In questo caso i pubblici ministeri Raffaele Guariniello e Gianfranco Colace contestano a Schmidheiny il reato di omicidio volontario, con le aggravanti di aver commesso il fatto per “mero fine di lucro“ e “con mezzo insidioso“, perché avrebbe omesso l’ informazione sui rischi a lavoratori e cittadini e promosso, al contrario, una ‘‘sistematica e prolungata” opera di disinformazione. Il nuovo filone di indagine riguarda le morti per malattie amianto-correlate di 258 persone, tra operai e residenti, avvenute fino al 2014 nelle zone in cui sorgevano gli impianti Eternit di Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli.
La documentazione allegata all’atto di chiusura dell’inchiesta bis sulla multinazionale dell’amianto comprende anche le consulenze fatte sulle analisi, caso per caso, dei mesoteliomi di cui si ammalarono le vittime, oltre a numerose testimonianze. La procura ha configurato l’omicidio volontario perché ritiene che l’imputato, nonostante fosse al corrente della pericolosità dell’amianto, avrebbe “somministrato” comunque fibre della sostanza.
Il nuovo capo di imputazione di omicidio volontario pluriaggravato accoglie anche a una delle obiezioni formulate dai giudici della Corte Suprema, che nelle motivazioni della sentenza dello scorso 19 novembre avevano sottolineato come l’imputazione di disastro ambientale a carico di Schmidheiny non fosse la più adatta da applicare per il rinvio a giudizio, dal momento che la condanna massima sarebbe stata troppo bassa: “Colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverosia, in sostanza, una strage”, si legge infatti nel documento depositato il 23 febbraio, verrebbe punito soltanto con 12 anni di carcere e questo è “insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso”.
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