Omicidio colposo. Questa l’ipotesi di reato per cui il pubblico ministero di Milano Maurizio Ascione ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ex amministratore delegato di Fiat Auto, Paolo Cantarella, che ha ricoperto l’incarico negli anni Novanta, dell’ex presidente di Fiat Auto Giorgio Garuzzo e di altri cinque ex manager dell’Alfa Romeo, imputati in relazione alla morte di 21 operai dello storico stabilimento di Arese, che secondo l’accusa sarebbero deceduti per forme tumorali provocate dall’esposizione all’amianto all’interno della fabbrica automobilistica.
Il magistrato ha avanzato la sua richiesta nel corso dell’udienza preliminare davanti al gup Simone Luerti. Tra gli imputati del processo, oltre a Cantarella e Garuzzo, figurano anche Corrado Innocenti, ex ad di Alfa Romeo, Piero Fusaro, ex presidente di Lancia Industriale Spa, e Luigi Francione, ex presidente di Alfa Lancia Spa, Vincenzo Moro, ex ad di Alfa Romeo, e Giovanni Battista Razelli, ex ad di Alfa Lancia Industriale. Il gup ha accolto la richiesta di costituzione di parte civile nel procedimento avanzata da Inail, Regione Lombardia, Asl, Comune di Arese, familiari delle vittime e dai sindacati. È stata respinta, invece, quella avanzata dall’associazione Medicina democratica.
L’impianto industriale di Arese, costruito all’inizio degli anni Sessanta per sostituire quello del Portello, ricopriva un’area molto ampia, che spaziava dal Comune di Lainate a quello di Garbagnate Milanese, e iniziò la produzione nel 1963 con la Giulia GT, seguita l’anno successivo dalla Giulia. Le morti degli operai dello stabilimento per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio dei sette ex manager del gruppo Fiat sono avvenute a partire dalla metà dell’ultimo decennio e, secondo l’accusa, sarebbero legate al fatto che i lavoratori hanno operato negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta nello stabilimento, che ha cessato definitivamente la produzione nel 2000, senza essere protetti da adeguate misure di sicurezza.
La difesa: “Contestazioni infondate, nessun rischio per i lavoratori”. Questa tesi è stata contestata fin dalle indagini preliminari dalla difesa degli imputati, secondo cui “sono state presentate adeguate argomentazioni tese a dimostrare l’infondatezza delle contestazioni”. I legali degli ex manager sostengono, in particolare, che “è già stato evidenziato che nelle lavorazioni dello stabilimento di Arese non era previsto alcun utilizzo di materiali contenenti amianto, così come è già stato pure adeguatamente dimostrato come comunque negli anni oggetto di accertamento giudiziario fosse inesistente alcun fattore di rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori”.
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