Il Piano pandemico 2024-2028, indirizzato alla prevenzione di una pandemia influenzale, potrà implementare misure concrete come il potenziamento dei Dipartimenti di Prevenzione, l’ampliamento della rete dei laboratori di microbiologia e virologia, il potenziamento della ricerca, definisce i ruoli e le responsabilità dell’insieme delle istituzioni del SSN e delle reti di coordinamento nella preparazione e risposta ad una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria.
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Nuovo Piano pandemico 2024-2028
Il Piano pandemico 2024-2028 è in dirittura di arrivo, e la bozza verrà valutata nella prossima Conferenza Stato Regioni e, all’eventuale esito positivo, inviata alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione.
Basato sulle indicazioni pubblicate dall’OMS nel 2023 con il documento “Preparedness and Resilience for Emerging Threats Module 1: Planning for respiratory pathogen pandemics Version 1.0”, il Piano definisce i ruoli e le responsabilità dell’insieme delle istituzioni del SSN e delle reti di coordinamento nella preparazione e risposta ad una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria, nell’ambito dello stato di emergenza nazionale che un tale evento determinerebbe, e a tal fine introduce alcune novità rispetto al Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale PanFlu 2021-2023, quali:
- estende il perimetro ai patogeni a trasmissione respiratoria a maggiore potenziale pandemico;
- ha una durata quinquennale e definisce un approccio metodologico che può essere applicato a pandemie con diverse caratteristiche epidemiologiche in termini di trasmissibilità, patogenicità e impatto sulla salute dei cittadini e sui servizi sanitari.
La copertura economica per la sua realizzazione non viene menzionata, ma l’onere della fattibilità e del relativo badget saranno a carico del Ministero della Salute mediante «una stima delle risorse necessarie per l’implementazione del piano tanto a livello regionale che nazionale, a cui seguirà una richiesta di finanziamento, in continuità con quanto già realizzato per il PanFlu».
In un comunicato, il dicastero ha dichiarato che il Piano 24-28 “contiene ogni misura che potrebbe rendersi necessaria per proteggere i cittadini di fronte ad un’emergenza pandemica e, così come chiaramente descritto, ne prevede una modulazione, anche temporale, in base all’andamento epidemiologico, all’efficacia, e alle effettive necessità”. E, sempre nella nota, viene esplicitato che il documento “rappresenta un’evoluzione rispetto a quello precedente, indirizzato alla prevenzione di una pandemia influenzale, potrà implementare, tra l’altro, misure concrete come il potenziamento dei Dipartimenti di Prevenzione, l’ampliamento della rete dei laboratori di microbiologia e virologia, il potenziamento della ricerca, soprattutto nei suoi aspetti traslazionali già nella prossima Conferenza Stato Regioni”, conclude il comunicato.
Gruppo di lavoro ed obiettivi
Il Piano è stato elaborazione da un gruppo di lavoro che include rappresentanti di tutte le istituzioni partecipanti alla Rete italiana di preparedness pandemica influenzale (l’ISS, l’AIFA, l’Agenas, l’INAIL e il DPC) con l’integrazione di referenti dell’Ispettorato Generale della Sanità Militare (Igesan), Biotecnopolo di Siena – Centro Nazionale Anti-Pandemico (CNAP) e di esperti designati.
Gli obiettivi del Piano Pandemico 2024-2028
Gli obiettivi specifici sono i seguenti:
- ridurre gli effetti di una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria sulla salute della popolazione, riducendone la trasmissione, la morbilità e la mortalità.
- consentire azioni appropriate e tempestive per il coordinamento a livello nazionale e locale delle emergenze, ovvero negli ambiti della sorveglianza integrata, della protezione della comunità, dei servizi sanitari, dell’accesso alle contromisure e del personale sanitario.
- ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e garantire la continuità dei servizi essenziali.
tutelare la salute degli operatori sanitari e del personale coinvolto nella gestione dell’emergenza. - informare, coinvolgere e responsabilizzare la comunità nella risposta ad una pandemia da agenti patogeni respiratori.
Misure di risposta-preventive (NPI)
Le fonti bibliografiche, tratte dal Database del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), riportano quali misure di risposta preventive i “Non pharmacological interventions” (NPI), ovvero gli interventi non farmacologici, noti anche come interventi di mitigazione comunitaria.
Sono a tutti ben noti come un gruppo eterogeneo di misure di prevenzione che le persone e le comunità possono adottare. Tra questi, ad esempio, si possono annoverare: chiusura attività lavorative non essenziali, chiusura delle scuole, distanziamento fisico, limitazione degli assembramenti, limitazione degli spostamenti e uso di mascherine.
Il documento descrive il ruolo di rilievo dei NPI poiché “hanno la capacità di controllare la circolazione del patogeno per determinarne la soppressione/controllo. Essi quindi sono applicabili, sia pure in tipologia e modalità diversa, sia nelle fasi di contenimento che di controllo. Alcuni NPI, possono incidere sulle libertà personali (ad esempio, quarantena/isolamento) e devono essere sostenuti sia da un processo decisionale trasparente basato sulle conoscenze e sulle evidenze disponibili sia da solidi quadri giuridici ed etici identificati già in fase di prevenzione, preparazione e valutazione del rischio e in fase di allerta”.
Modelli organizzativi ed assistenziali innovativi
La nuova organizzazione territoriale prevede l’introduzione di “modelli organizzativi ed assistenziali innovativi che presentano le caratteristiche di aggregazione e univocità di governo necessarie per supportare efficacemente lo sforzo organizzativo legato ad una emergenza pandemica” (Case della Comunità, Ospedali di comunità, Centrali Operative Territoriali), finanziati e monitorati quali obiettivi del PNRR Missione 6 Salute Componente 1, ed altri come la Centrale Operativa, le Unità di continuità Assistenziale (UCA), gli Infermieri di Famiglia e Comunità (IFC) sono stati finanziati con la manovra 2022.
Alcune regioni hanno espresso il loro scetticismo per la realizzazione territoriale di questo complesso disegno organizzativo, proprio in virtù dell’elevata diversificazione a livello nazionale, consapevoli che “nei Piani pandemici regionali sarà necessario fare riferimento all’assetto dei servizi territoriali in essere e programmare la loro risposta in caso di pandemia, prevedendo comunque la possibilità di apportarvi modifiche in base alla progressiva evoluzione dei servizi verso i nuovi modelli organizzativi realizzata nel periodo di valenza del Piano”.
I Professionisti sanitari tra aspettative e realtà
La possibilità di fare affidamento su una forza lavoro adeguata sia in termini quantitativi che qualitativi rappresenta un elemento fondamentale per assicurare un’opportuna risposta in caso di insorgenza di un evento pandemico, ma tale principio si scontra con la carenza dei Professionisti sanitari, in particolar modo di medici di famiglia e pediatri in convenzione ASL attivi nel territorio nazionale.
Il medico di famiglia, unitamente al pediatra di libera scelta (PLS) hanno un particolare profilo giuridico. Secondo quanto riportato sul sito del ministero della Salute ogni cittadino iscritto al SSN ha diritto a un medico di famiglia, attraverso il quale può accedere a tutti i servizi e prestazioni inclusi nei Livelli essenziali di assistenza (LEA). Il MMG e il PLS non sono medici dipendenti del SSN, ma lavorano in convenzione con l’ASL territoriale: il loro rapporto di lavoro è regolamentato dall’Accordo collettivo nazionale (ACN), dagli Accordi integrativi regionali e dagli Accordi attuativi aziendali a livello delle singole ASL.
«L’allarme sulla carenza dei medici di medicina generale (MMG) – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – oggi riguarda tutte le Regioni per diversi motivi: mancata programmazione, pensionamenti anticipati, medici con numeri esorbitanti di assistiti e desertificazione nelle aree disagiate che finiscono per comportare l’impossibilità di trovare un MMG nelle vicinanze del domicilio, con conseguenti disagi e rischi per la salute».
Entro il 2025, afferma Antonio Magi, Presidente OMCEO Roma, “perderemo fisiologicamente 14.493 medici di medicina generale e pediatri di libera scelta; 3.674 specialisti ambulatoriali; 20.500 dirigenti medici per un totale di 38.667 medici senza contare i prepensionamenti, le dimissioni volontarie e i medici che emigrano”.
Pertanto, al fine di assicurare di avere a disposizione una forza lavoro adeguata, sia qualitativamente che quantitativamente, per mettere in campo le azioni necessarie nelle diverse fasi dell’evento pandemico, appare necessario predisporre azioni volte a rafforzare il personale a disposizione.
Percorsi formativi e standard di personale
Il documento richiama l’importanza centrale della formazione degli operatori, nella consapevolezza che la disponibilità di personale sanitario opportunamente formato rappresenti uno strumento fondamentale non solo per rafforzare l’assistenza sanitaria territoriale e per migliorare la salute della popolazione, ma anche per costruire un senso di fiducia nei confronti del SSN.
La formazione sulle tematiche correlate ai piani pandemici è considerata elemento essenziale per la risposta alle allerte e agli eventi pandemici (in tutte le fasi), in particolare relativamente alle attività di preparedness. La pandemia da SARS-Cov-2 ha avuto un impatto sui sistemi sanitari e ha fatto emergere in modo chiaro il ruolo strategico della formazione in sanità pubblica di tutto il personale che si occupa di salute a vario titolo.
La Prof.ssa Roberta Siliquini, Presidente della Società Italiana d’Igiene (SItI) in un recente comunicato ha dichiarato “Rileviamo come le lezioni apprese dall’esperienza della pandemia da Covid-19, anche in previsione delle necessità attuali e future di preparedness e governance dell’emergenza, abbiano portato nel Piano Pandemico 2024-2028 a sottolineare con forza il ruolo cruciale dei vaccini come strumento di prevenzione e a riconoscere l’importanza dei Dipartimenti di Prevenzione nell’attuazione del piano stesso. Il Tavolo Tecnico, che ho l’onore di presiedere, dovrà definire gli standard di personale sanitario facente capo a tali Dipartimenti e in tale definizione andrà considerata la centralità degli stessi nelle azioni di preparazione e risposta alle emergenze infettive”.
La SItI, inoltre, sottolinea come aspetto innovativo e positivo il fatto che le iniziative di informazione, coinvolgimento e responsabilizzazione della comunità siano considerate nella bozza del documento quali azioni chiave del contenimento delle potenziali future pandemie.
Rafforzamento dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL
Ora il nuovo Piano 2024-2028 prevede tra i principali ambiti di attività, il rafforzamento dei Dipartimenti di prevenzioni delle ASL. Durante la fase di risposta saranno importanti le attività di contenimento o rallentamento della trasmissione attraverso accertamenti diagnostici estesi e il tracciamento sistematico dei contatti. Per questo saranno definiti gli standard organizzativi e di personale dei Dipartimenti di prevenzione, alla luce del nuovo assetto della prevenzione collettiva e di sanità pubblica previsto dal PNRR.
Il Piano prevede ulteriori ambiti di potenziamento (cfr. bozza) circa i laboratori di virologia e microbiologia, con l’obiettivo di disporre sul territorio nazionale di capacità di laboratorio adeguate ai fini di sorveglianza, diagnostica, ricerca avanzata, ed un’attività di ricognizione delle strutture attualmente esistenti e delle loro attività per un loro potenziamento.
E i Dipartimenti delle Professioni Sanitarie?
Benché il panorama nazionale delle aziende sanitarie sia diversificato tra le regioni e, purtroppo, anche a livello intra-regionale, come lo testimoniano i diversi Atti aziendali delle ASL, il documento non menziona i Dipartimenti delle Professioni Sanitarie, costituiti in attuazione alla legge 251/2000, al fine di rendere più efficiente il servizio reso al cittadino anche in termini di qualità e per abbattere inutili sprechi di risorse umane, integrando fra loro le diverse basi culturali e i differenti profili per un programma interdisciplinare d’interventi sul territorio regionale riconoscendo, a tutti i professionisti sanitari, un autonomia organizzativa di tipo professionale derivante dal quadro culturale e normativo di questi ultimi anni.
Il Dipartimento delle Professioni Sanitarie si configura come una struttura delle professioni sanitarie a valenza aziendale, dotata di autonomia gestionale e titolare di funzioni di indirizzo, direzione, organizzazione e coordinamento del personale Infermieristico, Ostetrico, Riabilitativo, Tecnico-Sanitario e Tecnico della Prevenzione.
La molteplicità degli interventi previsti e la multidisciplinarietà e multiprofessionalità degli attori coinvolti, rappresentano il motore di un Piano che si pone come obiettivo la riduzione dell’impatto di una pandemia sui servizi sanitari e sociali e la possibilità di garantire la continuità dei servizi essenziali.
Pertanto, nel quadro della mission delle singole amministrazioni, auspichiamo la completa implementazione e/o potenziamento del Dipartimento delle Professioni Sanitarie in tutte le ASL e Aziende Ospedaliere, al fine di ottimizzare la funzione di governance dell’assistenza sanitaria, mediante la partecipazione alla definizione delle strategie aziendali sulle politiche di programmazione, reclutamento, allocazione, gestione e sviluppo professionale del personale relativo ai percorsi assistenziali/servizi erogati.
Concludo con un’ultima considerazione. Una situazione così complessa dovrebbe spingere Governo, Parlamento e Regioni ad affrontarla istituendo una Commissione Sanità, permanente e monotematica (al pari di altre a carattere monotematico già attive sia alla Camera che al Senato), che abbia come mission una profonda e radicale riforma del lavoro sanitario e sociosanitario, ed il sostegno di tutte le rappresentanze ordinistiche, professionali e sindacali che si riconoscano nel motto “Se il diritto alla Salute è di tutti, la Sanità deve essere per tutti”.
Responsabile Comunicazione per UNPISI – https://unpisi.it/