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Malattie professionali: nesso di causalità tra l’infermità e servizio espletato

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La Cassazione Civile con la sentenza n. 12201 del 30 maggio 2014, richiamando la L. 27 dicembre 1997, n. 449, ha chiarito che dal primo gennaio 1999 i dipendenti dell’Ente Poste risultano assicurati all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) secondo la normativa vigente; da quella data il datore di lavoro sarebbe stato tenuto al versamento dei relativi premi al predetto Ente. Pertanto, il testo della Legge 449/1997 non consente di estendere anche all’equo indennizzo la competenza dell’Inail che, ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, assicura soltanto i danni dovuti ad infortuni sul lavoro o a malattie professionali.
Con l’occasione la Corte chiarisce anche in merito al riconoscimento della “sussistenza della malattia professionale e la sussistenza del nesso di causalità tra l’infermità riscontrata ed il servizio espletato”.

La vicenda
La controversia in esame nella sentenza n. 12201/2014, riguardava il ricorso proposto da un dipendente dell’Ente Poste nei confronti dell’INAIL, per il riconoscimento della “sussistenza della malattia professionale e la sussistenza del nesso di causalità tra l’infermità riscontrata ed il servizio espletato“.
Il ricorrente lamentava una violazione e falsa applicazione della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 7, del D.L. n. 487 del 1993 convertito in L. n. 662 del 1996 nonché degli artt. 100, 111 e 113 c.p.c., sostenendo che, rispetto alla domanda di riconoscimento della causa di servizio è legittimato passivo l’INAIL il quale è indicato dalla legge (L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 7) come successore della Commissione medica ospedaliere.
La Corte d’appello, rilevata la differenza tra l’istituto dell’equo indennizzo e la rendita per malattia professionale, riteneva, in ordine alla domanda di attribuzione dei benefici per causa di servizio, il difetto di legittimazione passiva dell’INAIL. Quanto alla rendita per malattia professionale asseriva che la stessa non poteva essere riconosciuta risultando esclusa una relazione di causa ed effetto tra la patologia cardiaca riscontrata ed il tipo di attività.

Il giudizio della Corte
La Cassazione Civile ha precisato che il testo della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53, comma 7, prevedendo che soltanto dal primo gennaio 1999
– i dipendenti dell’Ente Poste sarebbero stati assicurati all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) secondo la normativa vigente;
– il datore di lavoro sarebbe tenuto al versamento dei relativi premi al predetto Ente.
Ciò non consente di estendere anche all’equo indennizzo la competenza dell’Inail che, ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, assicura soltanto i danni dovuti ad infortuni sul lavoro o a malattie professionali (Cass. 23 novembre 2011 n. 23674).

Infatti, secondo l’attuale giurisprudenza, l’istituto della rendita per malattia professionale e quello dell’indennizzo per causa di servizio si fondano su presupposti diversi: l’indennizzo è un beneficio (qualificabile come prestazione speciale di natura non previdenziale) che la pubblica amministrazione attribuisce al proprio dipendente per compensare eventuali menomazioni fisiche comunque connesse col servizio, prescindendo da qualsiasi giudizio sull’incidenza del danno sofferto dal pubblico dipendente sulla sua capacità di lavoro. Secondo la normativa in materia, la rendita di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965 presuppone che la malattia sia contratta nell’esercizio e a causa della lavorazione svolta, e impone perciò un nesso più stretto tra malattia e attività lavorativa, dovendo quest’ultima, in caso di fattori plurimi, costituire per sempre la causa sufficiente, ossia la “conditio sine qua non”, della malattia. Pertanto, il riconoscimento della causa di servizio non ha rilievo decisivo ai fini del riconoscimento della malattia professionale (Cfr. per tutte Cass. 20 agosto 2004 n. 16392 nonchè Cass. 23 novembre 2011 n. 23674 cit. ed in epoca più risalente Cass. S.U. 17 giugno 2004 n. 11353 nonchè Cass. 26 agosto 2005 n. 17353 richiamata nella sentenza impugnata).

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Riferimenti normativi:
Cass. pen. sez. III, sentenza n. 12201, del 30 maggio 2014.

Redazione InSic

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