Dispositivi di protezione collettiva, DPC

Dispositivi di Protezione Collettiva (DPC): cosa sono e come garantiscono la sicurezza sul lavoro

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I Dispositivi di protezione collettiva (DPC) sono tutte quelle misure di sicurezza adottate per tutelare contemporaneamente più lavoratori in un ambiente di lavoro, intervenendo direttamente sulle fonti di rischio.

Dispositivi di protezione collettiva e D.Lgs. 81/08

Il D.Lgs. 81/08 richiama spesso il concetto di “mezzi di protezione collettiva” e sottolinea l’importanza di dare priorità a tali misure di protezione collettiva, rispetto a quelle individuali.

Anche queste misure sono disciplinate dal D.Lgs. 81/08, in particolare:

  • all’articolo 75, laddove dispone che l’impiego dei DPI è obbligatorio in tutti quei casi in cui i rischi, pur adottando misure tecniche di prevenzione, mezzi di protezione collettiva e procedimenti di riorganizzazione del lavoro, non possono essere evitati o sufficientemente ridotti;
  • all’articolo 111, comma 1, lett. a), laddove – raccordandosi con quanto previsto dal citato art. 15, lett. i) – dispone che debba essere data priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale.

Differenza tra DPI e DPC

A differenza dei dispositivi di protezione individuale (DPI), che proteggono il singolo lavoratore, i dispositivi di protezione collettiva (DPC) offrono una protezione comune, riducendo o eliminando i pericoli per tutti coloro che operano nello stesso ambiente, a prescindere dalla loro attrezzatura e dal loro comportamento sul luogo di lavoro.

In particolare, all’art. 74 del Testo Unico di Sicurezza (D.lgs. 81/08) troviamo la definizione ufficiale di DPI: “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”.

Lavori in quota: DPI e Dispositivi di Protezione Collettiva

Recenti sentenze di Cassazione sono tornate ad occuparsi del rapporto tra DPI e dispositivi di protezione collettiva, in particolare nell’ambito dei lavori in quota.

Al riguardo il Testo Unico, come anticipato, all’art. 111, comma 1, lett. a), dispone che debba essere data priorità alle misure di protezione collettiva (ad es. reti anticaduta) rispetto alle misure di protezione individuale (ad es. cinture di sicurezza).

La ratio di tale indicazione sta nel fatto che i dispositivi di protezione collettiva sono atti ad operare indipendentemente dalla circostanza che il lavoratore abbia imprudentemente omesso di utilizzare il dispositivo di protezione individuale (vedi al riguardo, Cass. pen., sez. 4, 30 giugno 2021, n. 24908).

Dalla disposizione contenuta nell’art. 111, comma 6, si desume, altresì, che solo l’esecuzione di lavori di natura particolare può giustificare l’eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute che, in ogni caso, dovrà essere immediatamente ripristinato una volta terminato il lavoro di natura particolare (in tale senso, cfr. la già citata Cass. pen., n. 24908 del 2021).

I Dispositivi di protezione collettiva in breve

  1. Dispositivi di protezione collettiva e individuale: quali priorità?

    Le misure di protezione collettiva hanno carattere prioritario rispetto a quelle individuali, essendo le prime atte ad operare anche in caso di omesso utilizzo delle seconde da parte del lavoratore.

  2. Dispositivi protezione collettiva: esempi

    Sono esempi, non esaustivi, di dispositivi di protezione collettiva: reti di sicurezza, ponteggi, parapetti (per i lavori in quota), cappe di aspirazione o cappe chimiche, barriere o pannelli protettivi (per attività di manipolazione di sostanze chimiche o biologiche), porte tagliafuoco, rivelatori di incendio (per la sicurezza antincendio).

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