Le fonti di accensione e il pericolo di esplosione: condizioni e fattori scatenanti

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In questo articolo si analizza l’influenza delle condizioni ambientali, delle caratteristiche delle sostanze e del loro stato fisico rispetto all’innesco, per finire con un breve focus sull’innesco da elettricità statica.

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dal titolo: “VALUTAZIONE DEI RISCHI DA ATMOSFERE ESPLOSIVE  – In conformità al D.Lgs. 81/2008 e al D.M. 3/8/2015
relatore: l’Ing. A. Cavaliere

Innesco e atmosfere esplosive: le disposizioni del Testo Unico di Sicurezza

Nel D.Lgs. 81/2008, all’articolo 289 comma 2, in merito alla prevenzione e protezione contro le esplosioni, è previsto che qualora la natura dell’attività non consenta di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve evitarne l’accensione.

Lo stesso decreto, all’articolo 290, stabilisce che il datore di lavoro, nell’elaborare la valutazione dei rischi, riguardo a quelli specifici derivanti da atmosfere esplosive, deve tener conto della probabilità che le fonti di accensione (comprese le scariche elettrostatiche), siano presenti e possano divenire attive ed efficaci.

La definizione di innesco

L’innesco è la condizione energetica necessaria affinché una reazione di combustione, nel caso in esame un’esplosione, si verifichi. Non basta che una miscela combustibile-aria sia compresa entro i limiti di esplodibilità per far avvenire la reazione, ma occorre che almeno un volume critico di miscela venga riscaldato, quanto basta, per iniziare la reazione a catena di combustione che provoca la propagazione della fiamma. Perché questo accada, la sorgente di innesco deve trovarsi a una certa temperatura e liberare una determinata quantità di energia.

I requisiti dell’innesco

L’innesco è costituito da qualsiasi sorgente di calore (scintilla, fiamma, corpo caldo, ecc.) che abbia i seguenti requisiti:

  • temperatura uguale o superiore a quella di accensione della miscela;
  • apporto di energia calorica;
  • durata sufficiente del tempo di contatto.

Quali fattori influenzano l’innesco?

Le proprietà dell’innesco vengono influenzate in maniera determinante dalla temperatura e dalla pressione dell’atmosfera. La maggior parte dei requisiti e dei parametri tecnici delle sostanze, si riferiscono alle condizioni atmosferiche normali, cioè miscele con aria nelle quali la concentrazione di ossigeno nell’atmosfera è approssimativamente del 21%, ad una pressione compresa tra 0,8 bar e 1,1 bar e ad una temperatura tra -20 °C e 40 °C.

Effetti della temperatura sull’innesco

La temperatura influenza notevolmente le caratteristiche di infiammabilità in quanto agisce sulla tensione di vapore, sulla velocità di reazione, sui limiti di esplodibilità, sulla velocità di propagazione della fiamma, sulla tendenza all’autoaccensione, ecc.

Solitamente, un aumento di temperatura produce un allargamento dell’intervallo di esplodibilità, cioè il limite inferiore (LEL) si abbassa, mentre quello superiore (UEL) si alza. I limiti variano linearmente con la temperatura e l’effetto si fa sentire soprattutto sul limite superiore.

Effetti della pressione sull’innesco?

Anche la pressione influenza

  • la velocità di reazione;
  • la velocità di propagazione della fiamma;
  • i limiti di esplodibilità.

In generale, pressioni più alte tendono ad allargare l’intervallo di esplodibilità, pressioni più basse a restringerlo.

Con la riduzione della pressione, i limiti di esplodibilità si avvicinano tra loro: a livelli di pressione molto bassi la propagazione della fiamma può risultare talmente ostacolata che la miscela diventa non esplosiva. Aumentando la pressione, invece, l’intervallo di esplodibilità si estende, soprattutto come conseguenza dell’innalzamento del limite superiore. In pratica, tuttavia, l’effetto della pressione sui limiti di esplodibilità non è sempre facilmente prevedibile, in quanto non si esercita sempre nello stesso senso, ma è piuttosto specifico per ciascuna miscela.

L’innesco in relazione alla temperatura di infiammabilità

Generalmente non è possibile innescare una miscela di vapore/aria su un liquido che sia al di sotto della sua temperatura di infiammabilità. Per evitare l’innesco, tuttavia, è consigliabile mantenere la temperatura del liquido ad almeno 5 K sotto la sua temperatura di infiammabilità, mentre per miscele contenenti liquidi con ampia gamma di sostanze volatili, questa temperatura deve essere incrementata di almeno 15 K.

Esiste una corrispondenza tra temperatura di infiammabilità e limite inferiore di esplodibilità (LEL) che passa tramite la tensione di vapore della sostanza infiammabile.

L’innesco in relazione alla granulometria delle polveri combustibili

Il pericolo di esplosione di una polvere sussiste se le dimensioni delle particelle sono inferiori a 0,5 mm e la concentrazione di polvere rientra nei limiti di esplodibilità (per la maggior parte delle polveri di origine organica LEL tipicamente compresi tra circa 15 g/m3 e 150 g/m3). La polvere reagisce maggiormente quanto più piccole sono le particelle che la compongono, ciò a causa della maggiore superficie esposta all’atmosfera (l’energia minima di innesco è tanto minore quanto più fine è la polvere), possono fare eccezione le polveri metalliche che si ossidano se esposte all’aria.

I processi di combustione che avvengono durante un’esplosione di polvere, provocano reazioni chimiche all’interfaccia tra il solido combustibile e il gas comburente. Di conseguenza l’area superficiale disponibile per l’ossidazione e il trasferimento di calore ha un effetto significativo sull’inizio e sulla propagazione di un’esplosione di polvere.

Innesco di gas e vapori infiammabili

L’energia di accensione di una miscela di gas o vapore con l’aria, nel campo di esplodibilità (tra il LEL e l’UEL), varia in funzione della concentrazione di sostanza infiammabile nell’aria e raggiunge il valore minimo (MIE) in corrispondenza del rapporto stechiometrico al quale si riferisce la corrente minima di accensione (MIC).

Le sostanze infiammabili hanno comportamenti diversi nei confronti dell’esplosione, per questo motivo alcune costruzioni elettriche a sicurezza (prodotti Ex) del gruppo II sono suddivise nei gruppi IIA, IIB, IIC, in relazione al tipo di sostanza e al metodo di protezione.

Innesco di nebbie infiammabili

Lo sviluppo della combustione delle goccioline che costituiscono la nebbia, inizia con la fornitura di una certa quantità di energia da una sorgente esterna (energia di innesco). Questa energia fa aumentare la temperatura della goccia e provoca l’evaporazione di una parte del liquido. Se si forma una miscela infiammabile vapore-aria in prossimità della goccia, questa viene accesa dall’energia rimanente, provocando la combustione della goccia. L’energia fornita deve essere sufficiente per sostenere l’intero processo (energia minima di accensione).

La facilità di accensione aumenta al diminuire delle dimensioni delle gocce, ciò in quanto il liquido facente parte della goccia deve parzialmente vaporizzare prima dell’accensione. Con gocce di piccolo diametro, si ha un aumento del rapporto area superficiale/volume che accelera il processo di vaporizzazione, il quale è essenzialmente una combinazione del trasferimento di calore e di massa.

Cosa influenza la combustione delle nebbie?

Per la combustione delle nebbie, sono importanti le seguenti proprietà:

  • la quantità di liquido presente nella miscela;
  • la ‘finezza’ della dispersione, determinata dal diametro medio delle gocce (al diminuire delle dimensioni aumenta l’area superficiale e aumenta la velocità di evaporazione);
  • il moto relativo tra la fase liquida e quella gassosa.

Innesco di polveri combustibili

La reattività di un materiale in polvere differisce enormemente da quella allo stato compatto ed è funzione del suo grado di suddivisione, ossia della sua granulometria.

La spiegazione di quanto sopra sta nel fatto che la velocità della reazione è determinata dalla diffusione dell’ossigeno all’interno della sostanza; pertanto, quanto maggiore è il grado di compattezza del solido, tanto più lenta risulterà la combustione. A parità di massa, la reattività dipende dalla superficie esposta, ovvero dall’area superficiale della particella.

Man mano che le dimensioni delle particelle di una polvere diminuiscono, la superficie specifica aumenta, per cui la polvere brucia più facilmente, è più facilmente disperdibile e rimane più a lungo in sospensione. Anche la pressione massima d’esplosione e la velocità massima di aumento della pressione, aumentano al diminuire della granulometria, mentre diminuiscono l’energia minima di accensione e la concentrazione minima esplodibile (limite inferiore).

Come varia l’energia di innesco di polveri combustibili?

La minima energia di innesco (MIE) per una sospensione di polvere combustibile in aria è funzione di numerose variabili, ma in particolare dipende dalla concentrazione di polvere:

  • essa è minima in prossimità della concentrazione stechiometrica;
  • inoltre, l’energia di accensione aumenta drasticamente in prossimità delle concentrazioni corrispondenti ai limiti di esplodibilità.

Anche la concentrazione di comburente ha un notevole effetto sulla MIE: in generale, la riduzione del tenore d’ossigeno dal 21% al 10% in volume, aumenta l’energia minima di innesco di un fattore circa pari a 2. La MIE è fortemente influenzata anche dalle dimensioni delle particelle, in linea di massima è proporzionale al cubo del diametro delle particelle.

L’elettricità statica come causa d’innesco

La principale causa di formazione di una carica elettrostatica è il processo di carica per contatto: se due materiali o sostanze, in precedenza scarichi, vengono a contatto, avviene il trasferimento di carica, generalmente sulle aree di contatto. Separandosi, ciascuna superficie porterà con sé una carica uguale ma di polarità opposta.

Gli oggetti conduttivi possono elettrizzarsi per induzione, se si trovano in un campo elettrico originato da altri oggetti caricati, oppure da conduttori a potenziale elevato nelle vicinanze. Ogni oggetto può anche caricarsi se su di esso si accumulano particelle elettrizzate o molecole ionizzate.

Le scariche elettrostatiche più frequenti nelle attività industriali

Nelle attività industriali si possono riscontrare i seguenti tipi di scariche elettrostatiche:

1.            a scintilla;

2.            a corona;

3.            a spazzola;

4.            a spazzola propagante;

5.            a cono.

Tutti i suddetti tipi di scarica sono da considerare ‘potenziali’ per la maggioranza dei gas e dei vapori di solventi. Anche le miscele di nebbie o polvere/aria possono accendersi a causa dei sopraccitati tipi di scarica, mentre per le polveri combustibili l’accensione da scariche a corona è difficile che accada.

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Arturo Cavaliere

Laureato in ingegneria industriale, è stato progettista d’impianti elettrici per il settore industriale e per quello ferroviario, per poi ricoprire il ruolo di responsabile dell’ufficio tecnico delle sedi italiane di una società operante nel settore dell’antincendio. Successivamente ha ricoperto vari incarichi all’interno di Enel distribuzione, interessandosi soprattutto di alta tensione. Svolge attività professionale nel settore dell’impiantistica elettrica per i luoghi con pericolo di esplosione e si occupa inoltre di valutazione analitica e gestione dei rischi elettrici, da fulminazione, da atmosfere esplosive e di processo (PHA). È docente presso autorevoli Istituti ed Enti di formazione, in seminari e corsi. È autore di diverse pubblicazioni su riviste tecniche e di alcuni testi su impianti elettrici in ambienti pericolosi, sui lavori con rischio elettrico e relative qualifiche e sull’applicazione delle direttive ATEX. Scopri le pubblicazioni di Arturo Cavaliere per EPC Editore