Responsabilità datore di lavoro

La marcatura CE non esonera da responsabilità il datore di lavoro

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La Corte di Cassazione Penale viene chiamata a pronunciarsi in merito alla presunzione di conformità derivante dall’apposizione del marchio CE in occasione della presenza di un palese vizio di progettazione della macchina.

La pronuncia offre l’occasione per riportare l’attenzione sull’obbligo - a carico del datore di lavoro - di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti.

  1. Prevedibilità dell’evento e richiesta di una condotta alternativa lecita
  2. Il datore di lavoro, garante della sicurezza dei lavoratori
  3. La sentenza della Suprema Corte
  4. Per saperne di più
  5. Approfondimenti e temi correlati

Prevedibilità dell’evento e richiesta di una condotta alternativa lecita

A.A., nella sua qualità di datore di lavoro del dipendente B.B. veniva dichiarato dal competente Tribunale penalmente responsabile dell’infortunio occorso a quest’ultimo per il reato di lesioni personali colpose, riportate a seguito del cattivo funzionamento del macchinario cui era addetto.

La Corte d’Appello, pur riformando la sentenza di primo grado rideterminando in melius il trattamento sanzionatorio, confermava la sentenza del giudice di “prime cure”.

Il difensore di A.A. propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale, articolandolo in due motivi:

  • Con il primo motivo di ricorso, A.A. lamenta una violazione di legge, in punto di ritenuta configurabilità della colpa con riguardo al delitto per cui vi era stata condanna, sotto il profilo della prevedibilità dell’evento e dell’esigibilità di una condotta alternativa lecita.
    Osserva al riguardo che, nella decisione della Corte territoriale, si sarebbe pervenuti all’affermazione della sussistenza dell’elemento soggettivo senza tener conto del fatto che il datore di lavoro - ritenuto responsabile del sinistro - avrebbe fatto incolpevole affidamento sulla certificazione di conformità emessa dal produttore del macchinario all’atto della commercializzazione, reiterata, peraltro, a seguito delle modifiche apportate e sulla mancata indicazione, nel manuale di istruzioni, del tipo di rischio in concreto verificatosi. Per tali ragioni risulterebbe inesigibile l’adozione, da parte sua, di una condotta alternativa lecita.
  • Con il secondo motivo A.A. lamenta invece delle irregolarità con riferimento alle norme procedurali.

Il datore di lavoro, garante della sicurezza dei lavoratori

La Corte, per ragioni di ordine logico, esamina in primis il secondo motivo di giudizio, ritenendolo infondato.

I giudici passano poi all’esame del primo dei motivi di ricorso.

Tale motivo viene ritenuto palesemente infondato dalla Suprema Corte, ritenendo che lo stesso si caratterizzi per un’evidente genericità estrinseca o aspecificità, atteso che la parte ricorrente, nell'articolare la dedotta doglianza, ha omesso di confrontarsi con le argomentazioni spese dalla Corte territoriale con specifico riguardo ai temi indicati, finendo col riproporre le medesime osservazioni critiche dalla stessa già vagliate e confutate.

E invero, secondo la Corte: «l’effettiva prevedibilità, da parte del datore di lavoro, dell’evento in concreto verificatosi e l’esigibilità, nei suoi confronti, di una condotta alternativa lecita, costituiscono questioni che hanno formato oggetto di specifica deduzione alla Corte di appello e che i giudici del merito hanno accuratamente esaminato, evidenziando, con estrema chiarezza che:

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Maurizio Prosseda

Avvocato esperto in sicurezza e prevenzione