Deep Web, cos’è e come si accede

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Se oggi chiunque, a livelli diversi di accuratezza, è in grado di descrivere cosa sia internet, non tutti invece sono, invece, a conoscenza dell’altra “faccia” della rete: il Deep Web. In questo articolo vediamo cos’è il Deep Web, cosa è possibile trovare e quali le differenze con il Dark Web. Vediamo inoltre come la normativa potrebbe contrastare il fenomeno criminale del Deep Web.

Cos’è il Deep Web

Il Deep Web rappresenta una realtà in continua espansione, portatrice di opportunità e pericoli in egual misura, troppo spesso demonizzata dalla stampa e in larga parte ignorata dai legislatori. L’avvento di una simile nuova tecnologia fa emergere pressanti quesiti di natura giuridica, politica, filosofica e sociologica, rispetto ai quali gli ordinamenti, soprattutto europei, rischiano di rimanere colpevolmente indietro.

Per avere una definizione semplice di Deep Web, partiamo dalla definizione fornita da Wikipedia: “Il web sommerso, spesso erroneamente confuso con il Dark Web (che è invece riferito alla navigazione web in anonimato), è l’insieme delle risorse informative del World Wide Web non segnalate dai normali motori di ricerca”.

Come si entra nel Deep Web?

Altro aspetto rilevante e inaspettato, consiste nello scoprire la semplicità con la quale è possibile accedere al Deep Web, le competenze informatiche necessarie sono quelle di base; più precisamente, basta scaricare un apposito browser – TOR – trovare i punti di accesso ed è possibile navigarlo.

Cosa si trova nel Deep Web?

Alcuni studi sostengono che il web, nella sua totalità, abbia circa 550 miliardi di documenti, dei quali Google ne indicizza appena due miliardi, vale a dire meno dell’uno per cento. Il tempo trascorso dagli ultimi tentativi di provare a dare una dimensione al Deep Web e l’elevato tasso di crescita della realtà in esame, fanno propendere per considerare i numeri presentati come una valutazione notevolmente a ribasso. Chi ha provato a dare contenuto visivo alla vicenda si è spesso servito dell’immagine di un iceberg, ciò che affiora – il cosiddetto “Surface Web” – è solo una piccolissima parte del blocco di ghiaccio.

Tipologia di contenuti

Qualunque contenuto online che sfugga all’indicizzazione dei motori di ricerca entra a pieno titolo a far parte del Deep Web. Ad esempio:

  • i post di un profilo Facebook chiuso, con adeguate impostazioni di privacy, non sono visibili ai motori di ricerca, dunque sono nel web sommerso.
  • tutti i siti che, come quello di Mark Zuckerberg, sono detti dinamici, ovverosia generano contenuti diversi a seconda dell’utente che vi acceda.
  • altri contenuti non rinvenibili dai motori di ricerca sono quelli scritti in linguaggio diverso dal canonico HTML o siti che necessitano di registrazione per accedere.

Deep Web e Dark Web: differenze

Si capisce, allora, che il Deep Web spaventoso e affascinante non è quello appena descritto, ma un suo sottoinsieme: il Dark Web, o Dark Net, o web anonimo. Qui sono presenti i temutissimi “hidden services”, raggiungibili solo tramite il sopracitato TOR. Può sembrare un paradosso, ma esistono siti accessibili solo anonimamente. Il volto scuro di questa realtà ha portato gran parte della stampa a non percepire le potenzialità sane di una simile tecnologia, creando una campagna contro il mezzo anziché contro i criminali che ne abusano. Si commette quindi un errore pensare che Deep Web e Dark Web siano la stessa cosa.

Come contrastare i crimini nel Deep Web

Ad oggi è la Polizia Postale a portare avanti la battaglia contro i crimini nel Deep Web, servendosi di normative preesistenti alla nascita – o quantomeno al dilagare – del fenomeno. Passi avanti sono stati compiuti solo con riguardo alla pedopornografia: la legge n. 38 del 2006 ha, infatti, istituito il CNCPO – Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia On-line – con il compito di scovare chi si macchia di tale reato anche a mezzo internet. Non solo, la riforma ha anche affrontato in maniera precisa e puntuale il problema in esame, equiparando – anche se con pene ridotte – la pedopornografia reale a quella virtuale e, di conseguenza, prevedendo la possibilità, per gli agenti sotto copertura impegnati nell’attività, di creare i cosiddetti siti “civetta” in modo da attirare eventuali criminali.

Deep Web: la normativa

A parte l’appena descritta presa di coscienza, c’è da segnalare una preoccupante inerzia negli altri campi. Basti pensare che la le locuzioni “Deep Web”, “Dark Web”, “Dark Net”, non compaiono in alcun atto dell’ordinamento italiano. Non una legge – o atto avente forza di legge – non un regolamento.

 Le normative esistenti avverso reati quali lo spaccio di droga, la diffusione di documenti falsi o la compravendita di merce contraffatta – tutte situazioni ampiamente riscontrabili nel Deep Web – operano, come è logico, anche quando la commissione del fatto avviene a mezzo internet. Ciò che manca, però, è una specifica disciplina che si occupi del “mezzo web anonimo”, come si è detto molto diverso dall’internet al quale siamo abituati.

Necessita, però, un’importante precisazione: le modifiche normative auspicate non devono investire gli aspetti sostanziali delle fattispecie considerate ma semplicemente garantire una miglior distribuzione di competenze e margini di manovra più ampi, come è stato fatto per la pedopornografia. Il rischio è arrivare a trattare in modo difforme condotte sostanzialmente dall’identico disvalore, ma eseguite a mezzo internet.

Deep Web: un po’ di storia

Non si possono tacere alcuni cenni storici legati alla nascita del Deep Web.

Arpanet

ARPANET era la tecnologia pensata e costruita nel 1969 dai tecnici del Ministero della difesa degli Stati Uniti. Si trattava di una rete di nodi secondo un’architettura Client/Server, preposta a scopi militari. Durante i successivi vent’anni, il sistema si diffuse nel mondo, restando, però, ancorato agli originali obiettivi di difesa in nome dei quali nacque. La svolta arrivò nel 1991, quando il CERN di Ginevra arrivò a definire il protocollo HTTP, di fatto primo passo verso l’Internet come lo conosciamo. Tuttavia la novità fu resa pubblica e a disposizione di tutti solo nel 1993, quando il mondo conobbe il World Wide Web.

Rete Onion

Nel 1995 la Marina degli Stati Uniti iniziò i lavori per lo sviluppo di un software capace di proteggere la sicurezza delle comunicazioni riservate attraverso un circuito di crittografia a strati, l’embrione della rete Onion.

Electronic Frontier Foundation

Anni dopo, e precisamente nel 2004, lo sviluppo di tale progetto, rilasciato con licenza libera, ricevette ingenti finanziamenti dalla “Electronic Frontier Foundation”. Quest’ultima è una ONG no-profit, formata da attivisti e avvocati, avente come missione la tutela della libertà di parola in internet e la difesa dei nuovi diritti digitali. Intuendo le potenzialità del software, la “EFF” voleva garantirne una diffusione globale, per scopi che non si limitassero alla sola difesa. Il progetto ha avuto, poi, molti altri finanziatori – tra i quali Google – e il concetto di rete Onion, con le fattezze di TOR Browser, è oggi la principale porta di accesso al Dark Web.

Questo breve excursus storico ha inteso dimostrare come, a dispetto di quanto si possa pensare, il “Surface Web” e il “Deep – e “Dark” – Web” siano cresciuti parallelamente e a brevissime distanze di tempo.

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