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Attrezzature antecedenti a marcatura CE: le responsabilità del datore di lavoro

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Un Quesito, presentato alla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro riguarda il caso di alcune attrezzature non marchiate CE sprovvista di dispositivi di protezione degli organi lavoratori: cosa deve fare il datore di lavoro per essere in regola?
A rispondere Gennaro Iacovelli.

Il quesito
Nel corso di un sopralluogo, gli Organi di Vigilanza con qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria (art.55 c.p.p) hanno sanzionato un Datore di Lavoro mediante l’applicazione dell’istituto della prescrizione per l’estinzione del reato, di cui all’art.20 e 21 del D.Lgs 758/94 avendo riscontrato la presenza di una macchina acquistata prima dell’entrata del DPR n.459/96 (recepimento della “Direttiva Macchina”, 89/392CEE) sprovvista di dispositivi di protezione degli organi lavoratori, di cui all’allora art.41 e 68 del DPR n° 547/55 (art.4, comma, 5 dlgs 626/94 s.m.e.i).
In questo caso l’adeguamento dei dispositivi antinfortunistici comporta che la stessa macchina debba essere anche adeguata alla “marcatura CE” in conformità al citato decreto (ora Dlgs n.17/2010), con tutte le conseguenze che ne discendono in termini di adempimenti burocratici formali?

Secondo l’Esperto
Le macchine che venivano immesse sul mercato o messe in servizio, da parte del fabbricante o di un suo mandatario dopo il 21 novembre 1996, data di entrata in vigore del citato decreto, di recepimento della sopra citata direttiva, dovevano essere conformi al dettato dell’allora DPR.n.459/96, ovvero, provviste della marcatura CE, dell’attestazione di conformità, del libretto di uso e manutenzione e del fascicolo tecnico (descrizione dei rischi e di quelli residui).
Pertanto, per le suddette attrezzature utilizzate prima di questa medesima data, in mancanza di rispondenza ai suddetti requisiti essenziali di sicurezza (RES), risulta necessario procedere alle modifiche e/o agli adeguamenti (più in generale dei dispositivi di comando, interblocchi asserviti, ripari, protezioni, ecc) che dovranno attualmente risultare conformi alle specifiche prescrizioni di cui all’Allegato V e di cui all’art.70, comma, 2 dello medesimo decreto citato.

In tal senso, infatti, è obbligo del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 28 e 29 del dlgs 81/08 s.m.e.i, procedere ad una attenta analisi e valutazione dei rischi delle macchine, possibilmente basata su elementi consolidati e di indiscussa validità in termini oggettivi (es. cfr. Metodo FMEA, HAZOP), in modo da stimare il rischio ed attuare le relative misure di prevenzione e protezione in modo che risultino compatibili con la completa sicurezza della macchina stessa rispetto all’utilizzo che viene fatto nell’ambiente di lavoro.
Gli stessi adeguamenti prescritti, si precisa, devono essere eseguiti preferibilmente da parte di personale qualificato, o, da ditta autorizzata iscritta negli appositi albi della CC.AA, mediante il rilascio di attestato che ne accerti la rispondenza dei dispositivi antinfortunistici utilizzati alle norme specifiche di buona tecnica e agli standard di sicurezza vigenti (es. norme CEN-EN), richiamati dalle norme del citato decreto 81/08.

Tuttavia non vi è una specifica norma di legge che impone al datore di lavoro la scelta dell’esecutore dei lavori in possesso di determinati requisiti di legge.
I suddetti adeguamenti rientrano infatti pur sempre tra le responsabilità e nelle prerogative proprie del datore di lavoro e possono pertanto essere svolti anche ricorrendo a risorse professionali interne all’azienda, purché le stesse siano dotate di competenze e professionalità ritenute adeguate, al fine procedere in piena autonomia all’adeguamento delle macchine medesime.

L’adeguamento e/o la sua “messa a norma”, non deve prescindere da una attenta analisi della valutazione dei costi, potendo risultare dispendiosa, troppo onerosa, addirittura antieconomica.
A tal proposito, lo stesso discorso può essere fatto nel caso non si voglia adeguarla ma concedere la macchina medesima, ad esempio, in permuta e/o in cessione per conto vendita: in questi casi nell’atto di alienazione o di compravendita del bene occorre che il venditore/fabbricante specifichi che la stessa non risulta essere in regola con le disposizioni di legge e la sua nuova immissione sul mercato potrà avvenire solo a seguito di un intervento di adeguamento alle norme di sicurezza medesime.
Quindi è obbligo anche dello stesso rivenditore attestarne la rispondenza e/o la conformità della macchina alle normative previgenti (art. 72 del D.Lgs. 81/08, cfr. Circolare del Ministero del Lavoro 30/9/99 n.1067).

Infatti, la stessa Corte di Cassazione pronunciandosi su infortuni riconducibili a congegni antinfortunistici inadeguati ha ribadito il divieto di vendita di macchine non conformi alla norme infortunistiche, di cui all’art.6, comma, 2 del dlgs n.626, affermando che “non può ritenersi limitato agli industriali o commercianti che abitualmente forniscono macchine, attrezzature ed impianti, bensì va esteso a qualsiasi soggetto che esegua una sola vendita o rivendita” (cfr. Cass. Pen.Sez.III n.20342 28 giugno 2000).
La stessa Corte (Cass. Pen. Sez. IV n.1501 1 dicembre 1989) pronunciandosi a suo tempo in materia di lesioni personali aveva già affermato che la violazione del divieto sancito dall’art. 7 del DPR n° 547/55 della vendita di una macchina risultata non conforme alle prescrizione dell’art.68 dello stesso dpr integra di per sé l’elemento della colpa specifica del delitto di cui all’art. 590, comma, 3 c.p. stante ” la normalità e conseguenzialità dell’impiego della macchina nel ciclo produttivo della ditta acquirente”.
L’installazione in tutti i modi degli apprestamenti antinfortunistici non è da considerarsi attività di manutenzione straordinaria (cfr. modifiche sostanziali all’atto della vendita o durante l’uso) e non costituisce in concreto una nuova macchina, ai sensi dell’art.11, comma, 3 del DPR 459/96, norma transitoria rimasta in vigore, non costituendo di fatto una nuova messa in servizio o una nuova immissione sul mercato, di conseguenza non sono soggette alle norme della nuova direttiva 2006/42/CE (recepita in Italia dal D.Lgs. n.17/2010).

E’ di tutta evidenza, infine, che le suddette attrezzature, antecedenti il recepimento di tale direttiva devono pur sempre essere munite di appositi libretto di uso e manutenzione, ovvero, di una scheda tecnica descrittiva di dettaglio della singola attrezzatura con le specifiche tecniche, le avvertenze ed i requisiti costruttivi delle stesse.
Inoltre, le stesse macchine, devono avere una targhetta di identificazione che riporti il nome del costruttore, il modello e le caratteristiche principali e di pittogrammi di colorazione convenzionale (bordo rosso sfondo bianco per i divieti, giallo con bordo nero per i rischi di avvertimento) che identificano i pericoli di esposizione nell’utilizzo delle stesse.
Da ultimo, sulla scorta del principio sopra ribadito, di procedere quindi ad una attenta e adeguata valutazione dei rischi delle attrezzature utilizzate, una nota sentenza della Cassazione Pen. Sez. IV n.37060 del 12 giugno 2008, ha affermato a suo tempo l’irrilevanza del marchio di conformità CE, quando l’inadeguatezza dei presidi antinfortunistici risulti oggettivamente percepibile, circostanza questa che rende irrilevante “la mera presenza formale di certificazione attestante la rispondenza alle prescritte misure di sicurezza”.
Concetto ribadito anche da una recente sentenza (Cass. Pen. Sez. IV del 14 giugno 2013 n.26247), la quale ha affermato che nonostante si configuri la responsabilità del costruttore in caso di evento dannoso provocato dalla inosservanza di cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, questa non vale ad escludere quella del datore di lavoro utilizzatore della stessa, poiché questi è obbligato a eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori adottando nell’impresa moderni strumenti che la tecnologia offre a garanzia della sicurezza.
Può farsi eccezione a tale principio l’accertamento di un pericolo o di un vizio di costruzione o di progettazione che non permetta di apprezzarne la sussistenza usando l’ordinaria diligenza (cioè quando il vizio riguarda una parte non visibile e non raggiungibile della macchina stessa).

Una squadra di professionisti editoriali ed esperti nelle tematiche della salute e sicurezza sul lavoro, prevenzione incendi, tutela dell’ambiente, edilizia, security e privacy. Da oltre 20 anni alla guida del canale di informazione online di EPC Editore

Redazione InSic

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