Bassa temperatura sul lavoro: legittimo sospendere la prestazione lavorativa

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La Cassazione, sez. Lavoro, con sentenza n. 6631 del 1 aprile 2015, ha rigettato il ricorso di una società che aveva trattenuto ai suoi dipendenti un’ora e mezza di retribuzione, per aver interrotto la propria attività a causa del freddo percepito a seguito del malfunzionamento della caldaia.




La decisione è stata assunta in ragione della violazione dell’obbligo che incombe sul datore di lavoro, ex art 2087 c.c., di adottare misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Il lavoratore è legittimato, in tal caso a non eseguire la prestazione, da cui non può derivare una riduzione della retribuzione.

Il fatto
Alcuni lavoratori, decidevano di proporre ricorso nei confronti della società presso la quale svolgevano la propria attività, in quanto gli era stata trattenuta un’ora e mezza di lavoro per essersi astenuti dal lavorare al freddo, a causa del malfunzionamento della caldaia.

In primo grado, il tribunale di Lecco decideva di accogliere il loro ricorso.
Per questo motivo, la società ricorreva in appello, e la Corte d’Appello di Milano decideva di confermare la sentenza del giudice di primo grado condannando la stessa al pagamento della retribuzione trattenuta.
Le ragioni della decisione della Corte erano collegate sia all’impossibilità di svolgere la prestazione a bassa temperatura, sia per il fatto che la lavorazione fosse stata bloccata, non di certo per uno sciopero dei lavoratori.

La società decideva così di proporre ricorso per cassazione, deducendo che l’ambiente di lavoro fosse regolarmente riscaldato e che il fermo dell’impianto di riscaldamento riguardava il piano sottostante a quello in cui si trovavano i lavoratori.

La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ha ritenuto il ricorso della società infondato per i motivi che seguono.
Secondo gli ermellini, il datore di lavoro, in ragione della qualità che riveste, è obbligato per legge, ai sensi dell’art. 2087 c.c., ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
In caso di violazione della citata disposizione, i lavoratori sono legittimati a non eseguire la prestazione, con la facoltà di eccepire l’inadempimento altrui, che nel caso di specie riguarda il datore di lavoro (Cass. Sez. L, n. 10553 del 7/05/2013; Cass. Sez. L, n.14375 del 10/08/2012; Cass. Sez. L, n. 11664 del 18/05/2006; Cass. Sez. L, n. 9576 del 09/05/2005).
Inoltre, dalla mancata esecuzione della prestazione lavorativa, non possono derivare conseguenze sfavorevoli per il lavoratore, in quanto l’inadempienza riguarda il datore, e pertanto è fatto salvo il diritto alla retribuzione.
La Cassazione ha ritenuto che la valutazione della corte territoriale fosse corretta, quando ha affermato che la temperatura era bassa in riferimento alla stagione, tanto più che la società aveva interrotto, nella stessa giornata, i lavori per i dipendenti del piano inferiore.
Già in appello, era stato accertato che i due piani non erano separati tra loro, ma tra un piano e l’altro c’era un tunnel per il passaggio dei carrelli che permetteva il passaggio d’aria.
Inoltre, al piano superiore c’era un varco, creato appositamente per installare una porta per l’uscita di sicurezza, che risultava spalancato nel corso di quella mattinata e che permetteva il transito di aria fredda.
La Corte di Cassazione, ha ritenuto valide le motivazioni sostenute dalla Corte d’Appello, pertanto ha rigettato il ricorso della società.


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Redazione InSic

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