Malattia non tabellata: se non riconosciuta va indicata la fonte scientifica deviata

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La Corte di Cassazione, Sez. Lav, con la sentenza n. 20415 del 12 ottobre 2015, ha rigettato il ricorso di una lavoratrice di una stireria che chiedeva di riconoscerle la malattia professionale, sostenendo che è possibile denunciare il vizio della sentenza che si fonda sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, solo in caso di palese devianza delle nozioni correnti della scienza medica.

Il fatto
Una lavoratrice di una stireria, ricorreva in primo grado nei confronti dell’Inail, per vedersi riconoscere la malattia professionale.
La ricorrente sosteneva che la sua tendinite del sovra spinoso fosse dovuta all’attività svolta presso l’azienda.
Il giudice di primo grado respingeva la sua domanda; pertanto, la lavoratrice presentava ricorso in appello, ed i giudici della corte territoriale decidevano di confermare la sentenza di primo grado, non riconoscendole il diritto a una rendita per malattia professionale non tabellata, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica.
Per questo motivo la ricorrente presentava ricorso per cassazione.

La decisione della Cassazione Civile
La ricorrente, nel ricorso per cassazione, sosteneva che i giudici d’appello avessero recepito acriticamente le conclusioni del consulente di primo grado, senza che lo stesso avesse integrato i quesiti medico legali che gli erano stati posti in secondo grado.
Inoltre, il consulente non avrebbe valutato la gravosità delle mansioni svolte dalla lavoratrice, né la loro incidenza patogena.
Secondo gli ermellini, tale questione è infondata in quanto, nel giudizio d’invalidità, si può denunciare, in sede di legittimità, il vizio della sentenza che aderisce alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, solo in caso di palese devianza delle nozioni correnti della scienza medica.
Pertanto, al fine della contestazione, è necessario indicare la fonte scientifica che risulta deviata oppure indicare l’omissione degli accertamenti strumentali dai quali non si può prescindere per effettuare una corretta diagnosi.
Diversamente, la censura sarà considerata un mero dissenso diagnostico, il quale corrisponde ad una critica inammissibile nei confronti del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione” (Cass. Sez. 6^ – L, Ordinanza n. 1652 del 03/02/2012).
Nel caso di specie, la ricorrente non ha prodotto allegazioni nei termini appena esposti.

In un secondo motivo, era stato lamentato il mancato rinnovo della consulenza tecnica richiesta dalla parte.
Ebbene, i giudici di legittimità hanno aderito all’orientamento prevalente in giurisprudenza, il quale prevede che il giudice del merito non è tenuto a disporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio. Ciò in virtù del fatto che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito (Cass. Sez. 3^, Sentenza n. 17693 del 19/07/2013).

Per tali motivi, la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ha rigettato il ricorso della lavoratrice.

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Redazione InSic

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