Come migliorare la safety? Un modello di analisi delle performance dei lavoratori

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La variabilità delle prestazioni messe in atto dalle persone, rispetto a una qualsiasi procedura aziendale, deve essere sempre al centro dell’attenzione di chi si occupa di sicurezza sul lavoro, sia per cogliere precocemente la necessità di eventuali correzioni, sia per consolidare l’efficacia delle soluzioni migliorative messe in atto.
Ogni giorno tutti noi mettiamo in pratica degli “aggiustamenti” per mantenere o creare buone condizioni di lavoro, per compensare carenze tecnico-organizzative o, più semplicemente, per evitare problemi in futuro. Tali aggiustamenti rappresentano il bacino da cui attingere per favorire il miglioramento della sicurezza, imparando dalla capacità di adattamento che il Sistema continuamente mette in atto.
In quest’ottica, la variabilità della prestazione rappresenta una concreta opportunità di miglioramento, non un problema da risolvere, com’è invece tipicamente inteso dall’applicazione dei modelli incentrati sul concetto di errore umano.

Si tratta però di un’analisi particolarmente complessa, in primo luogo per la numerosità delle occorrenze, per i diversi modi in cui può manifestarsi un evento, i diversi modi in cui può essere svolto un lavoro, le condizioni operative tipiche, collegate alle variazioni che le persone hanno imparato a mettere in atto.
Pur presentandosi come un lavoro impegnativo, è denso di implicazioni positive, tanto da aver indotto diversi autori a studiare e proporre uno strumento che permetta di fornire un significato alla variabilità dei comportamenti nell’ambito lavorativo. L’intento non è quello di soffermarsi solamente sugli eventi più gravi o sui successi, bensì quello di adottare un punto di visto oggettivo, atto a cogliere sia gli aspetti da correggere, sia quelli da favorire e consolidare.

Il “Performance Variability Model”

Da questi ragionamenti nasce il “Performance Variability Model” (Zuliani, Santoro e Quarantino, 2018; Zuliani e Santoro, 2019) un interessante strumento per la comprensione di errori e violazioni quali base di interessanti miglioramenti che possono apportare alla sicurezza.
La conoscenza e la capacità di riconoscere tipo e caratteristiche di tali variabilità rappresentano un potenziale valore aggiunto per comprendere la variabilità della prestazione e imparare dalla capacità di adattamento del Sistema.
Si tratta di una strada da percorrere con decisione dalla quale l’organizzazione può ricavare benefici. Infatti, come scrivono Keith e Frese (2008), le aziende che hanno una gestione dell’errore forte, cioè capaci di apprendere dagli errori, hanno una probabilità quattro volte più alta di figurare tra quelle più valutate nel proprio settore, rispetto a quelle con una cultura dell’errore bassa.

Analisi delle variabilità

Il modello si basa su di un processo di analisi delle variabilità in base a uno schema che vede gli errori come variabilità non intenzionali che possono essere a loro volta suddivisi in due sottotipi, e le violazioni come variabilità che possono connotarsi sia come intenzionali (con due sottotipi) sia come non intenzionali (quattro sottotipi).
Ogni variabilità rispetto all’output viene analizzata e identificata in base a:
indicatori che possono essere utilizzati per indagare la tipologia di deviazione;
cause potenziali che possono avere favorito la deviazione;
principali azioni correttive che possono essere messe in atto.

Ogni Safety Manager potrà facilmente identificare quelli che maggiormente possono essere efficaci all’interno della propria organizzazione.

L’Importanza di ammettere un errore

Appare del tutto evidente che per un’efficace applicazione del modello, l’organizzazione deve essere capace di trasmettere ai suoi lavoratori la possibilità di ammettere di aver commesso una deviazione. Si tratta di un aspetto non semplice: in genere ciascuno di noi fa già fatica ad ammettere di fronte a sé stesso di aver messo in atto un errore o una violazione, preferendo attribuire l’evento a un fatto incontrollabile, o determinato da pura sfortuna o da una tempistica sbagliata (Martin, Goldstein e Cialdini, 2014).
Da circa vent’anni le ricerche nel campo delle neuroscienze hanno dimostrato che il cervello e` dotato di sistemi di correzione automatica e di adattamento del comportamento e del pensiero che elaborano l’errore per generare un ampio ventaglio di prestazioni. Per il cervello, il diritto di sbagliare va dunque rispettato.

Il sentimento del regret

Quando, al contrario, prevale il timore per l’errore, scaturisce quello che la letteratura inglese chiama “regret” e che in italiano possiamo tradurre come “rammarico” o “rimpianto”.
Carmon, Wertenbroch e Zeelenberg (2003) affermano che il semplice atto di scegliere produce un senso immediato di regret, generato da un improvviso aumento di attrattiva dell’alternativa scartata, anche se nessun elemento nell’ambiente ci dirà come le cose sarebbero andate in realtà.
In sostanza, questa emozione si presenta a fronte della constatazione che avremmo potuto decidere diversamente, senza che la decisione presa abbia comunque procurato danno a noi stessi, ad altri o violato norme condivise.
Si tratta di un’emozione con dei risvolti molto importanti: appare molto stressante e spesso causa una continua ruminazione riguardo a quanto è accaduto e alle decisioni prese (Landman, 1987; Savitsky, Medvec e Gilovich, 1997; Torge, Stewart e Miner-Rubino, 2005). Tutto questo porta a una diminuzione del benessere personale anche a causa dell’aumento della secrezione di cortisolo (ormone dello stress) a esso associato (Wrosch e altri, 2007).
Se appare difficile ammettere i propri errori con sé stessi, lo è ancor di più di fronte agli altri, tanto più se si teme di incorrere in sanzioni. Per agevolare le segnalazioni di variabilità della prestazione rispetto all’output atteso, l’organizzazione deve saper lavorare sull’importanza di queste e nell’individuazione delle aree e/o dei temi sui quali occorre operare in termini di sicurezza nonché sul valore positivo che attribuisce a questo percorso.

Un campo di applicazione

Il Performance Variabilty Model in virtù delle sue caratteristiche ha molti campi di applicazione, anche al di fuori dei contesti aziendali.
Nell’articolo di Zuliani, Santoro, Italia, pubblicato sul numero di settembre della rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro, il Performance Variability Model è stato applicato ad un tema molto delicato quale quello del miglioramento della sicurezza nel settore dell’autotrasporto e presentato sia come strumento per analizzare incidenti occorsi, sia come supporto al lavoro del Master Driver in un’ottica di miglioramento della sicurezza.

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Performance Variability Model
Un esempio di applicazione nel settore dell’autotrasporto
Antonio Zuliani, Domenico Santoro, Davide Italia
Ambiente&Sicurezza sul Lavoro n. 9/2020

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Redazione InSic

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