Import indiscriminato dei DPI: quali rischi per lavoratori e aziende?

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Nel 2020 l’import di DPI per la protezione delle vie respiratorie ha registrato un +1424% rispetto al 2019 per un valore di 3 miliardi e 178 milioni di euro (con la Cina come Paese dal quale abbiamo importato più prodotti con una percentuale di quasi il 90%). L’export ha registrato un +111% rispetto al 2019, per un valore di oltre 201 milioni di euro.

“Questo significa che il prodotto italiano sicuro marcato CE viene esportato in Europa, mentre l’Italia importa prodotti realizzati in deroga alle normative e privi della marcatura CE – commenta Claudio Galbiati, Presidente della sezione Safety di Assosistema Confindustria – tale contraddizione è conseguenza di due provvedimenti governativi tra loro contrastanti”.

Mercato DPI: Cura Italia e Invitalia due provvedimenti contrastanti

Secondo Galbiati: “Il decreto Cura Italia a marzo 2020 ha autorizzato l’immissione sul mercato di prodotti in deroga alle normative comunitarie spianando la strada ad una massiccia importazione di DPI provenienti dai paesi extraeuropei, in particolare dalla Cina, accompagnati da certificati non regolari, rilasciati da presunti enti ed organizzazioni, non in possesso del dovuto accreditamento in materia di DPI.

Al tempo stesso, l’agevolazione finanziaria di Invitalia di 47 milioni di euro ha stimolato gli investimenti delle aziende italiane che hanno ampliato e riconvertito i propri impianti e stabilimenti per aumentare la produzione di DPI”.

I risultati dell’analisi sul mercato dei DPI

Nella Giornata mondiale della Sicurezza sul Lavoro, Assosistema Confindustria, Associazione che rappresenta, le aziende che producono e distribuiscono i Dispositivi di protezione individuale (DPI) ha voluto presentare i risultati dell’analisi: “L’impatto del Covid-19 sull’import/export dei DPI nel 2020”.

L’associazione sottolinea come l’import indiscriminato dei DPI, oltre a rappresentare un rischio per la salute e la sicurezza di tutti gli utilizzatori, comporti inevitabilmente un peggioramento della situazione di mercato delle aziende italiane ed europee in quanto produce anche una drastica riduzione dei prezzi dei DPI, impensabili da sostenere per un’azienda italiana o europea.

I prezzi fuori mercato, con i quali sono commercializzati tali DPI derivano, perlopiù, dal risparmio derivante dalle diverse procedure di verifica della conformità che devono seguire i dispositivi certificati e rispondenti alla normativa di prodotto comunitaria, oltre al risparmio sul reperimento delle materie prime e al costo del lavoro.

Il sito dell’Agenzia delle dogane comunica che, da inizio dell’emergenza sanitaria ad oggi sono stati sdoganati DPI (FFP2 e FFP3) per un numero complessivo pari a 769.410.000.

Se si considera che a chiusura 2020, lo stesso dato era pari a 344.579.045, si rileva che, in soli 4 mesi, il dato 2021 di import di DPI, risulta già aver superato del +120.50% i valori del 2020.

Le richieste dell’Associazione

“Con l’obiettivo di ottenere un mercato competitivo e sano abbiamo avviato un confronto con la struttura del Commissario straordinario Figliuolo e con il Mise – ha concluso Galbiati – In particolare, abbiamo chiesto:

  • l’abolizione del processo di autorizzazione in deroga dei DPI non marcati CE;
  • un quadro chiaro sui quantitativi dei DPI necessari al settore sanitario ed industriale per la gestione dell’emergenza ad oggi e per il dimensionamento delle scorte strategiche per il futuro e, infine,
  • un coordinamento delle autorità di sorveglianza ed un rafforzamento dei controlli sui prodotti immessi.

Siamo ora in attesa di risposte concrete”.

Per maggiori informazioni

www.assosistema.it | assosistema@assosistema.it | P.E.C. assosistema@legalmail.it

Francesca Mariani

Coordinamento editoriale Rivista Ambiente & Sicurezza sul Lavoro