stesso punto 3.5).
A questo punto, per evitare che il corridoio di 28 m. sia da considerare un “corridoio cieco”, direi senz’altro di utilizzare la seconda scala di 0,68 m, sufficiente a consentire l’evacuazione di una persona normale (modulo 0,60 cm), indicando chiaramente che tale via d’esodo non sarebbe idonea per l’evacuazione di portatori di handicap (quali sedie a rotelle, ecc.), ma, tenuto conto del basso affollamento presente negli archivi e dell’avvertenza di non consentire la presenza di portatori di handicap al piano interrato( archivi), direi che la seconda scala può essere normalmente utilizzata in caso di emergenza, nel rispetto , quindi, della normativa vigente.

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Redazione InSic

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